Tra i disagi ospedalieri che il coronavirus potrebbe determinare, almeno all’estero dato che in Italia non sembra ciò stia avvenendo, c’è quello di un rallentamento dei aborti. Il che, ovviamente, rappresenterebbe una delle poche buone notizie di questa fase emergenziale, se non fosse che il fronte abortista pare stia già valutando un piano b: l’aborto da casa, con la telemedicina.
L’ex presidente della Bce in un intervento sul Financial Times suggerisce ai governi di intervenire subito a sostegno dell’economia, perché perdere tempo potrebbe significare sprofondare in una recessione dalla quale potrebbe essere molto difficile venir fuori. Tutte le risorse devono essere mobilitate per proteggere le imprese e i lavoratori, comprese quelle del settore finanziario.
Con la prudenza ci stiamo dando un sacco da fare. Ora dobbiamo passare ad altro: pensare, capire, leggere il caos e prendersi il rischio di dare a tutti qualche certezza: questo è il mestiere degli intellettuali. Le riflessioni dell’autore del Game in undici punti
Chiunque esprima un parere sul virus micidiale che ci perseguita non può fare a meno di dire: praticamente siamo in guerra. Un luogo comune che sconfina nella banalità. Chi lo ripete senza rendersi conto che si tratta di una scemenza, evidentemente ignora le cause dei conflitti e le conseguenze che essi produssero sulle nazioni coinvolte.
Che l’emergenza Coronavirus sia stata trasformata ad arte in uno strumento di diffusione di pratiche aberranti, che altrimenti mai sarebbero state approvate, lo prova il Regno Unito, dove il Dipartimento della Salute ha autorizzato l’aborto farmacologico «a domicilio» in tempo di pandemia.
A leggerla non ci si crede ma, sull’albo pretorio della Toscana, nella delibera numero 379, c’è scritto che, la Regione, il 23 marzo, quindi in piena emergenza coronavirus, ha avuto l’ardire di riunirsi per stanziare e indirizzare al consultorio transgender di Torre del Lago, ben 80 mila euro di soldi pubblici.
Abbiamo ricordato in questi giorni l’anniversario dedicato al grande poeta italiano: ricordiamo l’uomo che ha fatto l’Italia oltre cinque secoli prima. Prima di tutto unendola in una sola lingua. La sua Commedia è divenuta un monolite che secoli di filologia, riforme religiose, storiografia, attacchi e difese non sono riusciti ad intaccare.
Mentre si è discusso sulla partecipazione a Sanremo del rapper Junior Cally, autore di testi violentissimi ma paradossalmente ormai difeso da troppi, in Italia c’è un rapper autenticamente controcorrente, di assoluta qualità musicale, ma che difficilmente
vedremo mai in concorso al Festival. Si chiama Thomas Valsecchi, classe ’86, in arte Shoek. É un rapper cristiano con alle spalle una storia dolorosa ed estrema, sicuramente non costruita a tavolino dalle major discografiche. Dalla nascita nella Comunità di recupero di San Patrignano, passando per un’adolescenza vissuta tra droga e dissoluzione, la sua vita, grazie all’incontro con Cristo, si è trasformata in una testimonianza di perdono e redenzione. Oggi nei sui concerti Shoek lancia appassionati messaggi cristiani.