Il lavoro, Draghi, l’Europa. Intervista a tutto tondo con Maurizio Lupi. «Basta politica degli annunci».
Maurizio Lupi, leader di Noi con l’Italia, è fra quanti hanno maggiormente insistito che anche le istituzioni facessero un gesto di “presenza” in questi tempi confusi. “Il confronto è il sale della democrazia”, si è soliti dire e perché questa frase no rimanga uno slogan, Lupi è intervenuto sui giornali (ha scritto una bella lettera al Foglio) e più volte chiesto che la Camera fosse convocata per discutere le norme decise dal governo. Ha anche avanzato diverse proposte di correzione dei decreti del governo, una particolarmente cara a questo giornale che riguarda le scuole paritarie, con la richiesta di detrazione delle rette per i mesi di chiusura.
Lupi, nel suo intervento in aula lei ha detto che il decreto “Cura Italia” è «la strada giusta, ma è inadeguato». Perché? Cosa non la convince?
È inadeguato perché le risorse che mette a disposizione sono insufficienti rispetto alle esigenze. Il governo, pian piano, sta iniziando a capire: ricordo che all’inizio si parlava di 7,5 miliardi di euro, ora siamo a 25, ma sappiamo tutti che non basteranno.
Perché è ancora poco?
Perché non risponde alle esigenze delle pmi, dei professionisti, degli autonomi. Se la gente ti chiede il pane, non dai le brioches. Adesso hanno detto che metteranno a disposizione altri 25 miliardi, ma vedrà che alla fine arriveremo a 75.
Per fare cosa?
Ecco questo è il punto. Più debito pubblico non vuol dire più spesa allegra, bisogna indirizzarlo là dove serve e controllare veramente come viene usato. Non sottovaluto che occorra pensare innanzitutto all’urgenza immediata, ma un governo deve anche avere una visione che sappia andare un po’ oltre la contingenza e ragionare non dico sul medio termine, ma almeno sul breve, sì! Mi riferisco al fatto che bisogna far sopravvivere le imprese, chi dà lavoro. Altrimenti, tra un po’, avremo salvato i lavoratori e non il lavoro e ci troveremo con tantissimi disoccupati.
Quindi dopo il virus il problema diventerà la fame.
Bisogna incentivare il lavoro, non la cassaintegrazione; dare contributi a chi non chiude, a chi non licenzia, a chi assume.
Certo che Giuseppe Conte si trova in una situazione difficile.
Nessuno nega questo, ma proprio perché è così anche lui dovrebbe smetterla con la “politica degli annunci” che crea solo sconcerto e, invece, cercare il confronto perché è da questo lavoro, che può essere faticoso, che si ricavano le soluzioni.
È ormai da un po’ di giorni che si vocifera di un governo del “dentro tutti” guidato da Mario Draghi. Draghi che, proprio l’altro giorno, ha scritto un articolo sul Financial Times per invitare tutti gli Stati ad agire e agire subito.
Non da oggi, ma da tempi non sospetti, sono tra coloro che pensano che all’Italia servirebbe un governo istituzionale. Ora, però, avviare una crisi di governo sarebbe da irresponsabili. Assieme agli altri leader dell’opposizione abbiamo incontrato due volte Conte per ribadirgli la nostra disponibilità a collaborare. È chiaro a tutti, infatti, che da una situazione come questa se ne esce solo tutti insieme, ma le decisioni sono in mano sua. Se vuole confrontarsi, pur ognuno rimanendo dalla sua parte, si può arrivare a provvedimenti condivisi. Altrimenti…
Altrimenti…
Altrimenti andrà a sbattere, è inevitabile. Quando avremo un debito pubblico spropositato, cosa faremo? E il fatto che oggi si chieda agli italiani di rinunciare al bene più caro, la libertà, che conseguenze avrà sulle persone? Quindi Conte deve poter dare a ognuno la possibilità di portare le sue proposte e le indicazioni dei territori di cui è referente.
Altrimenti meglio un governo istituzionale a guida Draghi?
Lo so che circolano molte chiacchiere giornalistiche, ma con quell’articolo sul Financial Times Draghi parlava a tutti gli Stati europei. Draghi oggi, per la credibilità di cui gode, è una risorsa per il paese. Il suo avvertimento che ora è il momento di fare debito è indirizzato soprattutto all’Europa.
A proposito di Europa. In vista del Consiglio europeo di ieri, Enrico Letta ha rilasciato un’intervista sulla Stampa in cui invitata i vari capi di Stato a «mettersi una mano sulla coscienza».
È un momento in cui, ancor con maggior forza che nella crisi del 2008, la realtà ci chiede di rispondere alla domanda: che cos’è l’Europa? Che Europa vogliamo? In un momento storico in cui siamo condannati a una strana solitudine e in cui, per forza di cose, riscopriamo il valore di sentirci comunità, è importante riscoprire anche il valore della comunità europea. Io penso che serva più Europa, non meno. E ritengo che i coronabond siano un buono strumento per non lasciare indietro nessuno.
Con il suo partito, il 13 marzo avete presentato una proposta perché le famiglie che mandano i propri figli nelle scuole paritarie potessero detrarre le rette per i mesi di chiusura. È nata anche una petizione online per chiedere la medesima cosa.
Sì, le scuole sono tutte pubbliche, e dunque anche le paritarie. Vanno aiutate anche loro. Ma la nostra proposta ha ricevuto una risposta negativa, soprattutto a causa della componente grillina, che si è opposta. Ci riproveremo di nuovo.
Emanuele Boffi
27 marzo 2020