Pensavo che l’incubo in cui siamo finiti da un mese ci concedesse almeno una tregua dai focolai di livore, cecità ideologica e faziosità che abitualmente accompagnano la nostra vita normale. Speravo che la solidarietà comunitaria richiesta in momenti come questi, la carità di patria, l’interesse superiore della salvezza collettiva, lasciasse indietro ogni sussulto di falsificazione vistosa della realtà e distorsione clamorosa della verità. E invece l’idiozia militante non si è presa una pausa neanche col contagio, i morti e le restrizioni.
Il campionario è vasto e non so davvero da dove partire. Dall’odio schiumante verso Trump accusato di essere quasi al servizio del covid-19 al tifo militante perché Bolsonaro si prenda il virus, dal “ben ti sta” che si leggeva nelle parole e sulle facce quando si parla di Boris Johnson (ma la stessa sorte non si riserva alla progressista Svezia che segue le sue orme) fino al capovolgimento della Cina considerato quasi un paese benefattore dell’umanità perché ha fatto da cavia al virus, si è sacrificato per primo e ora ci manda le mascherine. E l’accusa al governo cinese di aver nascosto per settimane i focolai, viene stranamente spostata sulla Russia di Putin o sull’Iran.
Ma il caso più clamoroso è stato il coro contro Orban il dittatore. Ricapitolo in breve la faccenda: Orban è il leader che in Europa gode di più consenso popolare, liberamente e democraticamente espresso, eletto e rieletto con più voti dell’elezione precedente. Ovvero, dopo aver governato, gli ungheresi hanno premiato lui e il suo partito dandogli la maggioranza assoluta. Ora c’è un’emergenza senza precedenti, noi accettiamo senza batter ciglio che un signore, mai eletto e votato da nessun cittadino, diventi l’Unico Riferimento Nazionale e a colpi di decreti, restringa in modo vistoso e mai accaduto diritti e libertà elementari. E ci permettiamo di criticare un leader democraticamente eletto, che ha risollevato le condizioni sociali ed economiche del suo paese, e ora chiede pieni poteri fino a che ci sarà l’emergenza. E li ottiene democraticamente dal Parlamento con una maggioranza ampia di due terzi. Da noi non c’è stato alcun passaggio parlamentare, alcun voto, per commissariare l’Italia e attribuire al premier pieni poteri, con divieti e decreti a raffica, esercito e polizia per le strade. Ma non si è posto limiti di tempo, obbiettano le anime belle. Ma per forza signorini, se non si sa quando finirà l’emergenza, come evolverà il contagio, non possiamo stabilirlo a priori. E poi, scusate, che senso ha parlare di colpo di stato riferendolo a un governo in carica, pure rieletto? Che bisogno aveva di fare quello che voi stessi chiamate autogolpe, certificando così la stupidità della vostra accusa? Lì scatta la solita argomentazione finale: così cominciò Hitler. Così cominciano tutti i governi davanti a una guerra, un’emergenza, una situazione d’eccezione, dai migliori ai più malefici. Da Churchill a Contebis.
Ma l’obbiettivo nostrano della campagna contro la dittatura ungherese è colpire Salvini, Meloni e la destra. E gridare, come fa perfino Contebis, al rischio nazionalismi in Europa: ma fuori dalle formulette, che succede quando un Paese costretto dai vincoli europei, si accorge che quell’unione non funziona nella buona e nella cattiva sorte, ma solo nella prima? Che deve fare da solo, come stanno facendo del resto tutti quanti. Lo chiamate nazionalismo? Io lo chiamo realismo, realismo italiano, nazionale, popolare, sociale.
Avete voglia poi a dire che dobbiamo preoccuparci di tutto il mondo, in casi come questi hai una sola priorità: i milioni d’italiani che non sanno come andare avanti. Non puoi stabilire un reddito di cittadinanza davvero universale, come propone l’anima bella BeppeGrillo, cioè estesa a sette miliardi e mezzo di abitanti del pianeta. Universale sta per nazionale, cioè limitato al tuo paese. Nessuno riesce a caricarsi i problemi del mondo, neanche Atlante o il clan dei casalini. Non lo dite, ma di fatto anche voi siete inchiodati al “prima gli italiani”.
Per finire in scemenza, tiriamo fuori il pensiero patafisico che attraversa ormai tutti gli umanitari-antiumanitari, tutti i progressisti-antisviluppo. Perché siamo stati puniti dal virus? Lo riassume bene Dacia Maraini sul Corsera di ieri, ma è la sintesi di quel che sussurra da settimane l’Intellettuale Collettivo: “Certamente nessuno più pensa che un Dio punitivo mandi i castighi sulla terra, ma qualcosa del principio di causa ed effetto rimane. Abbiamo bruciato le foreste, sparso di cemento ogni angolo della terra, abbiamo avvelenato gli ambienti(…) riempito il mare di plastica, messo in pericolo l’ecosistema. La Natura che non è divina ma ha tutta la potenza di una divinità cosmica reagisce con irruenza ai maltrattamenti, anche se non si tratta di una volontà moralistica ma di un processo di autodifesa”.
Capito? Ce lo siamo meritati; non ci punisce Dio ma Greta Thunberg, tribuna della Natura. Ora, il nesso tra inquinamento e coronavirus non c’è, un virus sorto in Cina non ha legami con l’Amazzonia. Però fa comodo leggere moralisticamente il contagio. Il secondo passaggio è accusare del virus i governi reazionari del mondo, compreso chi recita l’eterno riposo. Ora, un maggior rispetto della Natura a me sembra una priorità necessaria e vitale, a partire dalla difesa dell’ordine naturale del mondo. Ma il virus ha un’altra storia, a meno che adottiamo una visione magica. È tipico però del politically correct distorcere il Dio punitivo degli antichi in versione ideologico-moralistica-ambientalistica. L’argomentazione che usa la Maraini sulla natura che si ribella si potrebbe applicare anche ad altri contesti: l’aids fu una reazione della natura contro i disordini sessuali e omosessuali dell’umanità. Il meccanismo logico-morale è lo stesso…
La guerra mondiale produsse a suo tempo “gli scemi di guerra”. Temo che i virus facciano altrettanto.
Marcello Veneziani
La Verità
1 aprile 2020