500 anni fa moriva Raffaello, pittore universale

By 6 Aprile 2020Cultura

Cinquecento anni fa, il 6 aprile 1520, all’età di 37 anni moriva Raffaello, grande pittore delle Stanze e della Trasfigurazione. La sua arte, profondamente cristiana, ha una parola di conforto anche per i nostri giorni.

Un artista universale la cui pittura continua a parlare agli uomini e alle donne di ogni tempo. Definisce così Raffaello, a cinquecento anni dalla morte, Marzia Faietti, curatrice insieme a Matteo Lafranconi, della grande mostra monografica allestita fino al 2 giugno alle Scuderie del Quirinale di Roma e intitolata al grande maestro urbinate. Nonostante la temporanea chiusura dell’esposizione dovuta all’epidemia del Covid-19, sono stati predisposti tour virtuali che consentono di gustare da casa le oltre cento opere del Maestro, riunite insieme per la prima volta all’interno della rassegna romana.

Un’arte vicina al mondo contemporaneo

Questi capolavori attraverso la rete – spiega Marzia Faietti – “accompagnano il nostro soggiorno forzato a casa”. “L’arte di Raffaello infatti è più vicina al mondo contemporaneo di quanto si possa pensare. Questo quinto centenario cade proprio nel mezzo dell’emergenza che ha sconvolto tutto il mondo. Raffaello è artista della pace e del dialogo: sono valori quanto mai attuali in un momento storico in cui la solidarietà è un bisogno imprescindibile”. L’auspicio della curatrice è che, terminata la quarantena, il grande pubblico possa godere appieno e dal vivo la “bellezza struggente” di tanti capolavori in mostra.

Lo sguardo che emoziona

Marzia Faietti ci guida idealmente nelle sale delle Scuderie, invitando tutti a lasciarsi interpellare dagli occhi “intelligenti e trasparenti” del ritratto di Baldassarre Castiglione, che proveniente dal Louvre, incontrano subito il nostro sguardo al primo piano della mostra. “E’ una vista che emoziona. Baldassarre era umanista,  diplomatico, ma era soprattutto un amico di Raffaello. Con lui aveva condiviso idee e visioni della vita. Quest’opera – aggiunge Faietti – trasmette la bellezza del valore dell’amicizia”.

L’estasi dipinta

Sempre al primo piano non si può che sostare ammirati di fronte all’intensità del “Ritratto di Leone X tra i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi” degli Uffizi, museo che ha dato un contributo determinante alla realizzazione della mostra con 50 prestiti. Il percorso espositivo prosegue con una sosta obbligata al cospetto dell’Estasi di Santa Cecilia, conservata oggi alla Pinacoteca Nazionale di Bologna e realizzata originariamente per la Chiesa di San Giovanni in Monte a Bologna. “L’opera si trovava di fronte alla pala del Perugino dipinta per la stessa chiesa alcuni anni prima. Il confronto tra i linguaggi è significativo” sia perché pone in dialogo Raffaello con il suo maestro, sia perché mette in evidenza “il salto rivoluzionario” compiuto dall’alunno. “Raffaello – prosegue Marzia Faietti – si cimenta nella descrizione di un’estasi” e ci riesce come mai nessuno.  La nostra visita continua al piano superiore delle Scuderie con i quadri dedicati alle meravigliose figure femminili: la Fornarina, la Velata e le Madonne; tra tutte spiccano la Madonna d’Alba di Washington, “una rivisitazione degli schemi leonardeschi” e “l’affettuosissima Madonna Tempi” arrivata dalla Alte Pinakothek di Monaco di Baviera. Suggestivo infine il richiamo reciproco tra l’autoritratto giovanile di Firenze e l’ “autoritratto con amico” di Parigi, opera della maturità di Raffaello.

Culmine dell’arte cristiana

Sull’universalità del linguaggio raffaellesco si sofferma anche lo storico dell’arte Rodolfo Papa, presidente dell’Accademia Urbana delle Arti a Roma: “Raffaello  è il culmine di tutta la cultura artistica occidentale e cristiana: è il culmine di una tradizione che ha portato allo  sviluppo di un’arte propria  del Cristianesimo”. Anche secondo Papa, Raffaello resta “un modello ancora oggi valido” per le invenzioni artistiche, oltre che per la grandissima capacità di disegno. Tra le tante opere della produzione dell’urbinate non si possono dimenticare i celebri arazzi, straordinariamente tornati in Cappella Sistina dal 17 al 23 febbraio scorsi. “Quello raffigurante la conversione di Saulo – ricorda il prof. Papa – ha influenzato gli affreschi della Cappella Paolina di Michelangelo e, attraverso questi ultimi, l’omonimo capolavoro Odescalchi di Caravaggio”. La grandezza di Raffaello sta dunque nel riuscire a contenere in sé l’antico, che lo precede, e ad inventare un’arte che diventerà modello per i secoli successivi.

Il buio e la luce della Trasfigurazione

L’arte è consolazione. In tempi funestati dall’epidemia del coronavirus, Rodolfo Papa ricorda quello che definisce “massimo capolavoro” di Raffaello, ovvero la “Trasfigurazione” della Pinacoteca Vaticana. Si tratta dell’opera che il Maestro dipinse durante i suoi ultimi giorni di vita e che volle nella camera da letto da cui esalò l’ultimo respiro.  “E’ un dipinto consolatorio perché indica la strada:  nel momento del bisogno,  della  difficoltà,  della tribolazione, del buio”, la speranza è rivolta alla luce della Trasfigurazione di Cristo.La pittura di Raffaello offre anche un richiamo alla politica. “Di fronte alla crisi profonda di una cultura neoliberista incentrata sul mercato” e che favorisce la cultura della scarto ai danni dei più deboli e vulnerabili, gli affreschi della Stanza della Segnatura in Vaticano – spiega ancora Rodolfo Papa – ci ricordano su cosa debba fondarsi il bene comune: il diritto, la filosofia, la teologia, la poesia e la pittura, fondamenti architettonici su cui va edificata, in unico sapere, la polis secondo la visione cristiana”.

Paolo Ondarza

6 aprile 2020

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