In questi giorni ministri, governatori delle regioni, sindaci… invitano con enfasi, e a volte con minacce, i cittadini a “rimanere a casa”, ma un numero sempre maggiore di persone ignora questi appelli. Sono un esempio le migliaia di multe che non intimoriscono, tanto tutti sappiamo come vanno le cose in Italia: ci saranno ricorsi, appelli a giudici di pace, magari interverrà qualche TAR…, si troveranno mille escamotage per non pagare. E, quando c’è il penale, con una giustizia più lenta di una lumaca, se ne riparlerà tra qualche anno. Peccato, che nessuno di questi “rappresentanti dello Stato”, si sia chiesto le motivazioni per cui tanti fanno “orecchie da mercanti” ai loro giusti e doverosi appelli; i loro richiami “entrano da un orecchio ed escono dall’altro”. Sbrigativamente, si congeda la questione affermano che chi esce da casa ingiustificato è incosciente, irresponsabile e sconsiderato… Certamente lo è, soprattutto chi è contagiato e quindi in quarantena, a cui si dovrebbero applicate “immediatamente” pene esemplari, ma il problema è molto più profondo, e direi per tanti politici e opinion leader imbarazzante, riguardando aspetti educativi e culturali.
Non a caso, ho intitolato questo intervento: “tutti i nodi vengono al pettine”, poiché dopo decenni di derisione e di scerno del principio etico e morale del “bene comune” e l’ esaltazione esasperata dei diritti, oggi anche dei “nuovi diritti” scordando i doveri, di trionfalismo del “vietato vietare” poiché chi affermava il contrario era ritenuto un oscurantista o un medioevalista, di delirio di una libertà priva della responsabilità e di un individualismo esasperato, di cancellazione del vocabolo “sacrificio”, di trascuratezza nei confronti dell’educazione civica, cosa potevamo attenderci? Care autorità, siete così ingenue e sempliciotte nel ritenere che le vostre “sbraitate”, i droni, le forze dell’ordine trasformate in sceriffi che faticano a interpretare il caos delle molteplici ordinanze, possano incutere timore ai tanti irriducibili? E’, una candida illusione, e mi auguro che ve ne accorgiate. Di conseguenza, in un prossimo futuro, accanto al dover convivere con il virus, agli strumenti per affrontare una crisi economica senza precedenti, servirà rieducare i cittadini sia al bene comune che alla cultura dei doveri.
BENE COMUNE
Cos’è il bene comune? E’ “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente” (Conc. Vat. II, Gaudium et spes, 26). In questo caso, “la perfezione”, possiamo interpretarla come la tutela della salute propria e altrui “rimanendo a casa”, essendo l’unica possibilità proposta per fronteggiare rapidamente e con successo una condizione, quella del blocco societario, che ogni giorno di più addensa funeste prospettive sul futuro. Ma, il bene comune, è “un bene arduo da raggiungere, perché richiede la capacità e la ricerca costante del bene altrui come se fosse il proprio” ( Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 167). Il “bene comune” non è un’idea astratta o un’utopia; sono comportamenti da ricostruire o da ricomporre, in questo caso il “restare a casa”, oltrepassando la nostrana abitudine che individua, sempre e comunque altrove, le responsabilità degli svantaggi con i quali dobbiamo confrontarci quotidianamente. Però, e questo infastidisce molti, il bene comune se non possiede dei fondamenti non regge. Quali fondamenti? L’etica comunitaria e la morale pubblica che si è tentato nel tempo, e in tutti i modi, di eliminare essendo in aperto contrasto con chi ritiene che il bene comune, come fine morale, è un idea medioevale, sconfacente per l’uomo del XXI secolo.
DIRITTI E DOVERI SI INTERSECANO
La maggioranza dei cittadini ostentano continuamente i loro diritti scordando i doveri. Eppure, i due termini, s’intersecano sia a livello personale che societario mentre, come ricordava O. Fallaci, “da decenni in Italia si parla sempre di diritti e mai di doveri. In Italia si finge di ignorare o si ignora che ogni diritto comporta un dovere, che chi non compie il proprio dovere non merita alcun diritto” (da: Rabbia e orgoglio). Da decenni, la cultura dominante che possiamo definire soggettivista o liberalista, educa non solo i giovani, a rivendicare con forza i diritti soggettivi, scordando i doveri dell’ io personale verso il tu comunitario, spesso ritenuti un limite alla libertà personale. Ma, piaccia o non piaccia, l’uomo è essenzialmente e totalmente un essere in relazione; ogni nostra azione dall’accendere la luce quando ci svegliamo… è possibile grazie al contributo degli altri. In un testo di T. De Quincey, che narra gli ultimi giorni della vita di Immanuel Kant, si legge che il vecchio filosofo ricevette il suo medico accompagnato da un’altra persona. Questi vorrebbero che il traballante Immanuel si sedesse, ma lui rimase in piedi finché non si furono accomodati i suoi ospiti. Interrogato sul suo comportamento, Kant rispose: “Dio non voglia che io cada così in basso da dimenticare i miei doveri verso l’umanità” (Da: Gli ultimi giorni di Immanuel Kant). Che meravigliosa lezione! Se, come conseguenza dell’attuale pandemia, rimanesse impressa anche solo questa idea, migliaia di persone non sarebbero morte invano.
Un’ esperienza personale
Anch’io sono chiuso nell’ Istituto dove sono cappellano “per tutelare i 400 pazienti che vi abitano”, e per ora grazie a Dio, a san Giovanni di Dio fondatore dei Fatebenefratelli e alle disposizioni ferree che sono state adottate, tutti stanno bene. Invito i “vari trasgressori” a pensate a queste 400 persone, malati psichiatrici anche giovani quindi con problemi rilevanti, bloccati in Istituto da metà febbraio, che hanno visto scombussolate totalmente tutte le loro abitudini di vita, che non possono ricevere la visita dei parenti, che devono vivere i disagi di una vita comunitaria travolta dalle misure di sicurezza. Quale immenso sacrificio stanno compiendo, eppure lo accettano senza lamentarsi e sono per tutti uno straordinario esempio. Lo dico alle mamme che fanno petizioni per l’ora d’aria dei figli, a chi tenterà furbescamente di fuggire dalla città nelle prossime feste, a chi si reca al supermercato a comprare unicamente una confezione di pasta pur di uscire di casa.
Spesso, quelli che riteniamo i più fragili e vulnerabili, quelli che papa Francesco ha definito essere ritenuti “gli scarti della società”, sono dei “maestri di vita” che ci insegnano l’autentica solidarietà.
Don Gian Maria Comolli