Il premier Conte martedì alle Camere ha parlato mezz’ora senza dire nulla di chiaro e definitivo, né sull’utilizzo di aiuti europei tipo Mes, né su tempi e regole della riapertura, se non generiche e ovvie indicazioni su distanziamento sociale e uso delle mascherine.
Quel “rapporto privilegiato” di Luigi Di Maio con Pechino, così come è stato confessato dall’ex deputato cinquestelle Alessandro Di Battista al Fatto Quotidiano, spiega perfettamente la retorica governativa di promozione del “modello cinese” nella lotta del
Covid-19 in Italia. Lo stesso modello, lodato tante volte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha invece portato alla diffusione del “virus cinese” a livello globale con oltre 2,5 milioni di casi e più di 170mila morti in 210 Paesi.
In questi giorni le Nazioni Unite si sono rese responsabili di un gravissimo attacco ai diritti fondamentali dell’uomo, sanciti a livello declaratorio proprio nella Dichiarazione Universale del 1949 e resi oggetto di tutela giurisdizionale nei Patti internazionali del 1966, due tra i più vincolanti trattati dell’ONU. La settimana scorsa infatti le Nazioni Unite hanno deliberato di inserire la Repubblica popolare cinese nel Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNHRC, con sede a Ginevra) la principale agenzia ONU che ha il compito di vigilare ed intervenire sulla promozione e salvaguardia dei diritti dell’uomo sanciti nella Dichiarazione Universale del 1949.
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“Ci sarà tempo dopo per individuare le responsabilità” dicevano quelli che intanto attaccavano a testa bassa la Lombardia.