In una cascina vicino a Bergamo alla fine del secolo scorso, cinque famiglie di contadini vivono, lavorano, amano, soffrono.
Continuiamo l’analisi del Documento di Mons. Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste. Mons. Crepaldi nelle scorse settimane ci ha spiegato i motivi per cui “nulla sarà come prima” e sette giorni fa ci ha ricordato che l’uomo dovrà instaurare un nuovo rapporto con la natura che abbandoni il “naturalismo ideologico” che ha caratterizzato la maggioranza dei discorsi sull’ecologismo, dimenticando “l’uomo” che è il centro del creato affidatogli da Dio secondo ragione e perché lo utilizzasse e lo dominasse con sapienza. Oggi, la riflessione di mons. Crepaldi ci richiama un valore fondamentale per ogni società: il bene comune.
La pandemia ci ha ricordato che come individui siamo fragili, e vulnerabili sono la società, le strutture e le sovrastrutture che abbiamo costruito per difendere la nostra vita e i nostri privilegi. Se la pandemia riguarda tutti, allora la risposta migliore è concertata e globale. Nella riflessione del presidente della Pontificia Accademia per la Vita, fraternità e solidarietà non sono solo valori cristiani, ma le fondamenta sulle quali poggia la sopravvivenza dell’umanità.
“Se la morte non esiste tutto è permesso”. Parla Redeker. “La pandemia ci interroga come mai prima”.