Un alone di mistero continua ad avvolgere il Coronavirus, o Covid-19, la malattia infettiva che in pochi mesi si è diffusa in tutto il mondo assumendo i caratteri di una vera e propria pandemia. Sulla natura di questo virus ci sono molte ipotesi e poche certezze.
Le ipotesi riguardano innanzitutto l’origine della malattia. Il virus è nato dalla natura, come sostiene la maggior parte dei virologi, o è stato costruito in laboratorio, come ritengono altri? E in questo secondo caso è stato fabbricato a fini terapeutici o a fini di guerra batteriologica? E in quale laboratorio sarebbe stato fabbricato, cinese od occidentale? La fuoriuscita da questo laboratorio sarebbe stata fortuita o deliberata? E’ evidente che l’ipotesi della fuoriuscita volontaria, alimenterebbe la possibilità di una “cospirazione” delle forze segrete, come tante ce ne sono state nella storia. Se invece il virus fosse nato dalla natura, o fosse uscito da un laboratorio per un incidente, si dovrebbe ritenere che queste stesse forze siano state prese alla sprovvista dall’evento. Una delle ipotesi più verosimili sembra essere quella esposta da Steve Mosher secondo cui il virus, fabbricato in Cina, sarebbe uscito, per un incidente, da un laboratorio di Wuhan (LifeSiteNews, 22 aprile 2020). Si tratta appunto di una ipotesi, ma le responsabilità della Cina comunista che Mosher mette bene in luce, sono una certezza.
Il Partito comunista cinese ha infatti taciuto sulla diffusione del virus e ha manipolato le cifre delle infezioni e delle morti. Non a torto, Chen Guangcheng, l’attivista cieco accolto come profugo negli Stati Uniti, dopo essere stato imprigionato in Cina per le sue denunce di aborti e sterilizzazioni forzati nello Shandong, ha affermato che «il Partito comunista cinese (Pcc) è il più grande e più pericoloso virus al mondo» (AsiaNews, 27 aprile 2020).
Perfino un osservatore molto cauto come Paolo Mieli, sul Corriere della Sera del 27 aprile, rileva come le autorità cinesi stiano disinvoltamente «adattando» all’evolversi dei tempi le cifre dei contagiati nel loro Paese. «Come è possibile – scrive Mieli – che un Paese, preso sul serio dall’Organizzazione mondiale della Sanità che per voce del suo direttore generale ne ha lodato il «rigore», faccia ballare i numeri in questo modo? Più passa il tempo, inoltre, più cresce il numero di coloro che, in merito alle origini del virus, ripropongono il dubbio che nei laboratori di Wuhan sia accaduto qualcosa di sospetto».
Anche sulla natura del Covid-19, ci sono soli ipotesi e non certezze. Non solo ancora non si sa come curare il virus, ma non è neanche chiaro se tutte le persone che guariscono dall’infezione acquisiscano un’immunità, e quanto questa possa durare. Gli immunologi dicono che ci troviamo di fronte a un virus “anomalo” che si comporta in modo diverso da quelli della stessa famiglia (Corriere della Sera, 25 aprile); tutti annunciano in autunno una seconda ondata della pandemia, ma nessuno è in grado di prevederne le caratteristiche. Nel dubbio la tendenza dei governi è quella di prolungare le misure di lockdown. C’è chi afferma che esiste una sproporzione tra il numero delle vittime del coronavirus e le misure di “distanza sociale” prese in tutto il mondo. Ma a questa obiezione, si potrebbe rispondere che se il numero delle vittime è basso, ciò è dovuto proprio alle misure di lockdown prese dai vari governi. Secondo uno studio di Deutsche Bank citato il 26 aprile dall’AGI, la pandemia di Covid-19 si colloca agli ultimi posti nella storia per tasso di mortalità. Però, afferma la ricerca, senza le misure di contenimento che hanno fatto scendere il tasso di mortalità allo 0,002%, il tasso di mortalità sarebbe stato pari allo 0,23% registrando 17,6 milioni di vittime su tutto il pianeta. Lo stesso si può dire per il tasso di contagio. L’ipotesi sembrerebbe confermata dal fatto che in Germania, dopo che è stato allentato il lockdown il tasso di contagio è rapidamente risalito dallo 0,7 all’1 per cento, come ha rilevato il Robert Koch Institut per le malattie infettive (La Repubblica, 28 aprile).
C’è chi è convinto che il lockdown sia un piano dei poteri forti per poter esercitare il controllo sociale sull’umanità. Tra questi è il filosofo post-moderno Giorgio Agamben, molto apprezzato dall’ultrasinistra, che sul suo blog si è chiesto, fin dal 26 febbraio, se il «distanziamento sociale», sarà il nuovo principio di organizzazione della società. «Ciò è tanto più urgente, in quanto non si tratta soltanto di un’ipotesi puramente teorica, se è vero, come da più parti si comincia a dire, che l’attuale emergenza sanitaria può essere considerata come il laboratorio in cui si preparano i nuovi assetti politici e sociali che attendono l’umanità» (Quodlibet, 6 aprile 2020).
Ma quale potrebbe essere l’alternativa alla “quarantena” per contenere l’epidemia? C’è chi contrappone ai modelli europei di gestione dell’emergenza sanitaria quelli di Israele, e soprattutto di Taiwan dove, malgrado la prossimità geografica con la Cina, i numeri delle vittime e del contagio sono molto bassi. Tuttavia, se il pericolo che corriamo è quello della “dittatura digitale”, il metodo di Taiwan, basato sul sistema di tracciamento degli infetti (contac tracing) appare ancora più pericoloso del lockdown europeo. Taiwan tiene sotto stretta sorveglianza la sua cittadinanza tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie, senza alcuna considerazione per la privacy degli individui. Lo stesso avviene in Israele, dove il sistema di tracciamento dei contatti è stato applicato in modo ferreo, fino a provocare un intervento della Corte Suprema.
Per altri, il vero problema non è il controllo sociale, ma la catastrofe economica. Quali saranno infatti le conseguenze economiche e sociali della pandemia? Un generale impoverimento dell’Occidente, per favorire il controllo sociale da parte dei “poteri forti”, o un crollo del sistema economico-finanziario su cui l’Occidente si regge? In questo secondo caso però, la manipolazione sociale sfuggirebbe agli stessi poteri forti che l’hanno pianificata. Si resta sul piano delle ipotesi. Così, il sociologo sloveno Slavoj Žižek nel suo e-book Virus. Catastrofe e solidarietà (Ponte alle Grazie, 2020), sostiene che siamo intrappolati in una triplice crisi: sanitaria (l’epidemia), economica (un colpo durissimo indipendentemente dall’esito dell’epidemia) e psicologica (relativa alla salute mentale degli individui).
L’aspetto della guerra psicologica, anche nelle sue dimensioni preternaturali, è stato messo bene in luce dall’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira in un documento del 27 aprile intitolato A maior operação de engenharia social e de baldeação ideológica da História. L’esistenza di una grande manovra planetaria, lascia però aperte le ipotesi di fondo. Ci troviamo di fronte ad un piano orchestrato dalle forze segrete? Il fatto che avessero preordinato una strategia in vista di una catastrofe sanitaria, già da molti anni prevedibile come oggi lo è una catastrofe economica, non significa che siano state queste forze ad innescare il processo né che siano in grado di controllare pienamente l’evento.
Di fronte a queste ipotesi, su cui è utile discutere, restano le certezze. La prima è che lo scenario mondiale è oggettivamente cambiato dopo il Coronavirus. In meglio o in peggio? Qua entriamo ancora una volta nel campo delle ipotesi predittive. Žižek afferma che per la Rivoluzione comunista, di cui egli è adepto, in questo momento, «ogni cosa è possibile, in qualunque direzione, da quella migliore a quella peggiore». Ciò vale per la Rivoluzione, ma anche per la Contro-Rivoluzione che ad essa si oppone. Certamente esistono ampie e complesse manovre rivoluzionarie per sfruttare la situazione, e questa è un’altra certezza. Ma affermare che queste manovre abbiano successo è un’ipotesi. Vi è invece un’altra certezza: il fatto che di fronte alla pandemia, gli uomini che governano la Chiesa si sono mostrati assenti, o addirittura complici delle strategie anticristiane.
Che cosa dovrebbe fare la Chiesa, e che cosa dovrebbero fare tutti i cattolici, di fronte a una pandemia come quella che ci aggredisce? Bisognerebbe ricordare che tutti i mali dell’umanità hanno la loro origine nel peccato, che il peccato pubblico è più grave di quello individuale, e che Dio punisce i peccati sociali con i flagelli delle malattie, delle guerre, della fame e delle sciagure naturali. Se il mondo non si pente, e soprattutto se gli uomini di Chiesa tacciono, i castighi che all’inizio vengono inflitti in maniera mite, sono destinati ad aggravarsi sempre di più, fino ad arrivare all’annientamento di nazioni intere. Questa è l’essenza del messaggio di Fatima, che si conclude però con la consolante certezza del trionfo del Cuore Immacolato di Maria.
Roberto Mattei
29 Aprile 2020 –