“La surrogata più economica in Europa è in Ucraina, il Paese più povero d’Europa”. Il sito web della clinica BioTexCom, specializzata in Gravidanza per altri (Gpa), commette un clamoroso autogol, certificando che utero in affitto e povertà sono strettamente connessi. Laddove c’è più miseria, un numero maggiore di donne è disposto a prestarsi per un “servizio” che solo per ipocrisia alcuni chiamano “solidale”. Il lockdown imposto dalla pandemia ha fatto emergere in modo clamoroso le conseguenze della disumana pratica dell’utero in affitto: la vicenda delle decine di neonati nelle culle allineate in un albergo di Kiev, in attesa che le coppie committenti vadano a ritirarli, sta facendo rabbrividire il mondo intero. I bimbi sono nutriti e accuditi, certo, ma senza madri e padri accanto. Apolidi. Di nessuno, in definitiva.
Persino nella permissiva Ucraina si levano voci sdegnate, anche autorevoli come quelle della Garante dei diritti umani, Lyudmyla Denisova, e del Commissario presidenziale per i diritti dei bambini, Mykola Kuleba. Non ci illudiamo che l’indignazione sollevata in Ucraina dai bimbi “in vetrina” possa incanalarsi in una proposta articolata e coerente per frenare il business della gravidanza a contratto nel Paese. Non ci illudiamo, però sappiamo che altri Paesi di manica larga sono corsi ai ripari proprio sull’onda di scandali analoghi. È accaduto in Thailandia, dove la Gpa è stata inibita alle coppie straniere dopo che due genitori australiani avevano rifiutato baby Gammy, affetto dalla Sindrome di Down, “ritirando” solo il gemello sano. Anche l’India ha fatto dietrofront dopo che decine di inchieste e relazioni internazionali avevano documentato le condizioni di schiavitù in cui erano costrette le donne–incubatrici per conto di committenti di tutto il mondo. È più che probabile, dunque, che in Ucraina si spengano presto i riflettori sull’intera vicenda, perché le ragioni del commercio valgono più di quelle etiche. Ma è pure possibile che, anche sull’onda delle pressioni di numerose associazioni che in tutto il mondo lottano perché l’utero in affitto sia considerato un reato universale, il Parlamento di Kiev apra una discussione seria e consideri, accanto agli introiti, anche i costi dalla sua lucrativa leadership europea nel turismo procreativo: la dignità delle sue donne più vulnerabili, considerate alla stregua di incubatrici a pagamento, e quella dei neonati ridotti a merce.
Antonella Mariani
21 maggio 2020
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/alt-al-mercato