Di fronte alla esplosione improvvisa e drammatica di un contagio, dovuto ad un agente infettivo praticamente sconosciuto, si pretendeva la soluzione immediata, la decisione risolutiva, la certezza subito.
Negli ultimi mesi, con la diffusione della pandemia da Covid-19, in Italia è amentata notevolmente la fiducia nel personale sanitario e negli scienziati che operano in ambito biomedico. In particolare, la comunità scientifica, prima poco considerata dalla opinione pubblica, e soprattutto dalla politica, è diventata un punto di riferimento preciso, richiesto e ascoltato per i cittadini italiani, per i media e per la politica stessa. Tuttavia, è diventato anche evidente in molti casi il modesto livello di consapevolezza della vera essenza e della peculiarità della metodologia della ricerca scientifica. Assai indicativa, a questo proposito, è stata la frase pronunciata da un Ministro della Repubblica : «….chiedo alla comunità scientifica di darci certezze inconfutabili…..pretendiamo chiarezza…». In sostanza, di fronte alla esplosione improvvisa e drammatica di un contagio, dovuto ad un agente infettivo praticamente sconosciuto, si pretendeva la soluzione immediata, la decisione risolutiva, la certezza subito. Tutto questo anche da parte di coloro che, fino a poco tempo prima, mettevano in dubbio persino indicazioni scientifiche consolidate, con elevato grado di certezza (ad esempio, possiamo ricordare il cosiddetto “movimento no vax”). In realtà, la ricerca scientifica si confronta ogni giorno con l’incertezza e, come dice le Senatrice a vita Elena Cattaneo «…essa mira a studiare l’ignoto per restringere gli spazi di incertezza…». Il metodo scientifico indica una probabilità, maggiore o minore, di quanto può essere vero un certo fenomeno. La conoscenza e l’evidenza si producono per riduzione progressiva dell’incertezza quando, dopo avere percorso diverse ipotesi razionali e plausibili ed averle verificate con studi adeguati, si converge sulla via ritenuta giusta e i risultati vengono pubblicati e poi replicati e confermati da altri gruppi di studio indipendenti. Fino ad oggi abbiamo certamente imparato molto su questo virus, ma per diversi aspetti vi è ancora un elevato grado di incertezza e di scarsa evidenza.
Il mondo clinico
In ambito clinico, in particolare per la valutazione e la validazione di procedure diagnostiche e terapeutiche, la metodologia con il più alto grado di attendibilità è rappresentata dallo studio clinico randomizzato, di confronto in doppio cieco (cioè assegnazione casuale del trattamento o procedura, senza che sperimentatore o partecipante ne siano a conoscenza), pubblicato su una rivista internazionale di elevata reputazione, dopo revisione critica di esperti, con risultati successivamente confermati da studi analoghi e, nel medio-lungo termine, dalla pratica clinica. Qualunque sia il disegno dello studio, anche di minore ‘”qualità” , di fondamentale importanza sono la valutazione critica da parte della comunità scientifica e la riproducibilità dei risultati. Nella attività di ricerca sono necessari intuizione, molto studio, pazienza, capacità di critica, e tutto questo richiede tempo, oltre a esperienza e organizzazione. Non vi è dubbio che fra le varie istituzioni di ricerca, l’Università rappresenti la sede elettiva, anche se non unica, per la produzione di nuove conoscenze, in considerazione delle elevate professionalità esistenti e anche della possibilità di implementare ricerche traslazionali e interdisciplinari. Insomma, l’applicazione della metodologia scientifica richiede precise elevate professionalità.
Le sperimentazioni
Negli ultimi mesi sono stati condotti numerosissimi studi sperimentali, epidemiologici e clinici sulla infezione da coronavirus. Essi hanno consentito l’acquisizione di una notevole quantità di conoscenze e i risultati ottenuti sono stati utilizzati per pubblicazioni scientifiche, anche in riviste autorevoli e ad elevato impatto. A questa produzione così cospicua, ottenuta in modo accelerato, non ha talora corrisposto una ugualmente elevata qualità scientifica. Infatti, non di rado sono stati riportati solo dati aneddotici, descrittivi, derivati da studi certamente encomiabili in una situazione di emergenza improvvisa e grave, ma di valore scientifico limitato, perché studi non controllati , che hanno prodotto risultati anche contradditori. Penso che i dati più affidabili verranno presto, nei prossimi mesi. L’Aifa ha approvato ben 32 sperimentazioni cliniche, disegnate in modo rigoroso, così da fornire risultati solidi dal punto di vita clinico, su una ventina di farmaci (antivirali, antiinfiammatori, anticorpi monoclonali, anticoagulanti) e su pratiche terapeutiche, come la plasmaferesi. Altri importanti studi epidemiologici, su ampi registri, o in laboratorio, sono pure in corso. Pertanto, potremo saperne di più e avere utili risposte a molteplici quesiti tuttora non risolti, ad esempio: chi supera l’infezione è veramente protetto da una reinfezione, e se sì per quanto tempo? Quali sono le conseguenze a lungo termine della infezione? Quale è il migliore approccio terapeutico? La “forza” del virus tende veramente a ridursi? Avremo un antivirale specifico in attesa del vaccino ? I bambini possono trasmettere con facilità il virus? Perché le donne sembrano essere colpite in modo meno grave? In sostanza, è necessario ribadire che al momento attuale restano ancora molte importanti domande senza risposta.
La ricerca
Come era prevedibile, si è di recente stabilito un rapporto molto stretto fra medici o ricercatori, esponenti della politica e responsabili della informazione giornalistica. Questa vicinanza è stata naturalmente giustificata dalla necessità di collaborare strettamente per fronteggiare una nuova e improvvisa situazione sanitaria di estrema gravità. Tuttavia, vale la pena ricordare che i rapporti tra scienza, politica e informazione dovrebbero essere tali da non consentire sostanziali interferenze reciproche. È stato davvero così ? In molti casi probabilmente sì, ma certo non sempre. In effetti, talora vi è stata l’impressione che tra politici e scienziati si fossero creati rapporti di supporto reciproco, o addirittura che alcuni ricercatori e/o alcune terapie fossero sostenuti da una o l’altra parte politica, indipendentemente dai contenuti scientifici o comunque senza una adeguata analisi dei dati. Tutto questo è estraneo alla vera essenza della ricerca scientifica, e non dovrebbe accadere.
La scienza
Gli scienziati devono avere chiara l’importanza del loro ruolo ufficiale e devono mostrare prudenza e chiarezza nelle informazioni che forniscono alla opinione pubblica, soprattutto quando i loro studi non sono ancora stati pubblicati e non sono stati valutati dalla comunità scientifica. Anche l’umiltà e il rispetto reciproco, addirittura l’ammissione di aver sbagliato, devono far parte dei doveri di chi è coinvolto nella ricerca scientifica, che oggi più che mai richiede grande collaborazione tra i ricercatori e interdisciplinarietà. La vicenda della pandemia virale che è arrivata da noi con la violenza di un «improvviso uragano» non è finita. Sarà estremamente importante continuare nelle iniziative e con le procedure che hanno portato beneficio e utilità, riconoscere e correggere gli errori, fare proprio il metodo scientifico e utilizzarlo per conseguire la necessaria evidenza. Ci si augura che quanto è accaduto sia con la propagazione della pandemia che con il conseguente riconoscimento della grande importanza di una corretta ricerca biomedica, consentano di invertire la tendenza degli ultimi anni e si traducano in un significativo maggiore investimento pubblico e privato in scienza e sanità. In questi difficili mesi le istituzioni sanitarie bresciane hanno davvero effettuato un eccezionale lavoro per quantità e qualità, con abnegazione e generosità, e sono state anche capaci di produrre consistenti risultati scientifici, che certamente continueranno nel prossimo futuro. La ricerca scientifica biomedica significa cultura, che contiene una notevole componente etica, in quanto deve essere trasparente,democratica e finalizzata al benessere delle persone. Tutto questo rappresenta un ottimo motivo perché essa faccia parte a pieno titolo del grande progetto per «Brescia e Bergamo, città della cultura 2023».
di Enrico AgabitI Rosei
7 giugno 2020
https://brescia.corriere.it/notizie/cronaca/20_giugno_07/necessaria-separazione-scienza-politica-informazione-87f7a772-a8c7-11ea-a00a-5e3865307963.shtml