Il mese di giugno, come sappiamo, da un po’ di tempo a questa parte, è diventato il mese simbolo dell’orgoglio arcobaleno, al punto da essere stato ormai ribattezzato come “Pride Month”.
Si moltiplicano, in questo periodo dell’anno, infatti, le iniziative che le multinazionali, ma anche le case di moda e tutti i colossi che appoggiano la “causa” Lgbt, portano avanti per “celebare” l’orgoglio gay e non solo.
Tra queste c’è Diesel che, per il secondo anno consecutivo, realizza una capsule collection dedicata al Pride Month e la sponsorizza con il cortometraggio intitolato “Francesca”, diretto da Francois Rousselet e con la consulenza di Diversity, associazione nata “con lo scopo di scardinare pregiudizi e abbattere ogni tipo di discriminazione”, il cui presidente è Francesca Vecchioni
Il corto narra una storia di totale cambio di identità: dal sesso maschile a quello femminile, ovviamente una storia di “transizione”, che avviene non certo solo a livello mentale, come si evince bene dal video che mostra tutti i passaggi di questo cambiamento. Viene mostrata, infatti, la protagonista, che ingurgita pillole (gli ormoni cross sex) che arrivano piano piano a modificare il suo aspetto: in un fotogramma si vede la quasi “Francesca” toccarsi con soddisfazione la zona corrispondente al pomo di Adamo, che si nota molto meno, a causa delle cure.
In un altro fotogramma, la protagonista, si trova davanti alle porte di una toilette e con fastidio è costretta a scegliere il bagno dei maschi, perché la sua transizione non è ancora avvenuta. Ma già nel fotogramma successivo c’è la svolta: dopo l’ennesima scena in cui assume con convinzione l’ennesima pillola, vediamo Francesca entrare nel bagno delle donne, in quanto la transizione, come si evince chiaramente dalla scena, sarebbe già avvenuta.
Ora, su questo video che vorrebbe essere un inno alla libertà e all’orgoglio di essere se stessi, come ha affermato Renzo Rosso, fondatore di Diesel, si potrebbero far notare diverse contraddizioni. E sì perché a noi la storia che tutto sia bello, lineare, logico e facile non convince. Innanzitutto, le scene in cui la protagonista, peraltro interpretata dalla modella Harlow Monroe, transgender dall’età di 16 anni, oggi attivista, prende gli ormoni cross sex come se fossero caramelline, ci fa davvero rabbrividire. Una distorsione simile della realtà può indurre i più giovani a credere che certi “cambiamenti” siano facilmente accessibili e privi di conseguenze negative.
Sappiamo, invece, gli effetti devastanti che certe cure possono avere sulla mente e il corpo di molti giovani transgender che, spesso, anche dopo aver affrontato la fase della tanto sospirata “transizione”, si ritrovano nuovamente infelici e non vedono più alcuna via d’uscita, dopo averle tentate tutte. Alte sono infatti le percentuali relative al suicidio dei giovani transgender, il cui disagio interiore, infatti, spesso non viene preso in seria considerazione dai medici che prescrivono loro terapie così incisive, scegliendo probabilmente, il percorso più breve e sbrigativo.
Ma poi il finale della storia è davvero discutibile e soprattutto lontano dalla realtà: Francesca dopo essere diventata “donna”, realizza il suo sogno e, dalla discoteca, nel fotogramma successivo, si ritrova, improvvisamente, in convento, accolta dalle sue consorelle che le fanno una sorta di girotondo con volti estatici e festanti. Un tentativo davvero forzato, grossolano e mal riuscito di far combaciare fede e ideologia gender, due elementi ed esperienze completamente agli antipodi e il perché è presto detto.
Innanzitutto, il pensiero della Chiesa su queste tematiche è ben noto e racchiuso proprio nel Catechismo della Chiesa Cattolica che, nei punti 2358 e 2359 a proposito dell’omosessualità specifica che si tratta di una “inclinazione oggettivamente disordinata”, dunque, ci sembra al quanto irreale la scena della protagonista che entra addirittura in convento. Inoltre il gender, se vogliamo metterla sul piano della fede, nega proprio il concetto della creazione, in quanto propone una concezione dell’uomo come Dio di se stesso che, ignorando il dato naturale oggettivo con cui nasce e che lo determina come “maschio” o “femmina”, si dà l’identità da se stesso.
Una conciliazione dunque difficile, anzi, impossibile, tra gender e fede, che si cerca, invece, di presentare in maniera forzata e totalmente lontana della realtà, in questo video. Così come lontano dalla realtà è il messaggio di tutto questo corto, privo di ogni fondamento scientifico, antropologico e spirituale.
23/06/2020
Manuela Antonacci
https://www.provitaefamiglia.it/blog/il-cortometraggio-della-diesel-che-inneggia-al-cambio-di-sesso