In Europa, la pandemia della Spagnola contribuì significativamente a rendere ancora più drammatica la devastazione umana del primo conflitto mondiale.
L’influenza Spagnola del 1918-1920 in realtà non fu spagnola. Nei mesi scorsi la si è ricordata spesso perché fu una pandemia altamente mortale: a causa delle condizioni in cui era ridotta l’Europa durante e dopo la Prima guerra mondiale, si sviluppò con rapidità incontrando pochi ostacoli sanitari e si propagò a tutto il mondo. Alla fine, si contarono circa 50 milioni di morti (su una popolazione di meno di due miliardi di persone). Fu chiamata Spagnola perché è in Spagna che fu individuata nella sua gravità: il Paese non era in guerra e quindi l’alto numero di decessi che si registrò non poteva essere attribuito alle operazioni belliche. Gli studiosi non sono certi dell’origine: secondo alcuni nel Kansas, secondo altri in Cina, per altri ancora in Francia. La cosa certa è che, assieme alla guerra, fece registrare un crollo delle aspettative di vita breve ma drammatico. Secondo dati messi assieme da ourworldindata.org, il centro di analisi legato alla Oxford University, nel 1915 le aspettative di vita erano di 43 anni in Spagna e di 42,5 in Italia (che quell’anno entrò in guerra).
L’anno successivo, in Spagna salì a 43,9 per poi scendere a 42,5 anni nel 1917. In Italia, a causa delle vittime del conflitto, scese a 39,6 nel 2016 e a 38,1 nel 1917. Il crollo avvenne in entrambi i Paesi nel 1918, in buona misura a causa della Spagnola anche tra gli italiani: in Spagna le aspettative di vita scesero a 30,3 anni e in Italia a 25,8. Con un recupero negli anni successivi ma con la pandemia, meno aggressiva, terminata solo nel 1920. Negli Stati Uniti, le aspettative di vita caddero dai 54 anni del 1917 ai 47,2 del 1918 per poi risalire a 55,3 nel 1919. Andamenti simili si registrarono in quasi tutti i Paesi europei. Per fare un confronto approssimativo con la Seconda guerra mondiale, in Italia le aspettative di vita erano di 57 anni nel 1940, quando il Paese entrò nel conflitto, scesero a 54,7 nel 1941, a 52,2 l’anno successivo, a 49,4 nel 1943 per poi risalire rapidamente (a 65,6 nel 1950). In Europa, la pandemia della Spagnola contribuì significativamente a rendere ancora più drammatica la devastazione umana del primo conflitto mondiale. Confronti con la crisi del Covid-19 non avrebbero naturalmente senso: rispetto al 1918 i passi avanti scientifici, medici, sanitari, sociali sono stati enormi. Ma la vicenda di quegli anni è un richiamo almeno a non accoppiare le pandemie con le guerre.
Danilo Taino
25 giugno 2020
Corriere della Sera