Intervista a mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita.
Di fronte alla esplosione improvvisa e drammatica di un contagio, dovuto ad un agente infettivo praticamente sconosciuto, si pretendeva la soluzione immediata, la decisione risolutiva, la certezza subito.
Nell’intervista a «L’Osservatore Romano», Amato affronta il tema della ricostruzione post epidemia. In questa crisi, spiega, «non basta la resilienza», che pure molte persone hanno dimostrato di saper praticare: sarebbe come cercare di prevenire un conflitto atomico rifugiandosi in un bunker. Occorre invece essere trasformativi e perseguire l’ideale di un benessere diverso, “multidimensionale”.
L’app Immuni potrebbe comportare il rischio di nascondere la nostra paura di incontrare l’altro con tutti i rischi che ciò comporta.
Oggi sono disponibili mezzi etici altrettanto efficaci nello sviluppo di vaccini: cellule ombelicali, placentari, cellule staminali adulte, e cellule di insetti e di animali.
Sarebbe lecito produrre e usare, al fine di debellare la presente pandemia, vaccini ricavati da aborti volontari? La domanda non è oziosa perché, tra le moltissime aziende farmaceutiche che si stanno spendendo per trovare un vaccino, ve ne sono due, la Moderna e la Johnson & Johnson, che stanno studiando un vaccino a partire da linee cellulari ricavate da feti abortiti.
Pur trattandosi di pochi aborti e avvenuti molti anni fa, il problema morale comunque si pone.
Walter Veltroni si pone una domanda molto importante in questa fase di ripartenza dopo la quarantena da Coronavirus: “Chi decide il ritorno alla normalità?“. In un intervento sul Corriere della Sera, infatti, Veltroni ricorda che la normalità della vita umana “non può essere considerata un’anomalia o un pericolo ma, semplicemente, il primo obiettivo da riconquistare“.