AVVENIRE – Coronavirus. «Se il contagio è iniziato a settembre c’è un buco nero nei dati cinesi»

By 15 Luglio 2020Coronavirus

Davide Zella, virologo dell’Università del Maryland: il salto di specie è avvenuto in autunno. Le date fornite da Pechino sono inverosimili, è un Covid che si diffonde con elevata rapidità.

«Il virus si è mosso per onde concentriche e rotte commerciali dalla Cina, Iran, Giappone e Corea, Europa, Usa». «Sembra che pure i primi casi indiani provenissero dall’Italia. Adesso è in aumento anche in Africa» – Reuters

Sei i mesi vissuti pericolosamente. Studiando sodo. Davide Zella lavora all’Istituto di Virologia Umana, Università del Maryland, dove studia con Robert C. Gallo il comportamento del Covid-19 nei diversi continenti.

Quando “nasce” questo coronavirus? Se parliamo dello spillover, cioè il salto di specie dal pipistrello all’uomo, uno studio del Campus biomedico di Roma (gruppo del professor Ciccozzi) individua la fine di settembre. Se parliamo della pandemia, le date fornite dai cinesi sono inverosimili. Parlano di fine dicembre, ma tre mesi sono troppi: è un virus ad alta contagiosità che si diffonde con rapidità.

C’è stato un occultamento delle prove? C’è stata sicuramente una gran confusione. Le malattie respiratorie si assomigliano ed inizialmente è possibile confondere i sintomi del Covid-19 con altre polmoniti, come è avvenuto anche in Lombardia. Però, quando il numero dei casi è così elevato questa confusione non può durare mesi. Allora possiamo dire che il virus si è diffuso in Cina ben prima di dicembre.

Reputa possibile che i medici cinesi non si siano resi conto che era un nuovo coronavirus? Il ceppo cinese era già molto contagioso: R0 intorno al 2.5. Credo che in Cina ci siano stati più decessi di quelli dichiarati e che se ne siano accorti prima della data ufficiale.

Quando inizia realmente la pandemia? La pandemia nasce quando lo dice l’Oms, noi ragioniamo di trasmissione del virus ed è evidente che, a prescindere dalle dichiarazioni ufficiali, lo spostamento della popolazione cinese per festeggiare il Capodanno tradizionale sia stato decisivo. Molto probabilmente è quella la miccia che ha innescato la pandemia, tant’è vero che all’inizio il coronavirus si diffonde nei Paesi che hanno maggiori contatti commerciali con la Cina.

Quando si sposta dalla Cina all’Europa, però, muta. E diventa più cattivo… Nel momento in cui un nuovo virus entra nell’uomo ha già subito una (o più) mutazioni che gli permettono il salto di specie. Ricordiamo per esempio gli studi degli americani del Cdc oppure quelli di diversi gruppi cinesi. Successivamente il virus cerca di selezionarsi per replicare meglio ed infatti la mutazione che diventa dominante, la D614g della proteina Spyke, lo diventa perché aiuta la “fitness virale”, migliorando la trasmissione tra cellula e cellula. La capacità di replicare meglio è dimostrata in vitro da Korber e collaboratori. Quella è la prova regina che questa mutazione permette al virus di diventare più infettivo.

Quale ruolo hanno le mutazioni? Le mutazioni sono errori di replicazione che nel Covid 19 non sono particolarmente frequenti. Le mutazioni che abbiamo osservato nell’Rna polimerasi potrebbero favorire l’insorgere di altre mutazioni, ma questa è un’ipotesi ancora da dimostrare. Quello che sappiamo è che la replicazione seleziona le mutazioni funzionali alla replicazione stessa, quindi i ceppi più contagiosi e meno letali, tipo quello che porta la mutazione D614G.

Può condizionarla il lockdown? La mediana dei sintomi – il 50% degli infetti – manifesta gli effetti in cinque giorni e la mortalità arriva a 14-16 giorni: in queste condizioni un incremento della letalità in lockdown comporta l’estinzione del virus insieme ai soggetti che sono infettati da quel ceppo mutato. L’isolamento aiuta a guadagnare tempo e a limitare i morti. Successivamente vengono comunque “selezionati” i ceppi meno letali, anche se il processo richiede del tempo.

In questi sei mesi il virus ha seguito una rotta precisa? In generale si è mosso seguendo onde concentriche a partire dalla Cina e le rotte commerciali. Iran, Corea del Sud e Giappone, Europa… Negli Usa, East-Coast, l’ingresso è stato inizialmente molto ridotto, anche se il Cdc evidenzia una presenza limitata già da gennaio-febbraio. È entrato più diffusamente in Europa e in particolare ricordiamo l’ingresso in Italia descritta dai gruppi di Roma (Ciccozzi), Milano (Galli) e Istituto Superiore di sanità, Dall’Europa è passato negli Stati Uniti e in Sudamerica. Sembra che anche i primi casi indiani provenissero dall’Italia. Ora è in aumento anche in Africa.

C’è chi non ha effettuato il lockdown, scommettendo sull’effetto gregge: aveva torto? Quell’approccio in assenza di misure di contenimento è suicida, con quello che si conosce della malattia. Altro è implementare misure di bassa intensità, come è stato fatto in alcuni Paesi, anche in Europa.

Qual è la situazione negli Usa? Strana. A New York per esempio adesso è relativamente tranquilla, mentre in Arizona, Texas, California e Florida i contagi stanno esplodendo, ma i casi di Covid-19 non presentano lo stesso numero di decessi del passato, almeno fino ad ora.

Il caldo è un muro che può fermare la pandemia? Da solo no. Aiuta il contenimento ma nei Paesi che hanno un sistema sanitario debole, dal Sudamerica all’Africa, non ci si può affidare al sole.

Paolo Viana

15 luglio 2020

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