Ricorre in questi giorni il decimo anniversario di morte del politico, giurista e docente universitario, nonché VIII Presidente della Repubblica e quindi Senatore a vita, Francesco Cossiga (1928-2010). Nato alla politica in seno alla Democrazia Cristiana, poi transitato attraverso altri partiti, è di certo stato un personaggio molto influente nel periodo della cosiddetta Prima Repubblica. Noto con il soprannome “picconatore”, o anche “gatto sardo” – diceva in proposito: «Io, naturalmente, sarò il gatto mammone. Ma teniamo presente una cosa: i gatti graffiano» -, o ancora “lepre marzolina”, usciva da ogni possibile schema, tanto che oggi c’è chi parla del suo essere quasi schizofrenico.
Lo ricordiamo con la conferenza che Cossiga tenne nel 2003 al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione presentando il libro Fede, verità, tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, a firma dell’allora ancora cardinale Joseph Ratzinger
IL TESTO DELLA RELAZIONE: Fede, verità, tolleranza
L’onore di esser stato chiamato a parlare del libro Fede, verità, tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo di Joseph Ratzinger è stato in me travolto dalla responsabilità grande di trattenermi con i partecipanti al Meeting dell’amicizia tra i popoli su una eccezionalmente ricca e attuale raccolta di scritti, vecchi e nuovi, alcuni nuovissimi, ma tutti egualmente attuali, del grande teologo, su temi insieme classici e moderni della teologia cristiana, che tra l’altro intersecano e sono intersecati da problemi antichi e nuovi di filosofia e storia della religione, di antropologia culturale e perfino di politica, tutti di grande e direi perfino di tragica modernità!
È un libro questo che ci riporta nel clima fervido di studi teologici che ha caratterizzato il Novecento. È l’esempio di una teologia che offre una visione complessiva della realtà: per questo Joseph Ratzinger, come fu per l’altrettanto grande pensatore Romano Guardini, potrebbe certo essere titolare anche di una cattedra di Katholische Weltanschauung, una cattedra cha ai tempi in cui fu istituita risultò certo alquanto strana e contestata naturalmente dall’”accademia”, forse anche perché in pochi se la sarebbero potuta vedere attribuire. Oggi c’è invero gran bisogno di visioni di questo tipo, che facciano intendere in termini attuali e moderni, ma fedeli alla tradizione e cioè alla verità, il fenomeno dell’esistenza cristiana e, nello stesso tempo, restituiscano a quella esistenza una unità della quale è stata largamente privata dalla cultura cosiddetta moderna.
Ci imbattiamo spesso in elaborazioni teologiche che, magari buone da un punto di vista – squisitamente e, in parte, esclusivamente – specialistico, non hanno però alcun valore di sintesi. Si ripropone anche qui l’antico adagio filosofico tedesco per il quale sono in molti a vedere gli alberi ma sono pochi a vedere il bosco!
Perché sono stato chiamato a partecipare all’incontro e per di più mi è stato assegnato questo non facile compito nell’ambito del fervido Meeting dell’amicizia tra i popoli, frutto prezioso dell’intelligenza e del cuore di Comunione e liberazione?
Per due motivi forti e uno debole. Il motivo debole: una qual certa fama di lettore, solo lettore e per di più dilettante di teologia, e per di più fama cui a dire il vero ha contribuito incolpevolmente lo stesso Joseph Ratzinger!
Ma anche per due motivi forti: la sua amicizia e quella, recente, ma già fortissima, perché nutrita da una mia grande ammirazione e da comuni speranze intellettuali, con l’assai coraggioso e meritevole editore Cantagalli, cui si deve la pubblicazione di questo libro.
Questo libro, di cui parlerò, è un libro difficile, ma chiaro; fedele alla vera e ferma tradizione e insieme estremamente moderno, come sempre è, ed è stato, il pensiero di Joseph Ratzinger. È un libro da leggere non certo in poltrona, ma a tavolino con la matita e un blocchetto per appunti a portata di mano.
C’è bisogno, oggi, di aiutare tutti, ma soprattutto i più giovani, a quella che Hegel chiamava esemplarmente la «fatica del concetto»: e cioè la fatica di pensare, di costruire con la mente, di costruire cioè ragionamenti.
Troppo spesso un certo sentimentalismo – contrabbandato talvolta come spiritualità o addirittura come mistica – viene a sostituirsi a ciò che è ineliminabile dall’orizzonte del cristiano credente: l’uso della ragione. Quasi sembra che passando attraverso la ragione, il messaggio sia quasi freddo, non possa cioè giungere al cuore. Come se il cuore albergasse dentro un corpo non fornito di intelletto e fosse da esso disgiunto! Così come d’altronde l’intelletto, in un corpo fornito di cuore, non può essere da esso disgiunto. Non deve essere così perché non è così! Non sarebbe male, ogni tanto, rileggersi un po’ di Tommaso d’Aquino, di Agostino e di Pascal!
È questo un libro anche di estrema e drammatica attualità e che io reputo, più che necessario, provvidenziale, specie di fronte a certi “modernismi postconciliari” che – per eccesso di semplicismo o forse anche per eccesso di “carità” non nutrita di sufficiente dottrina o non “misurata” dalla virtù cardinale della prudenza – hanno dato luogo a percorsi teorici e pratici confusi e che hanno confuso… E alla confusione possono condurre appunto certi percorsi, ad esempio in materia di “ecumenismo”, “dialogo tra le religioni”, rapporto tra filosofia e fede, tra fede e religione, tra religione e conoscenza umana, tra monoculturalismo, interculturalismo e pluriculturalismo, se non ci si sente ancorati alla tradizione, all’insegnamento della Chiesa, al pensiero cristiano dei Padri della Chiesa, agli attualissimi John Henry Newman e Antonio Rosmini.
Questi problemi sono sorti, in realtà, anche per alcune male intese, anche se generose ed entusiaste, “assemblee di preghiera comune” e per alcune non avvertite reazioni sentimentali a documenti quali la Fides et ratio, la Dominus Iesus, il documento sui doveri morali dei cattolici in politica e, per ultimo, a quello sull’Eucarestia.
Il libro di Joseph Ratzinger è illuminante anche su un problema che la lettura superficiale e, forse, non lungimirante e non linguisticamente attenta dei documenti conciliari in materia di ecumenismo, tolleranza, salvezza universale, ha fatto nascere quasi in contraddizione con l’apostolico mandato missionario dato alla Chiesa dal Cristo rettamente basato sull’esclusività ed esaustività della Rivelazione e della Sua figura redentrice: Gesù di Nazareth.
Cattolico come si usava una volta dire “progressista” ai tempi della mia gioventù, “conciliarista arrabbiato”, mi sono poi chiesto forse temerariamente, lo riconosco!, se – salvo certo il suo valore “provvidenziale” – la cultura filosofica e teologica non solo del laicato, quanto e soprattutto del clero, fosse pronta ad accogliere i messaggi, anche profetici, del Concilio Vaticano II, senza pericolosi fraintendimenti e avventurose “fughe in avanti”. Si pensi alla “teologia della liberazione”, e in campo liturgico o ecumenico, a certi travisamenti, storture, leggerezze e superficialità.
C’è, infatti, un errore che accomuna la teologia della liberazione e una certa teologia liturgica, tendente a far prevalere l’assemblea dei fedeli, clero e laicato, sulla funzione personale e vicaria di Cristo che, essendo appunto personale e vicaria, non può essere sostituita da nessun soggetto, sia pure nel caso di una assemblea, ancorché cantante con tanto di tamburi e chitarra!
Lo stesso avviene per la teologia della liberazione dove il progetto storico e al limite politico prevale o si identifica – ciò che è peggio! – con la figura e la realtà del Regno di Dio.
Sono tutte forme che quasi ripetono l’errore del pelagianesimo: quello di considerare l’uomo come capace di operare la sua salvezza da solo, con le sue forze. Queste paure vanno superate secondo una doppia direzione: una solida teologia della grazia gratis data e una altrettanto solida presa in carico, da parte del credente cattolico, della propria responsabilità mondana, così come richiesto al “cristiano adulto” dalla lezione di un grande martire protestante, il pastore luterano Dietrich Bonhoeffer.
Il libro di Joseph Ratzinger è quasi una summa di sana e moderna dottrina per poter affrontare questi problemi che la Chiesa già oggi, ma ancor più domani, dovrà affrontare: la Chiesa che siamo noi tutti! Nella mia leggera – anche se largamente incolpevole! – immodestia, ben rivelata anche da certo mio normale linguaggio, ho ardito consigliare a Joseph Ratzinger e all’amico Cantagalli una nuova edizione del libro: frutto di un rimpasto dei vari contributi in esso contenuti, per renderlo più sistematico e più omegeneo.
Non è certo mia intenzione riassumere qui il ricchissimo contenuto del libro – ché, tra l’altro, non ne avrei né lo spazio né soprattutto la capacità –, data anche la sua vastità e profondità. Indicherò invece, a mo’ di introduzione all’indice di esso, e mi soffermerò poi su ciò che del libro mi ha più colpito e anche consolato.
Anzitutto, di fronte all’“innamoramento” di forti pensatori, pensiamo al colto e pio padre Dupuis sj nei confronti dello spiritualismo orientale e in particolare dell’altissima versione di esso data da Radhakrishnan, grande pensatore religioso e politico, forte e necessaria è l’affermazione incondizionata che Gesù Cristo è l’unica salvezza reale e definitiva dell’uomo. Certo, questo non significa negare che nelle altre religioni si possa scorgere un barlume, anche splendente, di luce e di verità – e ciò certo naturalmente in modo incommensurabile e del tutto proprio nell’ebraismo; ma, se pur distinto, anche in altre comunità, in altre “religioni”: perché la prima alleanza di Dio con Noè non fu certo ancora l’alleanza con un popolo eletto, ma con tutti gli uomini, e di essa sono quindi beneficiari tutti gli uomini in Gesù Cristo, come mirabilmente e compiutamente insegna Paolo di Tarso.
Lasciando a Dio onnipotente le vie straordinarie della grazia, è quindi solo e soltanto nella Chiesa che vi è salvezza; anche se certo lo Spirito Santo può dispensare grazia e salvezza fuori dei visibili confini di essa. La posizione di Joseph Ratzinger, nei termini sopra esposti, è una posizione che tiene insieme, appunto, la libertà dello Spirito con il mandato e la vocazione della Chiesa nella realtà della Rivelazione.
Molto importanti le parole scritte da Joseph Ratzinger sul “cammino di fede”.
Due sono le strade indicate per detto “cammino” dalle religioni storiche: quella “mistica” e quella della “rivoluzione monoteista”. Secondo quest’ultima, il cammino della salvezza è il cammino di donazione della grazia da parte di Dio verso l’uomo; con la prima è il cammino dell’uomo verso Dio, ma dentro l’uomo stesso…
Un problema simile è quello del rapporto tra fede e ragione. La ragione porta ad un Dio che è naturalmente il Dio vero, ma è la Rivelazione che ci fa conoscere il Dio assolutamente e compiutamente vero.
La fede non nasce né da un semplice ragionamento secundum naturam né da una intuizione mistica, ma da eventi storico-concreti e individuati: Dio e Noè, Dio e Abramo, Dio e Mosè: e, esaustivo, il Padre, il Figlio (il Cristo) e lo Spirito Santo, il compimento della Rivelazione nella Redenzione misericordiosa e gratuita!
L’uomo indaga razionalmente il Mistero perché nella sua natura c’è scritto il desiderio di quel Mistero come pegno di felicità: ma la conoscenza piena del Mistero è soltanto dono di Dio!
E sempre mi sono posto il problema se il “credo ut intelligam” non prevalga sull’”intelligo ut credam”!
E Gesù, il Cristo, è il Logos incarnato, non solo ha avuto, ma ha una carne! In eterno! E “carne” è il nostro essere e il nostro intelletto, per sempre.
Donde certo la legittimità e la doverosità della ricerca razionale più alta, la filosofia. E grande valore hanno qui le intuizioni coraggiose e le deduzioni di Joseph Ratzinger: l’insufficienza della cosiddetta “neoscolastica” nel dimostrare i cosiddetti preamboli della fede e l’appartenenza alla vera filosofia non solo di Agostino e Tommaso, ma anche di Pascal e Kierkegaard, di Gilson e Rosmini; e anche di altri grandi pensatori ebrei quali Buber e Levinas. All’elenco della Fides et ratio, egli, Joseph Ratzinger, vorrebbe che fossero aggiunti anche due altri grandi pensatori, Max Scheler e Bergson, uomini di fede, l’ultimo alle soglie della Chiesa.
E se Cristo ha un corpo, lo ha anzitutto nel tempo e nella storia: e la Storia “piena” è quindi anche e soprattutto storia della Redenzione.
E se Cristo ha un corpo, in rapporto con Cristo e con la fede (l’evento e l’adesione ad esso), la parte più spirituale del corpo naturale dell’umanità è la cultura, intesa come insieme di valori e conoscenze, che maturano sotto i valori e con i valori nella storia temporale dei popoli.
Il cristianesimo non può certo esser monoculturale: ma non può incarnarsi in tutte le culture, ma solo nelle culture che consentono: … “grano, loglio ed ortica!”.
Non Joseph Ratzinger, certo, ma io sono piuttosto “occidentalista” e non tanto in senso “eurocentrico” quanto “euroindoasiatico”!
Così credo che come delle culture fanno parte le “religioni”, la cultura in cui a mio avviso meglio e più compiutamente, in termini storici e di pensiero, si è umanamente espresso l’Evento, è certamente la cultura giudeo-cristiana innestata sul tronco ellenico, cioè la cultura europea!
Ed è per questo che, con il protestante Novalis, posso pensare ad una Chiesa senza Europa (ma egli, luterano non la pensava invero così!), ma non posso certo pensare ad una Europa senza il fondamento della cultura cristiana!
Il mondo come creazione, l’uomo come persona e la vicenda umana come storia non ciclica ma che è storia unica tendente a una Salvezza, sono l’eredità di chi nel nostro Occidente?
Sono o non sono concetti assolutamente fondamentali sui quali si sono costruiti secoli di storia del pensiero, della cultura e anche delle istituzioni?
E non sono le radici cristiane ad averli prodotti?
Un ultimo argomento, tra i moltissimi trattati da Joseph Ratzinger e di cui voglio fare un cenno, mi ha colpito. La fede nella verità: una verità esclusiva è compatibile con la “tolleranza”? Qui sovviene la dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa Dignitatis humanae.
Forse noi cattolici troppo tardi abbiamo scoperto che la libertà religiosa del cittadino si basa non solo sui principi di eguaglianza giuridica e di laicità dello Stato, ma anche e soprattutto sullo stesso concetto cristiano di fede e di salvezza, che è libera accettazione del Dio che viene verso di noi nel cammino della grazia per la Salvezza, Salvezza che non salva senza la libertà!
Senza la libertà non vi può esser vera Fede e cioè Salvezza, né per il cristiano né per qualunque uomo. Perché l’Amore si dona e non si impone; si ricambia e non lo si subisce.
Qui termina il mio assai incompleto pensare e scrivere. Certo Joseph Ratzinger esposto da Francesco Cossiga è cosa ben modesta!
Ma spero di avervi con il mio scritto almeno sollecitato a sedervi su una sedia con una matita in mano e con accanto qualche foglio bianco per prendere appunti (io vi consiglierei invero anche… a lume di candela!) per leggere: Fede, verità, tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo .
E non abbiate ritegno a sottolineare con la matita il libro! Non sottolineare il libro con la matita è come non abbracciare e baciare una persona amata!
Una confessione: leggendo questo libro (facilitato dal clima silenzioso e amorevole di una camera d’ospedale), mi sembrava di respirare un’aria che mi pareva di aver già respirato e sentito, come un profumo che avessi già colto! E mi rammentai di alcune magnifiche pagine di Blaise Pascal, cristiano, che vi leggo:
«Anno di Grazia 1654, Lunedì 23 novembre, giorno di san Clemente papa e di altri nel martirologio, vigilia di san Grisogono martire e di altri, dalle 10,30 circa a sera, sino alle 00,30. Fuoco, di Dio di Abramo, di Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei dotti, fortezza, gioia, pace, Dio di Gesù Cristo, Deum meum et Deum vostrum. Il tuo sarà il mio Dio, oblio di tutto fuorché di Dio, lo si trova soltanto per le vie insegnate dal Vangelo, “grandezza dell’anima umana, Padre giusto. Il mondo non ti ha conosciuto, né io ti ho conosciuto, che io non debba essere separato da Lui in eterno, fra pianti di gioia mi sono separato da lui: dereliquerunt me fontem aquae vivae, non mi abbondonerai; questa è la vita eterna: che riconoscano te solo Dio e colui che hai inviato Gesù Cristo”: “Mi sono separato da lui, l’ho fuggito, l’ho rinnegato, l’ho crocifisso: che non debba esserne separato, lo si conserva soltanto per le vie insegnate dal Vangelo, in gioia per l’eternità, per un giorno di esercizio sulla terra…”».