Claudio Martelli qualche sera fa a Stasera Italia, il programma di approfondimento politico di Barbara Palombelli in onda su Rete4, aveva espresso la sua opinione in merito all’incapacità che ha avuto il nostro Paese nel gestire l’ondata pandemica dovuta al Covid-19: «…il professor Sirchia aveva, anni fa dopo la Sars, raccomandato e costituito una unità all’interno del ministero per il monitoraggio e il controllo di tutte le malattie epidemiche che poi fu smantellata con la solita demenza di chi arriva e deve smantellare ciò che è stato fatto dal sindaco o dal ministro precedente…».
Poche parole per fare comprendere che, con ogni probabilità, già ai tempi della Sars, la malattia identificata nel 2002 per la prima volta dal medico italiano Carlo Urbani (poi deceduto a causa della stessa) che divenne pandemica durando un paio d’anni e causando morti in gran parte del mondo, era stata organizzata una task force di scienziati che fosse in grado di tenere sotto controllo a livello planetario le evoluzioni delle infezioni da virus. «Nel 2003 con la Sars ci siamo trovati in una situazione analoga ad oggi con una pandemia pericolosa ed una mortalità importante che si attestava attorno al nove per cento. Fortunatamente si riuscì ad arginare ogni cosa in quanto la contagiosità rispetto al Covid-19 era nettamente più bassa». Così parla Girolamo Sirchia, già Ministro della Salute nel governo Berlusconi dal 2001 al 2005 che si trovò a gestire quella importante emergenza sanitaria dettata dalla Sars. Una emergenza che mise immediatamente sotto stress gran parte del mondo.
Come vi siete organizzati nel 2002 per combattere la Sars?
«Innanzitutto guardando cosa facevano gli altri Paesi. In America, per esempio, esisteva già il Centers for Disease Control and Prevention, in italiano centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (acronimo CDC)».
Cosa sono esattamente?
«Sono un importante organismo di controllo sulla sanità. Il CDC è un’agenzia federale degli Stati Uniti, facente parte del Dipartimento della Salute con la sua sede principale ad Atlanta. Il suo obiettivo principale è proteggere la salute e la sicurezza pubblica attraverso il controllo e la prevenzione di malattie, concentrandosi principalmente sulle malattie infettive. In un mondo globalizzato il rischio di pandemie e grandissimo ed alta deve rimanere l’attenzione per quanto riguarda l’igiene nelle città».
E come funziona il CDC?
«Ogni paese ha un gruppo costante di scienziati (il proprio CDC) che è inserito in una rete internazionale che continuamente condivide le informazioni anche sui virus. Così quando appare un rischio di pandemia si cerca subito di capire quali paesi possono essere coinvolti. Si inizia a valutare il rischio, si prepara un piano di contrasto che, variando di nazione in nazione, cerca di prevedere gli scenari economici, sociali e naturalmente medici; questi scenari diventano, in tempo reale, parte di un piano che è mandato al governo».
Noi un CDC non l’abbiamo mai avuto?
«Noi l’abbiamo costituito e finanziato dapprima con un decreto legge 81/2003 e poi con una legge, la 138/2004, che prevedeva fosse finanziato ogni tre anni… l’abbiamo affidato al grande epidemiologo Donato Greco. L’obiettivo era quello di non trovarsi in mezzo alla bufera come è accaduto per il Covid-19».
Questo gruppo di scienziati per quanto tempo ha lavorato?
«L’iniziativa del CDC è stata finanziata fino al 2012 e poi è stata smantellata». E come mai? «Perché ad un certo punto si è pensato alla “spending review”, all’economia e ci siamo messi nelle mani solo degli economisti. Il nostro nuovo Dio era l’economia e basta, dovevano tagliare e ottimizzare».
E in Europa?
«Vale la stessa cosa. I centri per la prevenzione e il controllo delle malattie sono stati smantellati in gran parte d’Europa. A oggi sono ancora attivi oltre che negli Stati Uniti, anche in Corea e in Cina».
Una scelta strategica quella della spending review?
«Certo che sì! Sono state tagliate le spese della sanità, dell’istruzione, della ricerca; tutti quei settori che in realtà sono decisivi per il nostro futuro».
Questo ha generato il caos attuale?
«Certamente non c’è stata programmazione scientifica e, mi creda, rispetto al disastro in atto ci stiamo comportando tutti benissimo».
Ma oltre alla programmazione cosa si può fare adesso?
«La programmazione è sempre più necessaria perché il mondo globalizzato andrà sempre più verso queste violente pandemie, ma adesso due sono le soluzioni fondamentali».
Il vaccino?
«Il vaccino ad oggi non ha superato la fase tre e mancano ancora molte certezze. Credo che le strade maestre siano sostanzialmente altre due. Una riguarda gli anticorpi monoclonali che prendendo il plasma di chi ha superato l’infezione lo elabora in laboratorio sintetizzandolo e mettendolo poi in produzione. La seconda strada è la chimica attraverso i farmaci antivirali».
Queste cose vengono secondo lei dette con chiarezza in televisione?
«Credo che ci sia tanta confusione perché spesso accade che in televisione ciò che piace spesso non informa e quindi non è utile».
Lei è stato ministro della Salute. Che esperienza è stata?
«Io sono appassionato di salute pubblica perché si possono ottenere grandi risultati con pochissimo sforzo economico. Quando mi hanno nominato ministro ho immediatamente fatto una agenda delle priorità».
E quali sono state?
«Al primo punto il miglioramento della salute e, se esistevano lobby che lavoravano a favore del fumo, io ragionavo sui diritti dei non fumatori. La legge contro il fumo nei luoghi pubblici è stata davvero importante».
Sperava di riuscirci?
«Sinceramente no. Ci sono state personalità al ministero della Salute molto importanti che non sono riuscite a portare a compimento questa legge. Parlo soprattutto del professor Umberto Veronesi che venne quasi sbeffeggiato per la sua avversione al fumo».
Cosa pensa invece dei negozi che vendono marijuana a bassa dose di THC?
«Penso che sia profondamente sbagliato perché comunque i cannabinoidi producono effetti devastanti sul cervello e i polmoni, senza dimenticare le alterazioni nel comportamento. E comunque dietro la cannabis come il tabacco ci sono interessi enormi».
Lei è stato anche assessore a Milano con il Sindaco Albertini. che ricordo ne ha?
«Un uomo pulito ed integerrimo è stato un punto di riferimento vero per la città di Milano. Ad Albertini mi lega anche una profonda amicizia».
Lo vedrebbe bene ancora alla guida della città?
«Glielo chiedo sempre…».
26 ottobre 2020
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