In Germania il V-Day ha subito rallentamenti per problemi legati alla catena del freddo. Anche l’Italia rischia se non segue il modello a “flusso teso”
In Germania il V-Day è iniziato con qualche intoppo. In alcune città, in particolare in Baviera, la somministrazione delle prime dosi del vaccino Pfizer è stata rallentata, se non cancellata, per alcuni problemi legati alla “catena del freddo”, cioè la corretta conservazione del vaccino durante tutte le fasi di logistica, con spostamenti e immagazzinamento delle fiale. Un migliaio circa di dosi potrebbe infatti essere stato esposto a temperature più alte del previsto (+15°), con il rischio di minare l’efficacia del farmaco. Problema inaspettato? E potrebbe succedere anche in Italia? “La Germania – risponde Luca Lanini, professore di Logistica all’Università Cattolica di Piacenza e membro del comitato scientifico del Freight Leaders Council – ha molto probabilmente affrontato in anticipo un problema con cui altri paesi si confronteranno più avanti, perché la catena del freddo è una filiera molto difficile da gestire”.
Quali sono i punti critici della catena del freddo?
Il punto critico non è certo a monte, perché i due container da 2 metri cubi di box Pfizer che contengono le 4.975 fiale, ciascuna delle quali con 5 dosi, trasportato dai furgoni è ermeticamente chiuso e tale arriva nel punto di approdo in Italia. Più delicato è il passaggio successivo.
Quale?
Ogni box è diviso in 5 micro-box contenenti circa mille dosi ciascuno, e il problema sorge nel momento in cui viene scaricato dal furgone e aperto.
Perché?
Le regole della Pfizer prevedono che questi box vengano aperti per pochissimi secondi, al massimo un minuto o due, e il viaggio deve essere effettuato con contenitori di ghiaccio secco sempre a portata di mano. Quando, però, si deve suddividere a loro volta questi micro-box, magari per utilizzare gruppi di 100, 200 o 300 dosi, l’operazione va effettuata il più velocemente possibile e il trasbordo va gestito con scatole più piccole riempite di ghiaccio secco. Non sappiamo come questo avvenga, ma è il procedimento che garantisce la catena del freddo. Così può arrivare al frigorifero di un ospedale o di una Rsa, che nel frattempo devono essersi dotati di frigoriferi con temperature a -80°.
In pratica, non ci devono mai essere in alcun modo sbalzi di temperatura?
Esatto. La prima “rottura di carico”, come si dice in gergo, può avvenire quando si apre il grande box per estrarre i 5 più piccoli, mentre la seconda “rottura” può avvenire quando si decide di distribuire in più lotti le mille dosi. Anche l’inserimento nel frigorifero deve essere eseguito senza sbalzi termici. E qui arriva l’ultima possibile “rottura di carico”.
In che modo?
E’ il momento della somministrazione vera e propria. Dal frigorifero vengono estratte le fiale per la loro preparazione e la vaccinazione deve avvenire subito, perché va garantito un difficile mantenimento della temperatura già mentre si succedono le pratiche mediche e sanitarie per la sua inoculazione.
Questo significa che i pazienti da vaccinare devono essere pronti, senza file o lunghe attese, giusto?
Sì. In caso contrario potrebbero insorgere dei problemi. Ecco perché sarebbe auspicabile che la somministrazione avvenga in pochissimi punti, gestendo una massa maggiore di dosi. L’unità di misura dovrebbe essere quella delle mille dosi al giorno.
A proposito di dosi, è scoppiata la polemica sul fatto che in Germania nel V-day ne siano arrivate molte di più che negli altri paesi. Ma se avessimo avuto tanti vaccini come in Germania, avremmo saputo dove stoccarli? Abbiamo già strutture adatte?
La catena del freddo è come il gioco dell’oca, ogni passaggio è concatenato. Non so come siano strutturati i 300 punti di stoccaggio, ma immagino siano state previste grosse celle frigorifere. Se però tutto arriva lì, e poi non c’è a valle il processo di smistamento, si blocca tutto. Per usare un’espressione tecnica, in questa campagna vaccinale, logisticamente parlando, va messo in campo un modello di “flusso teso”.
Che cosa significa?
Che il flusso è come una corda costantemente in tensione, che non ha mai interruzioni. Il passaggio deve essere continuo e fluido, altrimenti se ci sono dei nodi ci si ferma e si rischia di non garantire l’efficienza della catena del freddo fino al punto di somministrazione. La domanda è: abbiamo un piano dettagliato su questo, relativo non solo ai luoghi ma anche al personale addetto a questa operazione?
L’Italia dovrà gestire ogni settimana 470mila dosi. Causa maltempo, entro domani arriverà il secondo carico del vaccino Pfizer in partenza dal Belgio con 450mila dosi. Lo smaltimento in 7 giorni può creare dei problemi? Siamo in grado di garantire un’adeguata catena del freddo?
Non sarebbe complicato in sé, con il modello del “flusso teso”, gestire la catena del freddo per 450-470mila dosi, che corrispondono all’invio, che avverrà solo di lunedì, delle dosi settimanali dallo stabilimento di Puurs, in Belgio. Tecnicamente, però, saremmo al limite, perché più passano i giorni, più si rischiano interruzioni e più diventa complicato e pericoloso gestire le “rotture di carico”. Ma il problema è un altro.
E sarebbe?
Siccome l’obiettivo del governo è vaccinare 9 milioni di persone al mese, ciò significa gestire 300mila dosi al giorno. Quindi bisogna fin da subito imparare a smaltire queste 450mila dosi in 3-4 giorni, perché questo sarà il ritmo futuro, quando si andrà a regime.
Il V-Day è andato bene, i primi soggetti vaccinati hanno detto che l’intera operazione dura una trentina minuti, compreso il tempo di decantazione per l’eventuale insorgenza di effetti collaterali. E’ una tempistica che può reggere anche su volumi maggiori?
I dati ufficiali della Pfizer parlano di 35 minuti di decantazione. La tempistica deve funzionare alla perfezione, con un flusso continuo, senza creare code, con entrate e uscite molto snelle.
Potremmo non riuscire a star dietro alle consegne previste dal cronoprogramma della Pfizer?
Il tempo di consegna, impostato a monte, per arrivare a valle deve essere studiato in totale sincronia. E’ la regola della logistica, perché senza fluidità è molto probabile incappare in strozzature a valle.
Come riportato dall’Ansa, “prefetti e Comitati provinciali per l’ordine pubblico entreranno a breve in campo per la copertura dei servizi di sorveglianza e di scorta dei vaccini nei vari territori da parte delle forze dell’ordine”. Significa che un piano per la sicurezza e la protezione dei vaccini non è ancora stato elaborato?
La security è una preoccupazione, perché ogni furgone della Pfizer che parte da Puurs viaggia con un carico che vale 600mila euro. Ho l’impressione che non esista ancora un piano dettagliato in tal senso.
Il piano del commissario Arcuri è ancora pieno di ombre?
Primo: c’è un problema serio di mancanza di un’analisi sulle economie di scala del personale sanitario necessario. Secondo: rimane l’incertezza sulla gestione logistica dei punti vaccinali, un punto totalmente oscuro. Terzo: abbiamo lavorato su un hub aereo unico che non ha senso se pensiamo alla discrasia di una distribuzione che avviene soprattutto su gomma. Quarto: bisogna cominciare a parlare dell’efficienza dei costi, perché non è pensabile che per un anno possano volare 5 aerei militari per un solo carico di appena uno o due metri cubi. Quinto: tutti i paesi hanno definito i tre flussi legati a ospedali, Rsa e territorio. Adesso vediamo il film sui primi due, che sono una minima parte, ma non ci fanno minimamente capire come sarà la vera sfida, quella sui grandi numeri del territorio. Diciamo così: il masso della campagna vaccinale ha cominciato a rotolare a monte e non si può più fermare, ma non abbiamo ancora disegnato la pista su cui farlo scendere a valle.
(Marco Biscella)
29.12.2020
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