Uno studio dimostra che nessuna mutazione finora emersa, per quanto pericolosa, è in grado di evadere la risposta immune di tutti i pazienti e per tutto il tempo. Significa che la vaccinazione su larga scala renderà la vita difficile a Sars-CoV-2. Sempre che non si lascino i vaccini nei frigoriferi e il virus libero di evolvere.
Che effetto possono avere sull’immunità vaccinale le mutazioni che stiamo imparando a conoscere perché, sotto il nome di “variante inglese”, “variante sudafricana”, eccetera, stanno invadendo i titoli di giornali e telegiornali? Per capire quali mutazioni possono essere pericolose in vista delle vaccinazioni di massa, è necessario un tipo di dati specifico, che si può ottenere solo in laboratorio e non dall’osservazione epidemiologica: bisogna vedere se gli anticorpi presenti nel siero di pazienti convalescenti sono o meno in grado di legare il virus che porta la mutazione che si vuole investigare e, anche ammesso che il legame si osservi, se quegli anticorpi sono neutralizzanti, cioè se riescono a impedire al virus di infettare le cellule umane “in provetta”. Bene: i dati corrispondenti a questo tipo di esperimenti sono stati appena rilasciati da un gruppo di Seattle, negli Stati Uniti. Anche se si tratta di un preprint, le informazioni contenute in esso sono di sicuro interesse e sono coerenti con molti singoli esperimenti particolari pubblicati in precedenza.
Innanzitutto, i ricercatori hanno dimostrato che la capacità neutralizzante dei sieri di 11 pazienti convalescenti dipende in larga misura dal fatto che quei sieri contengano anticorpi in grado di legare il dominio Rbd della proteina spike del virus; se questi anticorpi sono eliminati artificialmente, il siero dei pazienti perde in grandissima parte la sua attività neutralizzante. Dunque, è stato giusto utilizzare la proteina spike nei vaccini.
Successivamente, i ricercatori hanno valutato la capacità di 23 mutazioni diverse nel domino Rbd della proteina spike (tutte le più importanti conosciute) di conferire al virus la capacità di “evadere” la risposta anticorpale, azzerando o abbassando di molto la capacità degli anticorpi nel siero dei pazienti di legare e neutralizzare il virus.
Il primo, importante risultato è che la capacità degli anticorpi dei pazienti di riconoscere il virus è negativamente influenzata solo da poche fra le mutazioni studiate, in modo preponderante da quelle in posizione 484 della proteina spike. Questa mutazione, presente nello 0,1 per cento di tutti i virus sin qui sequenziati, fra cui alcune linee emergenti in Sudafrica e in Brasile, può davvero rendere meno efficaci i vaccini attuali; tuttavia, anche solo fra gli 11 pazienti studiati si è potuto notare che alcuni individui continuano a neutralizzare anche il virus mutante, e la stessa eterogeneità si può notare anche per gli effetti di altre mutazioni (ad esempio G446V). Dunque anche queste pericolose mutazioni non sono poi in grado di abbattere la risposta immune se non in una porzione selezionata di pazienti.
In secondo luogo, come atteso, molte delle mutazioni studiate non hanno effetti sul riconoscimento anticorpale: il siero dei pazienti, con i relativi anticorpi, è risultato indifferente alla mutazione della “variante inglese” N501Y.
In terzo luogo, si è osservata eterogeneità non solo fra pazienti diversi, ma anche nello stesso paziente al variare del tempo: in alcuni, la mutazione G446V al giorno 18 post-infezione aveva un effetto drammatico per quel che riguarda la capacità del virus di evadere la risposta immune, mentre al giorno 94 non ne aveva per nulla, a indicare che il paziente, nel frattempo, aveva sviluppato ulteriori anticorpi, in grado comunque di neutralizzare anche il virus mutante.Cosa possiamo imparare da questi e altri risultati descritti nello studio in questione? Innanzitutto, che nessuna mutazione finora emersa, per quanto pericolosa, è in grado di evadere la risposta immune di tutti i pazienti e per tutto il tempo. Questo significa che la vaccinazione su larga scala, in ogni caso, renderà la vita difficile al virus, diminuendo la sua trasmissibilità perché diminuiranno (e di molto) i soggetti suscettibili.
La lezione più importante, tuttavia, consiste nella dimostrazione di come si possa rapidamente arrivare a identificare le mutazioni immunoevasive. Queste mutazioni aumenteranno sotto la spinta selettiva delle vaccinazioni di massa. Tuttavia, il metodo illustrato, unito alla tecnologia dei vaccini a Rna, che è in grado di adattare la formulazione molto rapidamente ai nuovi mutanti, per la prima volta ci dà la possibilità di bloccare il pericolo in tempo reale; sempre che, dopo avere chiesto alla ricerca scientifica, alle aziende farmaceutiche e alle agenzie regolatorie di fare in fretta, non si lascino i vaccini nei congelatori e il virus libero di evolvere.
Enrico Bucci
Il Foglio
6 Gennaio 2021