“L’ecologia non sia un’ideologia paramarxista che vuole ‘liberare la natura’”. Intervista a Marc Fontecave del Collège de France, autore di “Halte au catastrophisme!”
“La storia dell’umanità è piena di annunci di disastri, che però non si sono mai verificati. Thomas Robert Malthus, nel 1798, annunciò che a causa della sovrappopolazione l’umanità non avrebbe avuto abbastanza cibo per sopravvivere, ma si sbagliava. William Stanley Jevons, nel 1868, all’epoca della Rivoluzione industriale, annunciò l’imminente crollo della società per la mancanza di riserve di carbone. I catastrofisti del XX secolo avevano previsto che la produzione alimentare non sarebbe riuscita a soddisfare le esigenze dell’umanità, come diceva il rapporto Meadows del 1972. Si sbagliavano tutti. Nel 2007, nel suo discorso per il Premio Nobel, Al Gore, che ha mirabilmente cavalcato l’onda catastrofista per ricevere questo premio, in modo del tutto ingiustificato, ha osato annunciare che la calotta del Polo nord sarebbe scomparsa durante l’estate di sette anni dopo, nel 2014! Siamo nel 2021 e non è ancora successo. Questo catastrofismo, che non è nuovo, non ha una solida base scientifica”.
“La quarantena è definitiva”, scrive Bruno Latour, sociologo e antropologo francese, nel suo nuovo libro “Où suis-je”. La tesi è chiara: l’antropocene è in crisi, Gaia si è vendicata, il nostro “stile di vita” è malato e, anche una volta sconfitta la pandemia, non si deve uscire dal contenimento. Non si torni indietro, per il bene del pianeta. “Fermate il catastrofismo!”, chiede invece Marc Fontecave, scienziato di fama internazionale esperto di chimica bioinorganica, docente al Collège de France di Parigi, dove dirige il laboratorio di Chimica dei processi biologici ed è membro dell’Accademia francese delle scienze. “Halte au catastrophisme!”, il titolo di Fontecave appena pubblicato da Flammarion. Si dice infastidito da questa “malattia infantile dell’ecologia” di cui i Latour sono espressione ed esponenti. “L’idea di un incombente disastro ambientale non è nuova, ma è parte integrante dell’ecologia”, dice il professor Fontecave al Foglio.
“La storia dell’umanità è piena di annunci di disastri, che però non si sono mai verificati. Thomas Robert Malthus, nel 1798, annunciò che a causa della sovrappopolazione l’umanità non avrebbe avuto abbastanza cibo per sopravvivere, ma si sbagliava. William Stanley Jevons, nel 1868, all’epoca della Rivoluzione industriale, annunciò l’imminente crollo della società per la mancanza di riserve di carbone. I catastrofisti del XX secolo avevano previsto che la produzione alimentare non sarebbe riuscita a soddisfare le esigenze dell’umanità, come diceva il rapporto Meadows del 1972. Si sbagliavano tutti. Nel 2007, nel suo discorso per il Premio Nobel, Al Gore, che ha mirabilmente cavalcato l’onda catastrofista per ricevere questo premio, in modo del tutto ingiustificato, ha osato annunciare che la calotta del Polo nord sarebbe scomparsa durante l’estate di sette anni dopo, nel 2014! Siamo nel 2021 e non è ancora successo. Questo catastrofismo, che non è nuovo, non ha una solida base scientifica”.
Sappiamo, dice Fontecave, che il pianeta sta sperimentando un riscaldamento globale e che fra le cause ci sono le attività umane. Per lo scienziato francese banalmente è il secondo principio della termodinamica, pura entropia. “Ma non è chiaro con quali probabilità, in che misura e con quale rapidità, si realizzeranno le conseguenze di questo riscaldamento, come l’innalzamento del livello del mare, l’acidificazione degli oceani, la desertificazione, l’impoverimento della biodiversità, la riduzione della disponibilità di risorse come l’acqua potabile o alcuni metalli. L’altra caratteristica di questo catastrofismo, come tutti i precedenti, è che non include la possibilità che, grazie al genio, alla conoscenza, alla scienza e alla tecnologia, l’umanità possa affrontare la crisi. Si tratta di un catastrofismo tecnofobico: la scienza non è più vista come fonte di progresso, ma di disgrazie e di degrado. Essa richiede un profondo, si potrebbe dire rivoluzionario, capovolgimento di natura ideologica, che nei paesi ricchi si traduce in un richiamo alla decrescita, alla sobrietà, come unica strategia per la difesa della natura”.
Il neo-malthusianesimo è al centro di questo radicalismo verde. “Ci sono paure e ansie che colpiscono i cittadini di fronte all’ampiezza delle varie crisi che stiamo affrontando. Non tutti i paesi sono colpiti allo stesso modo. La Francia è uno dei paesi europei che più soffre di questo pessimismo e perdita di fiducia. Pessimismo e diffidenza si combinano per rafforzare la convinzione che il disastro sia inevitabile e imminente. All’estremo, questi sentimenti possono essere colorati di cospirazione, con l’idea che forze oscure, lobby industriali e politiche, perseguano un progetto di distruzione della natura”. L’altra spiegazione del catastrofismo è il suo contenuto politico. “Dopo la caduta del comunismo, con i successi della globalizzazione che ha sollevato centinaia di milioni di persone dalla povertà, soprattutto nei paesi emergenti, il movimento anticapitalista si è ritirato e ha perso vigore. Il cambiamento climatico e il degrado ambientale offrono una nuova e formidabile opportunità per puntare ancora una volta il dito contro il sistema capitalista come unico responsabile delle disgrazie dell’umanità. Sarebbero un’ulteriore, e forse definitiva, prova dei fallimenti del capitalismo, produttivista e consumista, che domina incontrastato, nel garantire lo sviluppo armonioso del pianeta. Ma questo nuovo anticapitalismo è una sorta di inversione dell’anticapitalismo marxista e comunista. Il problema non è più che questo sistema favorisce alcune classi rispetto ad altre, rafforzando le disuguaglianze; il problema non è più lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, di cui non si parla più. Il sistema capitalistico è visto solo in termini di impatto negativo sulla natura. Non ci sono più lotte di classe, sfruttati e sfruttatori. C’è l’uomo, lo sfruttatore, e la natura, lo sfruttato. La ‘liberazione’ della natura giustifica una massiccia diminuzione della crescita, motore essenziale di una rivoluzione non più sociale ma ambientale, volta alla costruzione di una nuova società frugale. Questo progetto porterà invece a un massiccio impoverimento dell’umanità. Dopo essere stata ricca, in una natura continuamente degradata, eccola qui, questa umanità, certamente miserabile, ma in una natura di nuovo in fiore. Non ci sarà più bisogno di ricerca e innovazione tecnologica e la transizione energetica diventerà secondaria”.
Una visione ecologista con al centro l’uomo è stata sostituita da una da “fine del mondo”. “Ci sono sempre stati pensatori, ideologi, sette, che hanno creato un’atmosfera da fine del mondo”, ci dice Fontecave. “Ma ci sono sempre stati anche ecologisti pragmatici. Se guardiamo agli impegni presi dagli stati, anche se non vengono mantenuti perché non sono sostenibili, agli investimenti fatti dalle aziende più efficienti dal punto di vista energetico, alle emissioni di gas serra, che sono diminuite, nei trasporti, nelle abitazioni, nella produzione di energia elettrica, per lo stoccaggio di energie rinnovabili, vediamo che c’è una vera coscienza ecologica. Si tratta di un’ecologia pragmatica, che utilizza la forza della conoscenza. Anche nel mio laboratorio giovani ricercatori sono impegnati a costruire dispositivi tecnologici per la fotosintesi artificiale, che imitano la fotosintesi attuata dagli organismi viventi fotosintetici, permettendoci così di utilizzare l’energia solare per produrre ‘combustibili solari’, come l’idrogeno o l’etanolo. Ma l’ideologia catastrofista sta ora trovando un’eco sempre più favorevole. Tutta la storia dell’umanità è fatta da una serie di progressi tecnologici per ottimizzare il consumo energetico, su un pianeta di cui conosciamo i limiti”.
Freeman Dyson, il grande fisico del Mit scomparso un anno fa, diceva che l’ecologismo è diventato una forma di religione laica, opinione condivisa anche dal filosofo tedesco Peter Sloterdijk. “Ha tutto di una religione”, dice Fontecave. “E’ la costruzione di una nuova morale dettata da una minoranza, in nome di un bene comune di cui solo essa avrebbe la consapevolezza e il dovere di imporla agli altri attraverso una nuova polizia morale. La storia dimostra che questo tipo di moralità, che invita l’uomo a una maggiore ‘purezza’, ha portato a tragedie spaventose”. C’è il paradosso dei Verdi che, pur lottando per il clima, non vogliono saperne del nucleare. “Nessuna energia a bassa emissione di carbonio è priva di inconvenienti. Ci sono troppi vincoli scientifici, tecnologici ma anche economici e sociali, perché la nostra energia sia al cento per cento rinnovabile. L’energia nucleare non emette alcun gas serra, l’abbiamo padroneggiata e abbiamo dimostrato di poterla utilizzare su larga scala. Tutti i paesi, tra cui la Francia, che fanno grande uso di energia nucleare e idroelettrica, sono virtuosi in termini di emissioni di gas serra. Capisco bene che alcuni abbiano paura dell’energia nucleare, le scorie e gli incidenti sono i principali inconvenienti di questa energia. Ma il genio dell’umanità e la potenza della conoscenza, che ci hanno già permesso in Francia e altrove di disporre di energia nucleare, ci permetteranno di trovare soluzioni tecnologiche per il trattamento delle scorie e la sicurezza delle centrali”.
Gli ambientalisti non sembrano preoccupati per l’inquinamento cinese, ma si concentrano esclusivamente sull’occidente, che i compiti a casa sul clima li sta facendo da tempo. “E’ la volontà di vincere la battaglia ideologica, a qualsiasi costo, anche con la disinformazione e la menzogna. Ammettere che in Europa stiamo facendo meglio che altrove rovinerebbe la loro lotta. Infatti, va ricordato, come pochi sanno o vogliono ammettere, che lo sviluppo in Europa dell’energia solare e della mobilità elettrica è attualmente in corso a costo di notevoli danni ambientali in Cina, il principale produttore di materiali per pannelli solari e batterie elettriche”. La quarantena da Covid è stata salutata da molti ambientalisti come un dono della natura e in Francia si parla di introdurre un nuovo reato, l’“ecocidio”. Sembra che l’umanità sia colpevole di esistere. “Queste dichiarazioni, che in effetti hanno fatto scalpore sull’etere e sui giornali, sono scandalose. Ma perfettamente coerenti con il mondo che queste persone vogliono per l’umanità: miseria, ripiegamento su se stessi, libertà limitate. Per salvare la natura, l’uomo deve scomparire. E’ questa ideologia che deve essere combattuta senza pietà”. Non sarà facile. Greta Thunberg è stata appena immortalata in un francobollo svedese. In questo sabba ecologista si respira davvero un brutto clima.
Giulio Meotti
Il Foglio
19 Gennaio 2021