È l’ultimo giro di pista di Angela Merkel, una delle sue ultime apparizioni a una conferenza internazionale prima di passare la mano in settembre dopo sedici anni. Forse per questo, la cancelliera tedesca è a suo agio come mai prima nelle vesti di leader europeo: capace almeno di cercare un ruolo della contrapposizione fra Cina e Stati Uniti per il vecchio continente, senza cadere nella trappola dell’equidistanza fra democrazia e autoritarismo
Martedì 26 gennaio 2021, al World Economic Forum, Merkel non ha risparmiato frecciate nei confronti di Pechino e non ha esitato a ricordare quali sono i fronti aperti con l’amministrazione americana di Joe Biden. In particolare, riguardo all’origine di Covid-19 e della gara internazionale all’accaparramento dei vaccini per uscirne.
Il contagio e le responsabilità della Cina
«Non siamo stati trasparenti come avremmo dovuto essere riguardo alla nascita in Cina della pandemia e questo coinvolge anche l’Organizzazione mondiale della sanità», ha detto la cancelliera. La sua è stata un’accusa piuttosto esplicita al regime di Pechino di aver nascosto la progressione del contagio a Wuhan nel gennaio del 2020 e il fatto che il virus potesse passare da persona a persona. Le critiche della leader tedesca naturalmente hanno investito anche l’Oms, che un anno fa era impegnato a difendere la posizione cinese contro ogni evidenza scientifica.
«Adesso dobbiamo guardare avanti – ha aggiunto Merkel al World Economic Forum –. Una squadra dell’Oms è in Cina (per accertare le origini dell’epidemia, ndr) e dobbiamo rafforzare questa organizzazione per questo». L’invito a Pechino a non ostacolare l’indagine non era difficile da leggere fra le righe.
Poi però la cancelliera è passata a rispondere all’accusa portata lunedì da Xi Jinping, il leader cinese, agli Stati Uniti e all’Occidente: il voler stabilire una gerarchia internazionale basata sull’adesione ai modelli democratici. Aveva detto ieri al World Economic Forum il leader cinese: «Le differenze nella storia, nella cultura e nei sistemi sociali non devono diventare una scusa per l’antagonismo e per lo scontro. Dovremmo rispettare le differenze fra noi ed evitare di immischiarsi negli affari interni degli altri». Così di fatto l’uomo forte di Pechino ha lanciato la sua diffida agli americani e agli europei, perché non si occupino della persecuzione di massa degli uiguri nello Xinjiang, della soppressione con la forza di ogni autonomia politica a Hong Kong o dell’occultamento delle origini della pandemia a Wuhan.
La reazione di Merkel è stata tipica di una leader nel suo ultimo anno, libera di parlare in modo diretto. Anche a costo di essere più abrasiva del solito. «C’è una questione su non siamo in immediato accordo (con Xi Jinping, ndr)», ha detto. «Cosa significa quando si pone la questione dei modelli sociali? Dove inizia l’interferenza e dove finisce, quando si prende posizione per valori di base che sono indivisibili?»
Il regime di Pechino e le violazioni dei diritti umani
E Merkel ha continuato, in una sorta di offensiva retorica per cerchi concentrici: «Xi si è impegnato a rispettare la carta delle Nazioni Unite e la dignità dell’individuo gioca una parte in quel documento». Qui la cancelliera ha ricordato, indirettamente, le violazioni dei diritti umani da parte del regime cinese all’interno della Repubblica popolare. «Rispetto del multilateralismo non significa necessariamente o semplicemente coesistenza di entità senza vita: parliamo di società che consistono di esseri umani».
Poi di nuovo un attacco che sembra riferito all’opacità cinese in materia di rispetto dell’ambiente o dei diritti dei lavoratori, anche qui prendendo lo spunto della difesa del multilateralismo che Xi aveva fatto il giorno prima al World Economic Forum. «La trasparenza – ha attaccato la cancelliera – è un elemento importante del multilateralismo. La trasparenza riguarda anche ciò che accade all’interno di un Paese, in modo che si possa valutare se il commercio avviene in base a regole condivise o se invece ci si sta prendendo un vantaggio contro altri Paesi». E Merkel ha aggiunto: «Certo questo porta a tensioni e se ne può parlare in opposizione gli uni con gli altri».
La nuova geopolitica, tra Xi, Biden e l’Europa
La domanda che aleggia su questo World Economic Forum virtuale è se il mondo, anche con Biden alla Casa Bianca dopo Donald Trump, sia sull’orlo di una nuova guerra fredda fra Stati Uniti e Cina. Xi Jinping lunedì non ha fatto niente per dissipare questa impressione. Merkel a 24 ore di distanza ha soprattutto rispecchiato la difficoltà dell’Europa nel riconoscere questa nuova realtà.
«Io voglio assolutamente evitare la formazione di blocchi», ha detto rispondendo a una domanda su questo punto di Klaus Schwab. «Non credo che farebbe giustizia a molte società nazionali se si arrivasse a dire: questi sono gli Stati Uniti e quella è la Cina e ci raggruppiamo attorno all’una o all’altra potenza. Non è così che le cose devono andare, per come capisco io. Credo che dovremmo avere più valori che condividiamo e più cose che abbiamo in comune, ma ci saranno anche differenze e di interessi».
In concreto, una guerra fredda fra Stati Uniti e Cina ha però implicazioni precise: la Germania, l’Italia e tutta Europa dovranno decidere da quale parte stare o se dichiarare la propria neutralità. In particolare, nell’acquisire tecnologie cinesi per esempio sul 5G.
«Non sono a favore di un totale decoupling (separazione, ndr) di tutte le attività digitali, non dovremmo ricercare questo obiettivo, perché alimenterebbe una divisione del mondo», ha detto Merkel. «Ma ciascuno di noi deve identificare gli elementi vitali della propria società e la pandemia ci ha impartito una lezione. Anche se il mio partner commerciale non mi sostiene più, devo comunque poter assicurare ciò che è essenziale per il mio Paese». Qui Merkel parlava, chiaramente, della dipendenza dell’Europa dalle tecnologie cinesi per le telecomunicazioni in 5G e dai vaccini americani per uscire dalla pandemia.
«Noi abbiamo società aperte e non penso alla Cina in particolare, quando parlo di indipendenza nelle forniture», ha aggiunto la cancelliera. «Anche gli Stati Uniti hanno barriere in vigore per quanto riguarda l’import e l’export di vaccini e di importanti componenti che vanno nella produzione dei vaccini».
L’Europa, ai vaccini alla (bassa) crescita economica
Così la cancelliera al World Economic Forum ha cercato di ritagliare un posto per la Germania e per l’Europa in un sistema internazionale di vasi di ferro. L’Unione europea per il momento non è uno di questi, è un vaso di coccio: indietro sui vaccini, colpita più duramente nella contrazione dell’economia e nelle prospettive di ripresa dei prossimi anni secondo il Fondo monetario internazionale, indietro anche nelle tecnologie, l’Europa è oggi fra i grandi perdenti della pandemia.
Macron e l’ambiente: il modello capitalistico ha fallito
Non stupisce che al World Economic Forum, subito dopo Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron abbia preferito indossare le vesti del re filosofo: «Il modello capitalista sposato all’economia di mercato non può più funzionare in questa situazione», ha dichiarato. Il presidente francese si riferiva ai danni all’ambiente e alla crisi sociale nei Paesi avanzati a seguito delle delocalizzazioni. Ma mentre Stati Uniti e Cina competono sulle tecnologie e la forza militare che l’Europa non ha, è suonato un po’ come dire: fermate il mondo, voglio scendere.
Federico Fubini
Corriere della Sera
27 Gennaio 2021