Quella inglese sembra essere la più diffusa in Italia. È più contagiosa e forse più letale, ma i vaccini sono efficaci. Necessario aumentare le misure restrittive per frenare i contagi che aumentano rapidamente. In Italia si calcola che 8-10 milioni di persone siano venute a contatto con il virus: sono protette o ancora suscettibili? Se sapessimo che c’è una certa quantità di popolazione già immune, la stessa campagna vaccinale potrebbe essere impostata in modo diverso
*Ha collaborato Carlo Federico Perno, direttore dell’Unità di Microbiologia all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma
Che cosa sono le varianti?
Sono il codice genetico del SARS-CoV-2 che ha acquisito una o più mutazioni, che a loro volta sono le variazioni che cambiano le caratteristiche del virus stesso.
Quante e quali sono quelle diffuse in Italia?
Difficile dirlo, perché l’attività di sequenziamento che individua le varianti è appena stata implementata. Quelle sotto la lente (e quindi maggiormente monitorate) sono l’inglese, la sudafricana e la brasiliana. Un report da parte dell’Istituto Superiore di Sanità con campione rappresentativo della popolazione è stato fatto solo sulla variante inglese e ha stabilito che rappresenti il 17,8% di casi di positivi in Italia. Il monitoraggio era, però, il primo di una serie: basato su 3.984 casi, ha rilevato 495 infezioni da variante inglese con prevalenza regionale molto diversificata, con stime comprese tra 0% e 59%.
Dove sono diffuse le varianti nel nostro Paese?
La variante inglese è concentrata in alcuni focolai locali: soprattutto in Abruzzo (oltre il 50% di prevalenza), Lombardia (si stima rappresenti il 30% dei positivi), in Veneto (il 20% dei tamponi), in Puglia (il 15,5% dei casi), in Umbria e Molise, ma anche in altre Regioni con casi sporadici. I casi di variante brasiliana sono poco meno di venti, soprattutto in Umbria, e la variante sudafricana è stata riscontrata una volta in un viaggiatore di ritorno dal Sudafrica. Per ora si tratta di stime, finché l’attività di sequenziamento non sarà sistematica.
Quali sono le caratteristiche della variante inglese?
Le mutazioni che ha accumulato sulla proteina spike la rendono sicuramente più trasmissibile, nell’ordine di almeno il 50 per cento in più, e questo causa, nelle zone dove diventa prevalente, un aumento dei contagi rapido ed esponenziale. Gli ultimi studi che vengono dalla Gran Bretagna, dove la prevalenza è arrivata quasi al 90%, suggeriscono anche un’associazione tra variante inglese e aumentato rischio di ospedalizzazione e morte (maggior letalità), nell’ordine del 40-60 per cento in più, ma sono dati da confermare. L’efficacia dei vaccini in uso in Europa e Gran Bretagna (Pfizer, Moderna e AstraZeneca) non sembra indebolita nei confronti della variante.
La variante inglese è destinata a prevalere?
Quello che è ragionevole pensare è che possa farlo nel tempo: un periodo più o meno lungo, a seconda delle misure messe in atto per contrastarla.
Ci sono varianti che creano problemi ai vaccini in uso?
La variante sudafricana sembrerebbe avere una sensibilità minore al vaccino di Astrazeneca, tale per cui cautelativamente il Sudafrica ha sospeso le inoculazioni. Questa variante condivide alcune mutazioni con quella brasiliana, le stesse che sembrano capaci di aggirare la risposta anticorpale. Pfizer e Moderna sembrerebbero non subire allo stesso modo la variante sudafricana, anche se gli studi sono in corso.
Come affrontare l’insorgenza delle varianti?
Implementare le vaccinazioni al massimo, mantenere rigorosamente mascherine e distanziamento e valutare se le persone che hanno avuto il Covid sono immuni o meno, eseguendo test sierologici che misurino la presenza di anticorpi. In Italia si calcola che 8-10 milioni di persone siano venute a contatto con il virus: sono protette o ancora suscettibili? Se sapessimo che c’è una certa quantità di popolazione già immune, la stessa campagna vaccinale potrebbe essere impostata in modo diverso.
Silvia Turin
Corriere della Sera
18 Febbraio 2021