«Un uomo al servizio dell’uomo. Che ha unito il terzo settore in un “made in Italy dell’accoglienza” lavorando alla ripresa delle trattative sulle adozioni internazionali». Il lascito del diplomatico raccolto da Ai.Bi.
«Un uomo al servizio dell’uomo: non c’è posizione più umana di quella che Luca Attanasio ha testimoniato nel cammino che ha condiviso con noi durante quest’anno falciato dal Covid. Nulla gli era estraneo in questo vasto paese che è la Repubblica Democratica del Congo, il terzo più grande d’Africa. Non ci ha lasciato solo una testimonianza, ma un compito: operare, nel senso più bello e vero del termine, di costruzione di un’opera corale, per il bene di tutti».
Marzia Masiello, responsabile Coordinamento e Relazioni istituzionali dell’Aibi, l’Associazione Amici dei Bambini, ricorda bene una delle ultime riunioni con l’ambasciatore italiano ferito a morte il 22 febbraio nella boscaglia di Kibumba, tre chilometri da Goma. «Era una riunione digitale, non l’ultima, prima di Natale. Quel giorno eravamo 18 persone, tra rappresentanti di associazioni e italiani che hanno scelto di vivere in Congo per aiutare la popolazione. In generale il Covid non aveva ostacolato il suo impegno. Stavamo lavorando sul rilancio del sostegno a distanza. Avevamo inoltre trovato un entusiamante punto di convergenza sul senso del “made in italy dell’accoglienza”».
Bambini ex soldato e piccole prostitute
La sua disponibilità era totale, racconta Masiello a Tempi. «Fin dalla prima volta che lo abbiamo conosciuto eravamo stati travolti dalla sua umanità: aveva una competenza e conoscenza assoluta delle problematiche del territorio e delle azioni di aiuto da intraprendere in favore degli oltre quattro milioni di minori abbandonati, molti dei quali accolti nei tanti istituti fantasma e non autorizzati del paese. Parliamo di orfani di guerra, bambini ex soldato o cacciati da famiglie non in grado di sfamarli o perché accusati di stregoneria, sotto l’influsso di predicatori che proliferano nelle baraccopoli. Era profondamente toccato dal tema delle bambine avviate dalle stesse loro madri alla prostituzione fin dai 7 anni e che si ritrovano mamme a 13. Il suo impegno costante, sul territorio, umano e professionale, mirava anche alla creazione di una rete sempre più fitta tra associazioni, cittadini e comunità locali, per una visione condivisa di bene comune. Condividevamo l’importanza di lavorare come sistema paese Italia, per rafforzare lo spirito della cooperazione nella reciprocità».
L’accordo per la ripresa delle adozioni
Attanasio stava lavorando alla firma dell’accordo bilaterale per la ripresa delle adozioni internazionali «e al contempo a cementare la collaborazione e l’amicizia tra quanti di noi del terzo settore stavamo supportando la popolazione. Lavorava a una grande opera, non solo per l’Italia o per il Congo, ma per tutti noi. Luca Attanasio era ed è una incarnazione dello spirito della Fratelli tutti. La sua morte ci ha lasciato atterriti, ma la sua responsabilità e il suo spirito di servizio, fino a perdere la vita per aiutare il prossimo, ci investe di un grande compito. Tra le cose da fare in agenda, resterà congelato l’appunto per cui intendevo scrivergli proprio ieri, per aggiornarci un poco… l’aggiornamento, sono certa ci sarà, nella ispirazione quotidiana che posso ritrovare, richiamando lo stupore dello sguardo con cui Luca guardava il mondo. Uno stupore che continuerà a brillare grazie a quanti raccoglieranno il suo lascito».
L’agguato nella boscaglia
«C’è una foto straziante e struggente, non pubblicabile – ha raccontato lo storico inviato Tony Capuozzo -: l’ambasciatore in fin di vita, steso sul cassone di un pick up, retto tra le braccia di due civili: uno lo regge per le spalle, l’altro gli tiene stretta una mano». Nell’agguato nella boscaglia hanno perso la vita anche il carabiniere Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo, l’autista del convoglio che stava portando l’ambasciatore insieme al funzionario del World Food Programme Rocco Leone a una scuola pronta a ricevere gli aiuti alimentari. Sono decine le persone che in queste ore stanno raccontando chi era Attansio, il giovanissimo ambasciatore, padre di tre bambine e marito di Zakia Seddiki, la donna che ha fondato a Kinshasa l’ong “Mama Sofia” per dedicarsi agli oltre 13.800 bambini di strada in Congo. Avevano ricevuto il Premio Internazionale Nassiriya per la Pace 2020, avevano coinvolto famiglie, associazioni, istituzioni per aiutare il un paese che con il 70 per cento della popolazione sotto il livello di povertà, è alla 176esima posizione su 187 Paesi per indice di sviluppo umano.
Gli orfani della catastrofe umanitaria
«Decenni di conflitti armati e instabilità politica hanno provocato milioni di morti e sfollati e una crescita esponenziale di minori abbandonati. La mortalità infantile è del 37 per cento e la malnutrizione colpisce oltre 2 milioni di bambini. Ci sono situazioni in cui le comunità vivono allo stato di oltre cento anni fa, ci ripeteva Attanasio, sottolineando la necessità di prendersi cura di questi piccoli con interventi che se realizzati in Italia avrebbero potuto risolvere la loro la vita o in Congo, da parte di medici formati. Educazione e cura, questo gli stava a cuore, e di tutte queste parlava nei nostri incontri a cui portava anche la moglie e le piccole. Era un uomo unito, pieno di stupore. Proprio in questi ultimi giorni aveva appunto ripreso con entusiasmo i contatti per la ripresa delle trattative per un accordo tra la Cai e la Repubblica Democratica del Congo».
L’eredità dell’ambasciatore
Ai.Bi. opera in Congo dal 2008 con interventi di adozione e sostegno a distanza nella città di Goma, capoluogo della provincia Nord Kivu, tra le aree più colpite dalla crisi umanitaria, per garantire protezione, accesso al cibo, cure mediche e istruzione ai minori accolti in due centri: FED e Sodas. Qui ottanta bimbi come Chance o suo fratello, orfani sia di mamma e papà, sono sopravvissuti a dieci anni di malnutrizione e abbandono, e cercano un padrino o una madrina che possano sostenerli a distanza, aiutandoli a crescere e studiare. Qui Jean ed Emmanuel per Natale si sono potuti iscrivere a scuola grazie al sostegno di una mamma e un papà che ogni mese dall’Italia rinunciano a un caffè al giorno per poter garantire loro un piatto caldo e gli studi. Qui, dove tutti chiamavano Luca Attanasio “l’ambasciatore dei bambini” l’eredità è un compito, «continueremo a onorarla. Operando nell’unità in cui Luca Attanasio ha saputo coinvolgerci».
Caterina Giojelli
Tempi
24 Febbraio 2021