AVVENIRE – Gli effetti della pandemia sulla salute mentale delle persone, una nuova emergenza

By 12 Marzo 2021Coronavirus

L’incertezza e il confinamento stanno producendo un aumento delle patologie psicologiche, soprattutto tra i giovani Colpito un italiano su 5.

Il clima denso di timori e incertezze nel quale viviamo da ormai 12 mesi offre l’occasione di riflettere in forma nuova sulle priorità che un’efficace azione di salute pubblica deve saper indicare. Ed è indubbio che, nel pieno di una pandemia, lo sforzo e le risorse dell’organizzazione sanitaria debbano essere indirizzate prioritariamente verso una risposta rapida alla diffusione del contagio attraverso misure di contenimento, di attenzione per i pazienti più a rischio e di messa a disposizione di un vaccino sicuro per tutti. L’impegno scatenato dalla pandemia rischia però di mettere sullo sfondo la gestione delle patologie ordinarie, rispetto alle quali già prima dell’emergenza da Covid-19 circolavano dati preoccupanti, dall’aumento delle patologie croniche – anche più di una per persona e non solo nei ‘grandi anziani’ – a quello del disagio psicologico e mentale – in aumento in particolare tra i giovani sotto i 34 anni, tra gli stranieri, tra le donne, tra i disoccupati e tra i cittadini del Nord del paese – a quello della depressione, che coinvolgerebbe secondo dati Istat almeno 3 milioni di persone.

Occorre in altre parole non dimenticarsi di quanto accade nel quadro epidemiologico generale, che fa da sfondo alla pandemia, ed in particolare di tutto ciò che ha a che fare con il disagio psichico. Molte patologie psichiche peraltro mostrano segnali di peggioramento dallo scoppio della pandemia in poi. Un’analisi condotta su un campione nazionale tra i 18 e i 75 anni da un gruppo di psichiatri dell’Università Cattolica di Roma, ha evidenziato che se il 62% degli italiani ha affrontato il confinamento senza subire significativi contraccolpi a livello psicologico, il 38% ha registrato chiari segnali di disagio, e che per metà si è trattato di un disagio moderato ma per un’altra metà (quasi un italiano su 5) di un disagio severo. Ciò si rispecchia nelle evidenze raccolte dal Tracciato emotivo del Radar SWG del 21 febbraio 2021, secondo le quali continua ad aumentare tra gli italiani la percezione dell’incertezza, che sale dal 50% del dicembre 2020 al 57%, e che risulta l’emozione di gran lunga maggioritaria, seguita dal 30% della speranza, dal 28% della tristezza, dal 26% della rabbia, dal 24% della paura.

Alla paura di contrarre il virus si aggiunge la preoccupazione in generale per gli effetti del Covid sulla società, una condizione di insicurezza che riporta all’idea delle «passioni tristi». Il peso della solitudine e dell’isolamento

Un simile quadro emozionale, fatto di emozioni tutte negative tranne la speranza e che secondo i dati del Radar trova riscontro nella paura di contrarre il virus (per il 60% del campione) e nella preoccupazione generale per il virus (37%, contro il 15% di un anno fa), richiama alla memoria le ‘passioni tristi’, tematizzate come tonalità prevalente nei giovani con disagio psichico qualche anno fa. Ed è da ricollegare, come molti osservatori hanno suggerito, non solo al rischio virale ma anche, ed in qualche caso soprattutto, alla condizione di isolamento e solitudine che si è determinata a seguito delle misure di contenimento del contagio, e che ha creato in molti casi un vuoto nella vita delle persone. Il tema è stato sollevato soprattutto con riferimento ai giovani ed ai bambini, ma riguarda sicuramente individui, famiglie e comunità di ogni tipo e struttura generazionale, e molte sono le persone che si sono sentite spaesate e indifese di fronte a quello che per qualcuno è un vero ‘caos interiore’, sia un caos ‘emozionale’ rispetto alla sofferenza psichica e relazionale, sia un caos ‘della razionalità’ rispetto ai problemi esistenziali, economici e valoriali che si acuiscono nella crisi.

Molti osservatori sottolineano anche che il disagio di cui stiamo parlando durerà a lungo e si misurerà anche in termini di danni gravi e in qualche caso permanenti. Uno sforzo particolare deve essere quindi dedicato da qui in poi, anche e soprattutto nei programmi di ripresa e resilienza, all’abbattimento delle cause dell’incertezza e dell’ansia rispetto al futuro, a partire da tutto ciò che concorre a ricreare un clima di serenità e di relazionalità positiva. È peraltro indubbio, anche in mancanza di dati certificati statisticamente, che adolescenti e giovani soffrano più degli adulti di simili disagi. E sono ormai numerosi i segnali lanciati da operatori sanitari, insegnanti, psicologi ed associazioni che si occupano di giovani, che denunciano l’aumento del disagio e dei disturbi psicologici nell’età evolutiva ed in particolare in adolescenza, derivanti non tanto dallo stress legato al pericolo della infezione da Covid 19, quanto da quello provocato dalle mancate relazioni, dalle nuove condizioni di studio o lavoro e in alcuni casi anche dall’’eccesso di prossimità’ con i propri famigliari durante la chiusura.

Si avanza in qualche caso l’ipotesi secondo la quale ansia e stress da confinamento avrebbero prodotto un aumento dei comportamenti di consumo rischioso, quale forma di automedicazione autogestita. Va ricordato a questo proposito che per i giovani, soprattutto nella fascia di età più bassa, le occasioni di consumo di alcol precedentemente legate alle uscite fuori casa e sospese durante il confinamento sono drasticamente diminuite. E se è vero che i dati di vendita online hanno mostrato sin dall’inizio della pandemia un aumento degli acquisti di bevande alcoliche, non è ovvio dedurne una indicazione di aumento dei consumi, e a cascata della dipendenza, tanto meno in età giovanile.

Molti osservatori sottolineano che il malessere di cui stiamo parlando durerà a lungo e produrrà danni gravi

Recenti analisi britanniche mostrano, ad esempio, che i consumi delle famiglie misurati sugli acquisti in eccesso durante il lockdown non compensano i mancati acquisti delle stesse nel canale fuori casa. E per quanto riguarda la situazione italiana, vanno messe in conto le dovute differenze tra culture, come segnalato anche all’interno della Global Drug Survey 2020, appena pubblicata, che rileva nonostante l’omologazione dei comportamenti a seguito della globalizzazione, come l’Italia occupi una posizione molto bassa in classifica in Europa e nel mondo rispetto al bere eccedentario e a rischio. Si confermano in altre parole, a proposito del tema delle dipendenze, la centralità delle culture locali ed il radicamento delle abitudini e della tradizione prevalente nel territorio di appartenenza. Un’indicazione ulteriore della necessità di agire con azioni mirate rispetto al contesto locale.

Pur tuttavia sappiamo che il fenomeno delle dipendenze, da alcol e da altre sostanze, deriva da un disagio psichico ed esistenziale preesistente, come emerge anche dai dati relativi all’alta frequenza delle forme di abuso di alcol (3 volte più che nella popolazione generale) tra i pazienti affetti da schizofrenia e disturbo bipolare. E che la attuale situazione costituisce un rischio di potenziale aggravamento. Lo sforzo enorme prodotto da molti insegnanti in termini di didattica a distanza è encomiabile e deve aiutarci a capire quanto sia importante da qui in poi un uso intelligente delle tecnologie informatiche. Ma, al di là della necessaria prudenza per quanto riguarda i contatti fisici in una crisi pandemica, non va dimenticato che la vita umana è fatta di relazioni e che le relazioni sono la linfa della crescita, dello sviluppo e dell’equilibrio psico-fisico delle persone e delle comunità, ed hanno bisogno di condivisione, scambio ravvicinato e dialogo profondo. Occorre quindi guardare al complesso dei fenomeni legati al disagio psichico, ed in particolare di quello giovanile, e soprattutto alle iniziative di prevenzione e di arginamento degli effetti più problematici del disagio, a cominciare dall’impegno per il sostegno di ambiti di vita e di formazione nei quali sviluppare relazioni sociali significative, dialogo, condivisione, mutuo aiuto e solidarietà.

Carla Collicelli

11 marzo 2021

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/disagio-psichico-e-dipendenze-laltro-lato-della-crisi-sanitaria