La sentenza del TAR del Lazio degli scorsi giorni che ha smontato l’incredibile tesi governativa secondo cui per curare il Covid ci si debba limitare all’utilizzo del Paracetamolo e restare in “vigile attesa”, per poi inviare il paziente in Pronto Soccorso, e il protocollo di cure domiciliari emanato dalla Regione Piemonte, che prevede l’utilizzo di quei farmaci in questi mesi utilizzati con successo dai medici coraggiosi che non si sono uniformati alle direttive governative, hanno scatenato la reazione rabbiosa dei guardiani della rivoluzione, i virologi alla moda sempre pronti a negare la possibilità delle terapie. Ancora una volta si usa il più intransigente negazionismo nei confronti dell’Idrossiclorochina, ma anche contro altri farmaci. Eppure, l’attività dei medici che curano ci offre un quadro molto diverso. E non si tratta di esperienze meramente empiriche: dovremmo parlare di una vera e propria Real Life Research: una ricerca scientifica condotta sul campo, non in laboratorio o su modelli matematici. Una delle realtà più impegnate in questa attività di cura concreta, di risposta al bisogno di salute – spesso disperato e inascoltato – dei pazienti, è quella di IppocrateOrg. Una realtà di medici che si sono dati il nome del padre della medicina, di colui che stabilì i princìpi dell’indagine diagnostica e fondatore della deontologia e dell’etica medica. Abbiamo incontrato uno dei fondatori dell’associazione, il dottor Paolo Martino Allegri. Medico esperto, classe ‘62, padovano ma nato in Africa perché figlio di un medico missionario, specializzato in Pediatria e successivamente in Neonatologia e Patologia Neonatale, dopo un’esperienza di sette anni in ospedale dal 1998 fa il pediatra di famiglia. Ora cura e guarisce i malati di Covid.
Dottor Allegri, come si è trovato coinvolto nella cura domiciliare dei pazienti con Covid?
Fino a 10 anni fa ero il pediatra di Vo’ Euganeo, dove sono comparsi i primi casi di Covid nel Veneto. Non si sapeva come muoversi. Alcuni genitori di miei ex-pazienti, con polmoniti documentate alla TAC, si trovavano segregati in casa praticamente senza cure ed è così che ho iniziato, proponendo loro dosi massicce di vitamine, soprattutto di vitamina D, di cui conoscevo gli effetti di rinforzo delle difese immunitarie. Con mia grande sorpresa, questi pazienti miglioravano rapidamente la loro saturazione di ossigeno. Da allora ho raccomandato a tutti una profilassi vitaminica di prevenzione e dosi maggiori in caso di malattia.
Cosa ha provato quando si è accorto che il Covid non era la Peste Nera ma che si poteva curare e guarire?
Grande soddisfazione perché riuscivo a dare una speranza non illusoria alle persone che mi chiedevano aiuto, ma nello stesso tempo ero sgomento, perché mi sentivo solo e anche un po’ deriso dai colleghi coi quali provavo a condividere la mia esperienza.
Come è nata la realtà di IppocrateOrg?
Da un’intuizione geniale del fondatore, Mauro Rango, italiano che vive nelle isole Mauritius. Lì il coronavirus è stato debellato rapidamente all’inizio, utilizzando farmaci che conosciamo da decenni, come l’Azitromicina, l’Idrossiclorochina o il Cortisone, mentre qui in Italia la gente moriva come le mosche. Com’era possibile che in Africa, dove la sanità non è certamente avanzata come da noi, si ottenessero risultati così brillanti, mentre noi non riuscivamo a contenere la diffusione della malattia? Fu così che lanciò un appello via WhatsApp ad un gruppo di amici, appello che divenne rapidamente virale. Da novembre è iniziata l’attività di assistenza da parte di medici di questo gruppo, i quali rispondono alle richieste di aiuto inoltrate via mail dai pazienti.
Quali sono i risultati ottenuti dai medici dell’associazione?
I risultati sono eccellenti! Lo posso affermare con sicurezza perché ho sotto mano i dati non solo dei pazienti che ho preso in carico io, ma anche quelli degli altri colleghi. Alla data odierna abbiamo ampiamente superato il numero di 6.000 casi trattati. Di questi solo una esigua percentuale ha avuto bisogno transitoriamente di cure ospedaliere, ma sono le persone che si sono rivolte a noi tardivamente. La nostra esperienza dimostra che l’intervento precoce è la strategia vincente. La mortalità dei pazienti che seguiamo è praticamente azzerata: tra coloro che abbiamo assistito entro una settimana dalla comparsa dei sintomi non abbiamo avuto nessun decesso.
Paolo Giulisano
17 marzo 2021