Pressioni dalle lobby, diagnosi di disforia affrettate, esperimenti sui minori. Lo psichiatra David Bell spiega al Guardian perché ha denunciato gli abusi della Tavistock & Portman
Diagnosi affrettate di disforia di genere, pressione delle lobby trans, minacce. Intervistato dal Guardian David Bell oggi si dice sconcertato, incredulo, «normalmente sarebbero rotolate delle teste». David Bell è lo psichiatra e psicanalista inglese autore del primo rapporto sull’abuso di terapie bloccanti la pubertà da parte del Gids (Gender Identity Development Service), il servizio di sviluppo dell’identità di genere della Fondazione Tavistock & Portman.
Bell ci ha lavorato dal 1995 e fino all’inizio del 2021, quando ha raggiunto la pensione e conquistato la libertà di poter raccontare cosa è accaduto nel 2018 nella controversa clinica del National Health Service inglese, oggi travolta da uno scandalo nazionale. Scrivere il rapporto, spiega Bell finalmente libero da minacce di azioni disciplinari, era una «questione di coscienza». Quell’anno dieci medici gli confidano le loro preoccupazioni, si tratta di un terzo circa dei clinici alle prese con i bambini avviati alla clinica per sospetta disforia di genere. Bell ritiene di fare la cosa giusta riportando ai suoi superiori le cose raccontate.
Risultato? La clinica avvia un procedimento disciplinare nei suoi confronti. Sostenuto dalla maggior parte dei colleghi del dipartimento per adulti, ma trattato alla stregua di un “traditore” e non di un medico che ha fatto il suo dovere dai suoi capi, Bell ha dovuto lanciare due crowdfunding per pagarsi un avvocato.
Le confessioni di dieci medici
Tutto ha inizio nel febbraio 2018: Bell lavora come consulente alla Tavistock da 25 anni ed è uno dei medici più anziani, dieci anni da responsabile del programma scientifico e capo del personale. Ma chi bussa non è lì per una consulenza. Dei dieci dipendenti che si confideranno con lui nei sette mesi successivi quel primo medico fu l’unico a osare incontrare Bell in clinica. Gli altri, spaventati da minacce e intimidazioni, gli avrebbero chiesto di parlare in un luogo più sicuro.
I racconti lasciano Bell basito, i medici dicono che al Gids i bambini sono sempre più provati, e non sempre condividono il senso di urgenza dei genitori. Che i loro capi liquidano come “casi semplici” quelli di bambini a cui viene diagnosticata subito la disforia di genere, bimbi da sottoporre a bloccanti della pubertà e ormoni sessuali incrociati senza un’adeguata indagine. Che alcuni piccoli sono stati avviati al trattamento dopo due soli appuntamenti, bollati come trans, e da allora non sono stati quasi più seguiti.
Secondo alcuni medici il Gids stava inoltre arruolando troppi psicologi inesperti (e poco costosi). Il caso più grave riguarda un bambino, spedito da un endocrinologo per iniziare il trattamento a soli 8 anni. «Non potevo far finta di niente».
Minacce e accuse di bullismo
Bell avvisa a luglio la direzione, spiega che deve fare rapporto. Per scriverlo contatta il Gids ponendo alcune domande: «Avevo bisogno di sapere alcune cose di base: il numero di pazienti che avevano visto; il loro genere; quali problemi psichiatrici potrebbero aver avuto». Nessuna risposta. «Poi ho ricevuto una lettera piuttosto sgradevole da Paul Jenkins, amministratore delegato della clinica. Diceva che il Gids era molto impegnato e che il suo personale non era obbligato a rispondermi».
Bell invia il suo rapporto a settembre sia a Jenkins che al presidente del consiglio di amministrazione Paul Burstow. I due gli vietano di inviarlo al comitato che supervisiona il consiglio. «È stato allora che mi sono procurato un avvocato». Il quale spiega a Bell che sarebbe finito nei guai in una ipotetica causa se avesse rispettato quel veto.
Disforia e lobby trans
Nei guai Bell ci finisce lo stesso: alla risposta, «ostile e minacciosa», di Burstow seguono due lettere che minacciano azioni disciplinari. Viene accusato di “bullismo”, gli viene imposto di non conferire più con la direttrice del comitato per la tutela dei minori. La clinica nomina un revisore, il direttore medico della clinica, incaricato di produrre un nuovo rapporto. Bell avrà solo 30 minuti per leggere le 70 pagine che lo riguardano: ancora una volta mancano dati, numeri, nessuna indicazione di azioni da intraprendere.
Si riconosce tuttavia il coinvolgimento “inappropriato” dei gruppi trans nelle attività del servizio (nelle testimonianze riportate da Bell si denunciava che ai bambini venisse diagnosticata la disforia e venissero prescritti farmaci sperimentali «sotto la pressione dei gruppi per i diritti transgender»). Il rapporto arriva alla stampa. Il “caso Tavistock” diventa un caso nazionale e politico.
Il Times scopre il vaso di Pandora
La denuncia del Times in prima pagina («È in corso un esperimento di massa sui bambini, i più vulnerabili») scopre un vaso di Pandora: sono 18 i medici che si sono licenziati per “ragioni di coscienza” («questo trattamento sperimentale viene effettuato non solo sui bambini, bensì su bambini molto vulnerabili, che hanno avuto problemi di salute mentale, abusi, traumi familiari. Ma a volte questi fattori vengono semplicemente insabbiati»). Si parla di 2.519 piccoli inviati alla clinica, di cui il più giovane ha solo tre anni.
I medici denunciano al Times le pressioni della clinica per avviare al percorso di transizione il più gran numero di bambini possibile dopo sedute di sole tre ore. Nella fretta di accettare e celebrare la nuova identità transgender vengono ignorate storie familiari complesse, di ragazzi gay o autistici diagnosticati di default come “transgender”, avviati ai bloccanti ormonali a partire dai sedici anni, spiegano i medici.
Raccontano come le charity transgender abbiano avuto responsabilità fondamentali nel promuovere tra madri e padri la transizione di genere come unica “cura” per i loro figli. Citano la potentissima Mermaids: «Mermaids dice sempre ai genitori che è una questione di vita o di morte. “Preferiresti un ragazzo vivo o una ragazza morta?”: la narrazione di Mermaids è ovunque».
Farmaci sperimentali
Anche lo psicanalista della clinica Marcus Evans si dimette in polemica con quello che la clinica propina come “trattamento reversibile” a minori con disturbi dello spettro autistico o disforici, nonché a genitori, già convinti da celebrità ed influencer che la transizione sia cosa normale, facile e indolore. Molti professori si uniscono ai medici, editoriali affrontano il tema della pericolosità dell’uso off-label dei farmaci, «un esperimento dal vivo non regolamentato sui bambini».
L’inchiesta sui servizi di riassegnazione apre diversi contenziosi in tribunale, Tavistock diventa il centro di un’intensa attività di ispezione e monitoraggio da parte del ministero della Sanità, interviene anche la politica.
Il caso Keira Bell
Il 3 dicembre scorso, accogliendo il ricorso di Keira Bell ed altri ex pazienti pentiti contro la Tavistock & Portman l’Alta Corte inglese accerta i gravissimi abusi di terapie bloccanti la pubertà da parte del Gids. La storia di Keira è quella di molti altri ragazzini.
Dopo una fulminea diagnosi di disforia di genere ha ricevuto trattamenti bloccanti la pubertà fin dall’età di 16 anni, quando ha iniziato a identificarsi in un maschio, poi una doppia mastectomia all’età di 20 e iniezioni di testosterone senza sapere bene a cosa andasse incontro. «Un percorso tortuoso e inutile, permanente e che cambia la vita. Non credo che bambini e giovani possano acconsentire all’uso di farmaci ormonali potenti e sperimentali come ho fatto io», un percorso iniziato dopo solo tre appuntamenti di un’ora alla Tavistock. Dopo la sentenza, l’Nhs ha aggiornato le sue linee guida ponendo l’obbligo di passare per un tribunale per la somministrazione dei bloccanti.
«Troppa enfasi sul genere»
«Era inevitabile», commenta Bell. Che tuttavia non trova sollievo nella sentenza dell’Alta Corte. La Tavistock ricorrerà in appello; il caso sarà ascoltato a giugno. David Bell potrebbe essere chiamato come testimone, ma qualunque sia l’esito il medico ritiene che sullo scandalo Tavistock non ci si sia ancora posti le domande giuste: perché così tanti bambini e soprattutto così tante ragazze si presentano in clinica?
Troppa enfasi sul genere e non abbastanza sulla sessualità ha travolto pazienti affetti da anoressia, autismo, sofferenze personali. «Alcuni bambini sono depressi. Come facciamo a stabilire che la causa della loro depressione è il genere? Perché non curarli come depressi?».
Bell non è aprioristicamente ostile ai bloccanti della pubertà, ma crede che rendano la vita spaventosa per i ragazzi. «Il corpo non è una telecamera, non puoi metterlo in pausa con un pulsante. Devi chiederti veramente cosa significhi arrestare la pubertà», imparando a gestire l’angoscia nata da una pur diagnosticata disforia di genere fino a quando il paziente diventerà adulto e potrà prendere una decisione. Qualcuno potrà ricorrere alla transizione, ma non tutti i bambini con la disforia di genere, spiega il medico, sono trans.
L’etichetta di transfobico
Il recentissimo rapporto della Care Quality Commission ha bollato il Gids come «inadeguato», il punteggio più basso che può ottenere un operatore sanitario. Viene denunciata la mancanza di registri, l’assenza di numeri, consenso dei pazienti, le valutazioni sommarie, liste di attesa assurde, sono 4.600 i giovani che cercano di prenotarsi per un appuntamento.
Sconcertato dall’assenza di “teste rotolate” alla Tavistock, Bell si dice anche scioccato dalla riluttanza della sinistra ad occuparsi della questione: «Pensano che questo abbia a che fare con l’essere liberali, piuttosto che con la preoccupazione per la cura dei bambini. Mermaids e Stonewall hanno fatto temere alle persone anche solo di ascoltare un altro punto di vista», «ciò che conta è la verità». Ma «la paura di essere visto come transfobico ora prevale su tutto».
«Per Bell – conclude la grande intervista del Guardian – la prospettiva di non poter parlare apertamente di queste cose è una tirannia: solo un’altra forma di repressione. “Si tratta di luce e aria”, dice. “Si tratta di pensiero libero, del genere che si tradurrà in risultati migliori per tutti i giovani, transgender o meno“».
Caterina Giojelli
9 maggio 2021
Come è nato lo scandalo della clinica inglese che sforna bambini trans