IL FOGLIO – Il vaccino ma non solo. Come vanno gli studi sulle terapie anti Covid

By 13 Maggio 2021Coronavirus

Secondo lo studio Recovery, un anticorpo monoclonale migliora la sopravvivenza e il decorso clinico da coronavirus del 15 per cento. In aggiunta (e non in alternativa) ai benefici dei corticosteroidi A quanto sembra, la terapia del Covid, una strada inizialmente davvero impervia, deve basarsi su una combinazione di approcci diversi; seppure ognuno di essi può fornire un beneficio moderato o piccolo, come nel caso del tocilizumab e dei corticosteroidi si possono osservare effetti additivi che, alla fine, portano a un risultato notevole..

Come molte delle strade terapeutiche esplorate dall’inizio di questa pandemia, ha avuto una via tortuosa: grandi entusiasmi, scetticismo, divisioni – il tutto dovuto principalmente al fatto che sono stati condotti molti studi clinici, ma spesso di tipo osservazionale e su coorti di pazienti di dimensione limitata – a volte somministrando il farmaco al momento sbagliato, come si è appreso successivamente. A cambiare le cose sono arrivati adesso i dati di uno dei più grandi studi osservazionali mai condotti, lo studio Recovery, che ha per scopo quello di valutare almeno le ipotesi più diffuse circa l’effetto terapeutico di composti diversi. Per intenderci, è uno degli studi che ha dimostrato che la clorochina non ha effetti utili, e che il Remdesivir ne ha pochi.

A partire dal 23 aprile 2020 e fino al 24 gennaio 2021, sono stati studiati 4.116 pazienti ai fini della valutazione di tocilizumab, fra cui 3.385 che ricevevano anche corticosteroidi sistemici. 621 dei 2.022 pazienti assegnati a tocilizumab e 729 dei 2.094 pazienti assegnati alle cure normali sono morti entro 28 giorni, con una differenza statisticamente significativa nel numero dei morti pari al 15 per cento. Inoltre, andando a guardare i diversi sottogruppi, compresi quelli che ricevevano corticosteroidi sistemici, si sono osservati gli stessi risultati. I pazienti cui è stato somministrato tocilizumab sono stati dimessi entro 28 giorni con più frequenza (57 per cento contro il 50 per cento).

Soprattutto – questo è un risultato importante, perché coerente con quello che alcuni ricercatori italiani avevano affermato precocemente – il risultato tra coloro non ancora sottoposti a ventilazione, il rischio di morte o successiva ventilazione si è pure esso ridotto del 16 per cento circa.

Gli autori dello studio appena presentato concludono quindi che nei pazienti Covid-19 ospedalizzati con ipossia e infiammazione sistemica, tocilizumab ha migliorato la sopravvivenza e il decorso clinico, indipendentemente dalla quantità di supporto respiratorio e in aggiunta rispetto ai benefici dei corticosteroidi sistemici.

Ecco, mi pare che la parte migliore sia proprio in quell’ultima frase: “in aggiunta”. A quanto sembra, la terapia del Covid, una strada inizialmente davvero impervia, deve basarsi su una combinazione di approcci diversi; seppure ognuno di essi può fornire un beneficio moderato o piccolo, come nel caso del tocilizumab e dei corticosteroidi si possono osservare effetti additivi che, alla fine, portano a un risultato notevole.

In attesa di antivirali che possano fare la differenza, sarà il saggio uso combinato di quanto abbiamo oggi a salvare la vita alle persone che si dovessero infettare; e insieme alla campagna vaccinale, questo dovrebbe permetterci di tenere almeno per un po’ a bada il coronavirus.

ENRICO BUCCI

IL FOGLIO

1 Maggio 2021