Il magistrato ed ex parlamentare Alfredo Mantovano, in questa lunga intervista, ci aiuta a capire nel dettaglio tutte le contraddizioni del ddl Zan
Abbiamo interpellato il magistrato ed ex parlamentare Alfredo Mantovano, autore del libro Legge omofobia perché non va. La proposta Zan esaminata articolo per articolo, per capire nel dettaglio tutte le contraddizioni del ddl Zan.
Quali sono le lacune giuridiche del ddl Zan?
“Se si prendono in considerazione le relazioni che accompagnano le varie proposte di legge che, poi, sono confluite nel testo del relatore, l’onorevole Zan, ci sono due costanti. La prima è quella di denunciare una grave emergenza di reati, anche gravi, commessi a causa dell’orientamento sessuale. La seconda è la constatazione che, a fronte di questa emergenza, il quadro normativo è incompleto e c’è la necessità di intervenire con nuove disposizioni. Questi due presupposti, al confronto con la realtà, non reggono”.
Perché?
“Basta guardare i dati oggettivi forniti dal ministero dell’Interno che nel 2010 ha istituito un osservatorio che si occupa del monitoraggio sulle offese basate sulle discriminazioni di vario tipo, tra cui quelle relative all’orientamento sessuale. Facendo la media dei dati disponibili, in un decennio, risultano segnalazioni per offese relative all’orientamento sessuale pari al 26,5% l’anno su tutto il territorio nazionale. Non mi pare un’emergenza, dal momento che 26 segnalazioni in un anno ci sono in una scuola per fatti di bullismo. Qui, invece, si sta parlando di atti avvenuti non in un singolo istituto scolastico, ma su tutto il territorio nazionale”.
Ma, per punire determinati reati, nel nostro ordinamento non esistono già delle aggravanti?
“Sì. Per quanto riguarda il secondo presupposto su cui si basa il ddl Zan, ossia che il quadro normativo attuale sia incompleto, invito a scorrere le norme del codice penale e si può vedere che non c’è esclusione applicativa per nessuno e per le offese portate nei confronti di qualcuno quanto a percosse, violenze, stalking, violenze di vario tipo. Anzi, il codice penale, in aggiunta a questa rassegna di reati, aggiunge due aggravanti: la minorata difesa e i motivi abbietti e futili che possono trovare applicazione in vicende come quelle di cui si parla. Se uno provoca lesioni a una persona a causa dell’orientamento sessuale è probabilmente per un motivo futile o riprovevole. E se queste lesioni sono il frutto di un’attività coordinata si approfitta della posizione di forza e, quindi, della minorata tutela della vittima. Anche dal punto di vista di situazioni particolari l’ordinamento è complesso”.
Ma le disposizioni del ddl Zan possono ledere la libertà d’espressione?
“Queste norme, poi, sono considerate gravemente discriminatorie perché sono così generiche che si corre il rischio che la loro applicazione leda la libertà di esprimersi di una persona, la libertà di educazione nelle scuole ecc… Se si prende in considerazione la relazione della proposta di legge che vede come primo firmatario l’onorevole Scalfarotto si fa l’esempio di una mamma alla quale la figlia riferisca che sta per iniziare la convivenza con una persona dello stesso sesso. Secondo Scalfarotto, se tale madre proverà a dissuadere la figlia non sarà mai condannata perché davanti al giudice avrà la possibilità di esprimere le proprie ragioni. Ora, che una semplice conversazione avvenuta nelle mura domestiche si trasferisca in un’aula di tribunale, al di là dell’esito del processo, costituisce un trauma per chi subisce il processo, soprattutto se si tratta di una persona che non ha mai avuto a che fare con la giustizia come la maggior parte delle mamme di famiglia. Ma non solo. Il testo costituisce anche un pesante condizionamento per tanti genitori che saranno dissuasi dall’affrontare tali temi con i propri figli. Ma lo stesso discorso vale per i catechisti che insegnano il creazionismo, il rispetto tra uomini e donne nel matrimonio ecc…”.
Qual è il limite più grande del ddl Zan?
“Il limite più grande di tale legge è che consegna al giudice una tale genericità di espressioni che al loro interno ci può stare davvero tutto. Nei lavori alla Camera, la commissione Affari Costituzionali ha dato il suo parere di conformità alle nuove norme e ha posto delle condizioni, tra cui la richiesta di precisazione delle disposizioni contenute nel ddl, essendo a rischio il criterio della tassatività proprio della norma penale. Alla Camera è stata, dunque, introdotta la norma salva-idee volta nelle intenzioni a disinnescare i gravi effetti contenuti nella norma. Ciò però significa che quelle disposizioni sono pericolose altrimenti non ci sarebbe bisogno di quella norma. Inoltre, poi, tale norma aumenta la genericità perché si dice che viene riconosciuto il diritto a esprimere le proprie opinioni che, prima che dal ddl Zan viene riconosciuto dalla Costituzione e lascia al giudice decidere qual è il limite di esprimibilità delle stesse”.
Il ddl Zan introduce il concetto di identità di genere. In merito, cosa ci può dire?
“Per dare seguito al parere della commissione Affari costituzionali, è stato inserito l’articolo 1 che dà la definizione di identità di genere, un concetto che non era mai stato usato prima. In tale articolo si dice che l’identità di genere è la percezione che qualcuno ha di se stesso nel momento in cui una persona sta facendo un percorso di transizione da un sesso all’altro anche se tale percorso di transizione non si è definito. Ma, dall’esterno, un comune cittadino o anche un giudice come fa a coglierlo e come fa il giudice, sulla base di elementi così vaghi, a irrogare anni di reclusione? Il problema, però, non è tanto quel che si stabilisce con la sentenza, ma che quando la reclusione supera certi tetti di pena, durante le indagini, possono essere chieste ordinanze limitative della libertà. In sintesi si può finire in carcere in via cautelare o si può essere intercettati. Ogni magistrato, quindi, può interpretare una norma così generica in base al proprio condizionamento ideologico e arrivare ad applicazioni veramente contrastanti col diritto e col buonsenso”.
Ma se un giorno un minorenne esprime la sua volontà di cambiare sesso, i suoi genitori possono essere perseguiti se glielo impediscono?
“Non c’è nessun ostacolo per cui non ci sia la persecuzione. Ma si troverebbe in difficoltà anche il titolare di una palestra davanti al quale si presentasse un uomo che dichiara di aver iniziato un percorso per diventare donna e chiedesse di allenarsi con la squadra femminile oppure di usare i bagni delle donne. In nazioni dove norme come il ddl Zan sono diventate leggi, sono emersi casi del genere. In Spagna nel 2014 un vescovo, Sebastian Aguilar, nominato cardinale da papa Francesco, disse in un’intervista che le persone omosessuali vanno rispettate, ma le loro scelte di vita non possono equipararsi alla famiglia tra uomo e donna perché una delle caratteristiche di quella famiglia è l’apertura alla vita e, quindi, non è possibile per una coppia omosessuale avere dei figli. In virtù di tale dichiarazione è stato iscritto nel registro degli indagati per omofobia, poi il procedimento si è fermato perché il cardinale nel frattempo è morto però, intanto, si era avviata l’azione penale nei suoi confronti. In Francia, qualche anno fa, un padre di famiglia che indossava una felpa che raffigurava un padre e una madre che prendevano per mano dei figli ha trascorso una notte in cella perché quel disegno è stato considerato omofobo”.
Ma poi è stato assolto?
“Al di là di come finiscono i singoli procedimenti penali, la condizione di indagato e arrestato lascia un segno e, quindi, determina un condizionamento per il futuro”.
Un partito come il Popolo della Famiglia potrebbe esistere?
“Con un pubblico ministero molto ligio nel far applicare il ddl, il Popolo della Famiglia verrebbe considerata un’associazione omofoba e, quindi, verrebbe sciolta per legge come se fosse un partito neonazista e i suoi promotori rischiano una condanna fino a sei di reclusione”.
Francesco Curridori
Il Giornale
4 Maggio 2021