Una piazza di camici bianchi e pazienti guariti. Tutti insieme per chiedere al governo di rivedere il protocollo sulle cure domiciliari precoci. Quella andata in scena ieri pomeriggio nella centralissima Piazza del Popolo a Roma, a pochi passi dai palazzi del potere, è stata una manifestazione di testimonianza civile. Migliaia di persone, provenienti da ogni parte d’Italia, in rappresentanza dei tanti medici che hanno curato precocemente il Covid senza preoccuparsi della raccomandazione della vigile attesa e del paracetamolo.
E con oro i loro pazienti guariti, che hanno raccolto l’appello dell’avvocato Erich Grimaldi a raccontare la loro testimonianza di pazienti che, grazie ai protocolli di cura di medici coraggiosi, hanno affrontato il covid senza essere ricoverati.
Dal palco sono intervenuti loro, assieme a tanti medici e con loro c’erano anche Grimaldi e il dottor Stefano Manera, che sono stati ospiti proprio l’altro ieri della puntata dei Venerdì della Bussola dedicata alle cure domiciliari e alle richieste che il comitato ha fatto al governo.
Ancora nulla si muove sul fronte di una revisione del protocollo, ma è evidente che il problema non è di natura scientifica, ma di natura politica, come ha spiegato Grimaldi ieri dal palco e anche venerdì ai microfoni della Bussola denunciando l’inattività del ministro Speranza sul fronte del coinvolgimento dei medici più rappresentativi del comitato.
La manifestazione di ieri però ha segnato un punto di non ritorno: i medici che curano ci sono, hanno un nome e cognome e i pazienti guariti dai loro trattamenti pure.
Ignorarli è, da parte del Governo, quella che si definisce cattiva politica.
Purtroppo, però, come è emerso anche dal racconto del dottor Manera durante la diretta di venerdì, stanno aumentando i casi medici che stanno ricevendo le attenzioni dell’ordine dei medici per il loro impegno nella cura domiciliare covid. «Si stanno aprendo dei procedimenti da parte dell’ordine per quei medici che ripetono che il covid si può curare», aveva detto Manera senza specificare altro.
In effetti, da quanto ha potuto verificare la Bussola da alcuni legali che seguono dei casi di questo tipo lanciano l’allarme: «Ci sono stati medici i quali a seguito della prima ondata pandemica hanno fatto affermazioni rispetto al fatto che il covid si potesse curare e ora sono sotto procedimento da parte dell’Ordine».
Di che cosa si tratta? Verrebbe contestato loro la violazione dell’articolo 55 del codice deontologico che impone al medico di attenersi alle comunicazioni ufficiali della categoria. Il punto, però è che un conto sono le comunicazioni scientifiche ufficiali un conto invece è l’ordine che non può agire come una “santa inquisizione in camice bianco”. Molti di questi medici possono aver dato fastidio per certo loro toni sopra le righe, altri possono essere sembrati particolarmente complottisti, ma un dato è certo: sono stati messi sotto procedimento per aver detto, in succo, che il covid si cura e si cura bene attraverso le terapie domiciliari precoci.
Il provvedimento dell’ordine si va ad unire ai provvedimenti analoghi nei confronti di quei medici che anche in passato hanno contestato l’obbligo vaccinale e sono stati messi sotto inchiesta. In particolare, quei medici che avevano apertamente contestato il fatto di non poter sconsigliare in alcuni casi una vaccinazione, che evidenziava ed evidenzia tuttora una impossibilità a personalizzare una cura. Un concetto che va di pari passo con la protocollizzazione della medicina che non può non portare a conflitti di interesse.
Lo stesso concetto espresso anche dai medici per le cure domiciliari i quali hanno contestato il protocollo licenziato dal Ministero della Salute perché descrive i compiti del medico relegandolo a un ruolo di videoterminalista, ruolo improprio per un medico che invece dovrebbe curare.
Andrea Zambrano
9 maggio 2021