Sakina condivide un video su WhatsApp e scatta la rappresaglia dei colleghi musulmani che l’accusano di avere offeso l’islam. È il terzo caso in pochi mesi
Un’altra infermiera cristiana accusata di blasfemia in Pakistan, il terzo caso nel giro di pochi mesi: il primo, quello di Tabita Nazir Gill, a Karachi, il secondo, quello di Mariam Lal e Navish Arooj a Faisalabad, e adesso quello di Sakina Mehtab a Lahore. Cosa sta succedendo negli ospedali del paese, dove lavorano tanti cristiani e cattolici?
Sakina fa l’infermiera al Punjab Institute of Mental Health dove la scorsa settimana hanno manifestato colleghi musulmani gridando slogan islamisti e accusandola di aver offeso l’islam. Minacciata al telefono da sconosciuti che promettevano di «mutilarla e ucciderla», oggi vive nascosta, teme per la sua vita e non sa assolutamente «come potrò riprendere il mio lavoro in ospedale col terrore che qualcuno possa attaccarmi per nulla. La mia paura non è infondata», ha raccontato a Morning Star News.
Mazze e bastoni in ospedale
Sakina, due anni alla pensione, non ha commesso alcun crimine: quello che ha fatto è stato condividere via WhatsApp un video critico della risposta del Pakistan a una risoluzione del Parlamento europeo. Sakina non entra nei dettagli, si potrebbe trattare della richiesta a Islamabad, fortemente contestata dal ministero degli Esteri, di concedere libertà alle minoranze religiose, riconsiderare lo status commerciale preferenziale attribuito al paese asiatico e liberare la coppia di sposi cristiani, Shagufta Kausar e suo marito Shafqat Emmanuel, incarcerati e condannati a morte per blasfemia nel 2014 con accuse ridicole (Tempi vi aveva raccontato la loro storia qui), abrogando le controverse leggi sulla blasfemia.
Tanto è bastato a colleghi infermieri musulmani e paramedici per organizzare, armati di mazze e bastoni, una manifestazione di protesta nell’ospedale, intimidendo i colleghi infedeli in ogni reparto, cercando lo scontro, accusando l’infermiera di blasfemia. Secondo testimoni e una collega di Sakina, che ha accettato di parlare a Morning Star News a condizione di restare anonima, il gruppo ha fatto irruzione anche in una sala usata dai cristiani (circa 345 su 600 dipendenti) per pregare, distruggendo le Bibbie, affermando che non si sarebbe mai più pregato Cristo in quel luogo, nonostante questo «i lavoratori cristiani hanno mostrato grande saggezza controllando le proprie reazioni, altrimenti la situazione sarebbe potuta diventare molto violenta».
L’ospedale accusa i cristiani
Lunedì 3 maggio, il direttore Muhammad Ashraf ha designato una commissione di inchiesta per indagare sul misfatto formata da una sola persona, la responsabile degli infermieri Khalida Sulehri. «Una farsa, perché la stessa Sulehri era coinvolta nella pericolosa propaganda contro Sakina e aveva incoraggiato i lavoratori musulmani a portare a termine la manifestazione di protesta», afferma la collega dell’infermiera accusata di blasfemia. Il direttore ha anche convocato i dipendenti dicendo che si era trattato solo di «un malinteso. Sakina e le altre infermiere cristiane si sono scusate per aver condiviso il video controverso, e la questione è stata risolta».
Negando la profanazione di materiale “sacro” Ashraf ha parlato invece dell’irruzione nella sala in cui il suo predecessore aveva concesso, nel 2019, 30 minuti di preghiera a settimana ai membri cristiani dello staff: secondo il direttore, le manifestazioni sono scoppiate perché i cristiani pretendevano che la sala diventasse una chiesa («ma non c’è alcuna chiesa in nessun ospedale o dipartimento governativo, quindi naturalmente non permetterò che lo diventi»), impedendo che fosse ospitato qualunque altro evento.
Il caso di Mariam e Navish
La collega di Sakina nega tutto, affermando che lei e i colleghi sono stati presi di mira perché esiste un “piano sistematico” per sostituire i lavoratori cristiani con quelli musulmani. «Questo è solo un altro tentativo di intrappolare un lavoratore cristiano in un falso caso di blasfemia. Il pregiudizio dell’amministrazione nei confronti dei cristiani è evidente, perché nessuna azione è stata intrapresa contro le persone che hanno presentato false accuse contro Sakina mettendo a rischio la sua vita».
Il caso di Sakina segue quello di Mariam Lal e Navish Arooj, infermiere cattoliche dell’ospedale civile di Faisalabad, entrambe prese in custodia dalla polizia dopo aver rischiato il linciaggio dei colleghi musulmani ad aprile (una di loro è stata presa a coltellate a un braccio) con l’accusa di aver dissacrato il Corano e offeso il profeta. Le loro famiglie sono state costrette a nascondersi per paura delle ritorsioni degli islamisti che si sono riversati nelle strade chiedendo l’impiccagione delle donne. Tutto per avere accidentalmente rimosso un adesivo già strappato da un paziente ricoverato in psichiatria con una citazione del Corano: seguivano le direttive della capoinfermiera, stavano pulendo gli armadi. Ma sono state portate via dalla polizia perché la loro vita e quella degli altri dipendenti cristiani non fosse messa in pericolo dalla folla inferocita riunita fuori dall’ospedale, tra loro membri del partito estremista musulmano Tehreek-e-Labbaik Pakistan.
Tabita e la cospirazione
Pur scagionata da tutte le accuse, anche Tabita Nazir Gill, cantante gospel cristiana e infermiera al Sobrajh Maternity Hospital di Karachi, vive oggi nascosta con i suoi due figli per sfuggire alla giustizia sommaria degli islamisti che a febbraio l’hanno accusata di avere offeso Maometto. Non solo, l’hanno aggredita, torturata e picchiata selvaggiamente. Tutto a causa di un litigio con una collega che con la blasfemia non c’entrava nulla.
«Le accuse di blasfemia seguono sempre uno schema – ha denunciato all’agenzia Ucanews padre Bonnie Mendes, già segretario della Commissione nazionale giustizia e pace in visita ai malati dell’ospedale civile di Faisalabad il giorno prima che Mariam e Navish rischiassero il linciaggio -. Due decenni fa, i cristiani venivano solitamente accusati di bere l’acqua da una tazza riservata ai musulmani. Adesso le nostre infermiere sono prese di mira. C’era un programma in anticipo per radunare persone in ospedale dopo le preghiere del venerdì. La cospirazione continua».
L’arma della legge sulla blasfemia
Fuori dagli ospdali intanto continuano gli abusi della legge sulla blasfemia. Sempre a Lahore è stato arrestato a febbraio un 26enne, incarcerato per due mesi senza mai vedere un giudice o i familiari fino a confessare di aver commesso un reato di blasfemia: un gruppo di musulmani lo ha sentito leggere la Bibbia al Model Town Park insieme a un amico (che è riuscito a fuggire). Accusato di disprezzare l’islam e il suo profeta, Salamat Mansha Masih è stato «torturato mentalmente e fisicamente per confessare accuse prive di fondamento sotto minaccia di morte», ha subito denunciato il suo avvocato. Il ragazzo è stato torturato perché facesse anche altri nomi di amici cristiani.
Caterina Giojelli
7 maggio 2021
Un’altra infermiera cristiana accusata di blasfemia in Pakistan