Nell’ultima settimana di maggio si sono celebrati a Parigi i 150 anni della Settimana di Sangue, la sanguinaria fine della Comune del 1871, coda rivoluzionaria a cui molti moti del ’68 europeo si sono ispirati dipingendola di colori romantici.
Dal 25 al 30 maggio, per ricordare e onorare i martiri cattolici, il Papa aveva concesso l’indulgenza plenaria, la Diocesi di Parigi aveva organizzato una serie di iniziative e un breve pellegrinaggio (4 chilometri) ai luoghi del martirio dei cattolici. Ebbene i pellegrini sono stati aggrediti, sotto gli occhi della polizia, dai ‘nipoti’ comunardi comunisti del XIX secolo. Il vescovo di Parigi, Michel Aupetit, chiede rispetto per i credenti e denuncia un crescente laicismo e comunismo anticattolico nel paese. Il politicamente corretto che oggi, si veda Wikipedia per averne un’idea, innalza l’esperienza parigina ad una “grande esperienza di autogoverno della storia contemporanea”, cosa dirà delle aggressioni dei giorni scorsi?
Tra il settembre 1870 e il marzo 1871 a Parigi furono proclamati la Repubblica e l’autogoverno che proseguirono sino a quando Governo e Assemblea Nazionale (con sede a Versailles) spedirono l’esercito guidato dal generale Mac Mahon in città per riprendere il controllo della situazione. La Comune di Parigi (la bandiera rossa ne era il simbolo) impose la separazione tra Stato e Chiesa, abolì il precedente Concordato, riaffermò ovviamente i principi di libertà, quella di coscienza in particolare, e replicò le violente espropriazioni e i processi sommari contro il clero e i fedeli, complici a priori dei crimini della monarchia contro la libertà comunista. Nella loro riconquista della città di inizio aprile, le truppe nazionali fucilarono diversi prigionieri; ciò provocò la decisione della Comune di emanare il Decreto sugli Ostaggi del 5 aprile 1871. Testo base del totalitarismo giustizialista di ogni tempo: chiunque fosse sospettato di complicità veniva messo in galera; il tribunale in 48 ore decideva se confermare arresto e prigione. Ad ogni esecuzione di un membro della Comune da parte dell’esercito nazionale, i comunardi avrebbero risposto fucilando il triplo di prigionieri reclusi, chiamati ostaggi. Trecento tra ecclesiastici e suore vennero ammassati nelle prigioni parigine. Le accuse e le iniziative diffamatorie e blasfeme? Identiche a quelle della Rivoluzione del 1789-93 e alle attuali campagne contro la Chiesa.
Il 12 aprile 1871 l’arcivescovo di Parigi, Georges Darboy, scrisse al Governo nazionale per chiedere la fine delle esecuzioni, la richiesta venne rifiutata e il 24 maggio lo stesso arcivescovo e altri cinque sacerdoti ostaggi furono fucilati nel carcere della Roquette. Monsignor Darboy, poco prima di morire, diede un’ampia benedizione ai carnefici e venne poi freddato con un colpo di pistola alla testa. Gli ostaggi (sacerdoti e suore) non rappresentavano assolutamente nulla agli occhi delle autorità nazionali di Versailles, che erano tanto anticlericali quanto i comunardi. Tra i supposti 200.000 morti caduti nei mesi della reconquista di Parigi, non è per nulla chiaro quanti siano stati i sacerdoti, suore e laici cattolici fucilati dai plotoni ‘democratici’ della Comune.
Ma torniamo all’attualità. Lo scorso 29 maggio, un corteo di 300 cattolici francesi – donne, anziani e bambini inclusi – guidati dal vescovo ausiliare di Parigi, Denis Jachiet, voleva percorrere le strade cittadine di Parigi (originariamente da Piazza della Roquette alla chiesa di Nostra Signora della Croce) per commemorare con questa Marcia dei
Martiri i cattolici uccisi in nome dell’egualitarismo socialista e comunardo del 1870-71. Le immagini dell’aggressione ai partecipanti alla Marcia dei Martiri e il video delle violenze della squadraccia comunista sono scioccanti. Le testimonianze sono agghiaccianti. Appena iniziata la processione, racconta Le Figaro, «i fedeli hanno cominciato ad essere fischiati e insultati, giunti davanti al cimitero di Père-Lachaise, la tensione è aumentata quando il corteo ha incontrato i “manifestanti comunardi” con bandiere rosse, in realtà squadracce di “Antifa”, che hanno cercato di coprire il canto dei fedeli con lo slogan di sempre: morte ai fascisti e reazionari. Solo un poliziotto era in testa al corteo dei fedeli».
La cronaca su Twitter del professore di storia Nicolas Louis-Riel dà i brividi: “Non sto filmando perché io e i miei amici vogliamo rimanere calmi, ma vi assicuro che vale la pena fare questa esperienza per capire di cosa è capace questa sinistra… Una donna sta gridando insulti, una persona ci minaccia di volerci chiudere nelle camere a gas, un’altra minaccia di bruciare le nostre chiese… ci attaccano fisicamente e cominciano a lanciare grossi oggetti. I miei amici sono preoccupati per la loro sicurezza… La polizia era lì, ma chiaramente a corto di personale…”. Due i fedeli picchiati sulla sessantina, malmenati dopo essere stati trascinati a terra, un altro gravemente ferito al cranio e ricoverato in ospedale. Il commento del Ministro degli Interni, Gerald Darmanin, è identico ai proclami che accompagnarono il Decreto sulla separazione tra Stato e Chiesa del 1971:
“La libertà religiosa deve poter essere esercitata in serenità”.
Ieri, 1 giugno, l’arcivescovo Aupetit, sulle pagine de Le Figaro, ha mostrato tutta la sua indignazione per l’accaduto: “Non stiamo chiedendo privilegi speciali, stiamo semplicemente chiedendo un trattamento uguale alle altre religioni e comunità per quanto riguarda la protezione delle persone e il diritto di esprimere la nostra fede nella sfera pubblica, come la nostra Repubblica laica ci permette di fare, nella pace civile e nel rispetto del bene comune”. Noi cristiani vogliamo solo la libertà, gli scorsi giorni abbiamo visto a Parigi il prezzo che dobbiamo pagare per la nostra fede.
Luca Volonteè
2 giugno 2021