Il direttore dell’Aifa Magrini: nei pazienti fragili serve la terza dose per una protezione ottimale
«I dati sono ulteriormente rassicuranti sulla non comparsa di nuovi eventi avversi e confermano la presenza di soli sintomi lievi e transitori. Quindi questi vaccini oltreché straordinariamente efficaci sono altrettanto sicuri». Il rapporto di Aifa sugli «effetti» sfavorevoli dei vaccini è stato appena pubblicato e il direttore dell’agenzia Nicola Magrini lo legge in modo «assolutamente» positivo.
Però gli episodi gravi sono il 13,8%. Non pochi.
«Chiariamo che si tratta di segnalazioni di eventi e non di casi dove sia stato dimostrato il rapporto causale tra vaccino e conseguenze negative. La funzione della farmacovigilanza è proprio questa. Raccogliere tutto ciò che, ad un’analisi approfondita, potrebbe costituire un problema. Non abbiamo questa indicazione. La comunità scientifica non ha dubbi».
Terza dose, perché?
«Abbiamo individuato due popolazioni ben diverse tra loro, gli immunodepressi, che rappresentano una parte della più vasta popolazione dei fragili, e la popolazione generale. Per i primi c’è una certa urgenza di garantire una migliore maggior risposta al vaccino, mentre per la seconda occorre fare una riflessione, sulla base delle evidenze disponibili, di quali sottogruppi possono beneficiare di un richiamo e in che tempi».
Cosa sappiamo con certezza?
«Per i pazienti con rilevante immunodepressione, ci sono chiare prove che non rispondono in modo ottimale alle due dosi. Per esempio i trapiantati o i malati oncologici che hanno ricevuto chemioterapie o i dializzati. Un richiamo consente l’aumento della risposta immunitaria e quindi una maggiore protezione. Per gli immunodepressi la terza dose va quindi intesa come il completamento del primo ciclo vaccinale per portare la risposta a livelli ottimali».
Rapporto causa-effetto. Tanti gli episodi gravi?
Si tratta di segnalazioni. Non è sicuro il legame con l’inoculazione
E gli altri?
«Parliamo di persone che hanno risposto adeguatamente al vaccino ma in cui nel tempo la risposta tende a ridursi anche se gradualmente dopo 6-9 mesi. Tra questi, gli ultraottantenni, i pazienti delle Rsa e quelli a elevata esposizione al virus, come gli operatori sanitari, ai quali offrire in via prioritaria un richiamo».
Alcuni Paesi a basso reddito non hanno vaccini, come detto al G20, e noi avviamo la terza dose dopo gli impegni di aiutarli. È etico?
«L’attenzione all’etica anche a livello globale è di primaria importanza per noi tutti, e infatti Aifa parla di priorità e urgenza di completare il ciclo nei non vaccinati riferendosi sia all’Italia sia al mondo intero. L’Italia ha ospitato il G20 Salute con buoni risultati: una dichiarazione importante che mira a sostenere i programmi globali in modo finalmente serio compresi gli acquisti di vaccini per tutta la popolazione del Sud del mondo. Credo si sia espresso un pensiero coerente e finalmente unitario a livello internazionale. Un anno fa era impensabile».
Novità sui monoclonali?
«Sono una famiglia abbastanza eterogenea di farmaci e alcune associazioni di monoclonali hanno avuto solo recentemente conferme della loro efficacia su un numero maggiore di malati e situazioni cliniche per le quali vi è un beneficio chiaro. Al contrario alcuni monoclonali usati da soli sono stati messi da parte e lasciati in associazione. Rimangono per ora farmaci che, per la loro somministrazione endovenosa lenta, sono più gestibili in ospedale mentre il loro impiego in prevenzione e sottocute è in fase avanzata di studio».
La campagna
Vedremo a quali altri gruppi della popolazione generale sarà utile un’ulteriore iniezione
Che ruolo hanno i monoclonali rispetto ai vaccini?
«I vaccini sono molto importanti perché consentono di non prendere l’infezione o per pochi di averla in modo più leggero. I monoclonali hanno sinora mostrato di poter essere una terapia, una cura aggiuntiva — assieme all’ossigeno, agli anticoagulanti e al cortisone — con una efficacia discreta in pazienti con malattia moderata».
Margherita De Bac
Corriere della Sera
12 Settembre 2021