27 Settembre 2021
L’Istituto superiore di Sanità ha aggiornato, a seguito di nuovi dati, analisi e studi, le indicazioni sull’uso del vaccino anti-Covid-19 nelle donne in gravidanza e in allattamento. Ne da comunicazione il Ministero della Salute nella sua circolare più recente, datata 24 settembre nella quale vi è il documento con le nuove Indicazioni ad interim su vaccinazione contro il Covid-19 in gravidanza e allattamento a cura del Sistema di Sorveglianza Ostetricia italiana (ItOss) dell’Istituto Superiore di Sanità.
Raccomanda i vaccini a mRNA anche alle donne nel secondo e terzo trimestre di gestazione. Si sono avute ulteriori conferme sulla sicurezza della vaccinazione sia per la madre sia per il feto da un lato e dall’altro, perché, con la variante delta, la cui diffusione è aumentata, c’è il rischio di contrarre una morbosità maggiore.
Invece nel primo trimestre si ritiene opportuno, poiché le evidenze scientifiche sono assai poche, di valutare assieme ad un sanitario i rischi e i benefici della vaccinazione; anche perché, una semplice reazione come può essere la febbre, per una donna in stato di gravidanza può comportare nel feto il rischio di malformazioni congenite.
La vaccinazione rimane una priorità per le donne che svolgono attività in cui il rischio di contrarre l’infezione da Sars-CoV-2 è più elevato; ad esempio quelle che lavorano in ambito sanitario o le caregiver. O anche per coloro che per età, superiore ai 30 anni, o per comorbidità o per obesità (un’indicatore di massa corporea superiore ai 30) o anche per provenienza da Paesi in cui vi è alto tasso migratorio.
Le donne devono prendere una decisione solo dopo che i sanitari abbiano spiegato in modo chiaro i rischi e i benefici della vaccinazione a cui possono incorrere. Se le persone che convivono con la donna in gravidanza si vaccinano, che l’Iss raccomanda, per le donne sia in gravidanza che in allattamento diminuisce il rischio di contagio.
Nell’ipotesi che una donna scopra di essere in stato di gravidanza dopo che è stata vaccinata, gli studiosi dell’Iss sostengono che non va incontro ad una possibile interruzione e in tal caso la somministrazione della seconda dose potrà essere posticipata al secondo trimestre.
Riguardo all’allattamento le donne, come era già stato in precedenza comunicato, possono vaccinarsi e continuare l’allattamento, in quanto il latte dà al neonato gli anticorpi contro il virus Sars-CoV-2, e proseguire con il calendario vaccinale senza modifiche.
Infine l’Iss viene ricordato che per la prevenzione valgono, sia se si è vaccinati che non lo si è, le misure anti-contagio. Dall’igienizzazione frequente delle mani all’uso della mascherina nei luoghi chiusi e quando si è a contatto con persone non conviventi e non vaccinate. Dal rispetto della distanza fisica di sicurezza alla ventilazione degli ambienti.
Alcune evidenze citate nel documento
In termini di efficacia e sicurezza
Per il primo aspetto nonostante i diversi studi, come quello israeliano di tipo retrospettivo che riporta un rischio minore di contrarre l’infezione in chi si vaccina, non vi sono evidenze finora che possono dirsi conclusive per il basso numero di donne arruolate ai trials.
Invece per il secondo aspetto, vi sono evidenze, anche per l’alto numero di vaccinazioni effettuate durante il periodo di gravidanza, più di 200mila, di effetti avversi maggiori rispetto ad una popolazione non in gravidanza. Alcuni studi osservazionali su gruppi più piccoli non si sono mostrate differenze nei sintomi tra le due categorie.
Non si hanno evidenze conclusive sui benefici del vaccino nel primo trimestre. Viene citato piuttosto un’aumento del rischio di contrarre la malattia rara del difetto del tubo neurale causata dalla febbre che la vaccinazione può portare. In recenti studi osservazionali condotti in Israele e negli Stati Uniti sui vaccini a vettore mRNA somministrati durante la gravidanza è emerso che la febbre è stata segnalata nel 3% delle donne vaccinate dopo la prima dose (256 casi su 9052) e nel 25% dopo la seconda dose (1648 casi su 6638).
Il fatto che i vaccini sono del tutto non vivi l’Iss informa che non vi è alcuna possibilità per il neonato di ricevere un danno dal latte di madre vaccinata perché il vettore messaggero mRNA si degrada velocemente senza entrare nel nucleo cellulare e non vi è traccia nel latte materno. E viene anche esclusa una possibile interferenza sulla fertilità.
Quali sono gli effetti che la malattia da Covid-19 può causare alla madre e al feto? Uno studio italiano dell’ItOss
Il Sistema di sorveglianza ostetricia italiano dell’Iss ha effettuato uno studio prospettico in cui ha raccolto e analizzati i dati delle donne contagiate da Sars-Cov-2 nello stato di gravidanza, per il parto o in puerperio che si sono rivolte ai presidi sanitari durante la prima e la seconda ondata dell’epidemia, l’una tra il 25 febbraio e il 31 agosto 2020 e l’altra tra il 1 settembre 2020 e il 30 giugno 2021.
Nel primo periodo l’incidenza dell’infezione da Sars-CoV-2 in gravidanza riporta una stima che si avvicina a quella della popolazione femminile di età compresa tra i 15 e i 49 anni i cui casi di positività sono stati segnalati alla sorveglianza nazionale. Risulta 3,5 casi ogni 1000 parti rispetto al tasso di 3,8 per mille nell’altro tipo di popolazione citato.
Dal 25 febbraio 2020 al 30 giugno 2021 nei 315 punti nascite che hanno assistito donne in gravidanza ricoverate e positive al virus vengono segnalati 3.306 casi con diagnosi positiva entro 7 giorni dal ricovero di cui 450, o il 13,6% sono state ricoverate soprattutto per il Covid-19. Dalla fine di aprile 2020 con il tampone si è potuto identificare non solo quelle positive ma anche quelle asintomatiche. Il 64,3% della coorte risulta asintomatico durante la diagnosi e il 12,8% ha sviluppato una polmonite da Covid-19.
Invece da maggio 2020 con l’identificazione delle donne asintomatiche si è avuto di conseguenza una diminuzione della prevalenza di polmoniti dal 27,9% nella prima ondata e al 9,8% nella seconda.
Tra le 3.306 donne positive arruolate nello studio l’87,2% pari a 2882 ha sviluppato una forma lieve di malattia da Covid19 senza avere problemi di polmonite e bisogno di un supporto ventilatorio. Invece il 3,3%. pari a 108 casi ha avuto una forma moderata, che ha richiesto per la cura della polmonite l’ossigenoterapia. Per una polmonite grave ha richiesto un supporto ventilatorio e un ricovero in terapia intensiva. Si è registrato un decesso.
Tabella 1 – Esiti delle donne arruolate dal 25 febbraio 2020 al 30 giugno 2021 (Fonte: Indicazioni ad interim cit.)
Esiti Totale (N=3.306)
n. n. %
No polmonite 2882 87,2%
Polmonite con al più ossigenoterapia 316 9,6%%
Polmonite con supporto ventilatorio e/o ricovero in terapia intensiva 108 3,3%
Ventilazione meccanica non invasiva 100 3,0%
Intubazione orotracheale 35 1,1%
ECMO 7 0,2%
Terapia intensiva 75 2,3%
Grave morbosità materna 84 2,5%
Morte materna 1 0,03%
ECMO: extracorporeal membrane oxygenation
I casi di polmonite si sono triplicati con necessità di sostegno ventilatorio e/o ricovero in terapia intensiva; un aumento che può essere dovuto alla circolazione del ceppo inglese del virus (variante Aifa) che si presume sia aumentata al primo trimestre e associata a una maggiore morbosità materna.
Allo studio che ha concluso l’analisi al 30 giugno 2021 manca l’impatto della variante Delta sulle donne in gravidanza che ha iniziato a circolare da luglio. Fa comunque osservare che rispetto ai dati nel periodo della prima ondata da febbraio a maggio 2020 caratterizzato dal ceppo originale del virus nel periodo successivo in cui è prevalente la variante inglese Aifa, da febbraio a giugno 2021 si è triplicato il bisogno di supporto ventilatorio e/o di ricovero in terapia intensiva tra le donne con polmonite da Covid-19.
Si riporta uno studio britannico condotto a livello nazionale da UkOss con la stessa metodologia prospettica e basato sulla popolazione, che ha esaminato donne in gravidanza con confermato test positivo al Covid nei sette giorni di ricovero ospedaliero tra il 1 marzo 2020 e l’11 luglio 2021. Si è riscontrato un maggior aumento di infezioni nella maternità e nel periodo peritanale nel periodo in cui le varianti Alfa e Delta sono circolate rispetto al periodo del ceppo virale originario. Infatti su 3.371 donne la gravità dell’infezione è risultata «significativamente aumentata, passando dall’iniziale 25% nel periodo caratterizzato dalla circolazione del ceppo originale del virus al 35,8% durante il periodo in cui circolava prevalentemente la variante Alfa, fino al 45% nel periodo a predominanza della variante Delta». Inoltre le donne colpite dalla variante Alfa e Delta hanno avuto una polmonite da Covid-19 più frequente, più spesso ricoverate in terapia intensiva e più bisogno del ventilatorio.
Per questo motivo e alla luce di una circolazione in aumento della variante Delta e per il fatto che non sono giunte segnalazioni di eventi avversi gravi con l’aumentare della vaccinazione delle donne, il 22 luglio 2021, riporta il testo, la Gran Bretagna ha raccomandato la vaccinazione anche alle donne in gravidanza dopo il comunicato della Royal College of Obstetricians and Gynecologists e successivamente anche il governo australiano e successivamente in altri Paesi.
Sigo e altre autorità scientifiche condividono la circolare ministeriale
La circolare ministeriale è condivisa in una nota stampa dalla Società italiana di Ginecologia e Ostetricia Sigo con le confederate Aogui, Agui e Agite. Il vaccino contiene l’informazione tramite mRna messaggero e non il virus. Pertanto, afferma la Sigo che non ci sono ragioni per ritenere che il vaccino aumenti il rischio teratogeno (di malformazioni) e che aumenti il rischio di aborto nel primo trimestre.
Inoltre riporta una raccomandazione recente, datata 2 settembre 2021, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: non fare il test di gravidanza se non prima di essere vaccinati e di non ritardare o interrompere la gravidanza a causa della vaccinazione.
Si può anche vedere il video realizzato dalla Sigo che dà alcuni consigli scientifici e sfata false raccomandazioni. Una, ad esempio, è: Non si conoscono controindicazioni alla vaccinazione contro il Covid-19 in gravidanza, al contrario non si conoscono quali complicanze possano eventualmente svilupparsi per il feto nelle donne contagiate.
CCBYSA