Origine Covid, Steven Quay: “Al 99,8% è stato creato in laboratorio. Oms lo sa, ha le prove ma anche le mani legate dalla Cina”. L’intervista esclusiva dello scienziato ad Atlantide, su La7.
Al 99,8% il Covid è stato creato in laboratorio. Ad elaborare questa percentuale è lo scienziato Steven Quay, uno dei più autorevoli ricercatori al mondo, fondatore della Atossa Therapeutics. Nell’intervista esclusiva rilasciata ad “Atlantide”, il programma condotto su La7 da Andrea Purgatori, ha spiegato che nella stessa indagine dell’Oms ci sono le prove del fatto che il virus Sars-CoV-2 non abbia un’origine naturale. «Lì ci sono molte informazioni che messe assieme suggeriscono un’origine artificiale del virus, di laboratorio». Il nuovo coronavirus ha due caratteristiche chiave che suggeriscono il fatto che sia frutto della manipolazione genetica, cioè che sia stato modificato tramite il gain-of-function, «una tecnica con la quale si cambiano le caratteristiche di un virus. Può essere reso più efficace in modo che occorra una carica minore per infettare o più trasmissibile, più patogeno o più letale». Queste modifiche permettono al virus di causare una forma più grave della malattia rispetto a quella che provocherebbe evolvendosi in natura, «una sindrome letale che necessita di ospedalizzazione e non di semplici cure casalinghe». Nel caso del Covid, le due caratteristiche non sono mai state osservate prima in questa classe di patogeni.
La prima caratteristica riguarda una zona della proteina spike, attivata da un enzima chiamato furina. Gli scienziati hanno osservato un’interazione così efficace che non è mai stata notata prima. «Questa interazione immediata rende più facile la trasmissione e determina quali organi il virus attacca. Inoltre, permette al virus di aggredire non solo le vie aree, ma vasi sanguigni, cuore e cervello. Quindi, aggiunge alla naturale capacità infettiva una dose maggiore di
L’altra caratteristica definita «insolita» dallo scienziato è la capacità di passare facilmente da uomo a uomo. «I virus animali non sono da subito in grado di compiere il salto di specie e infettare l’uomo. Non si è mai registrata una trasmissione uomo-uomo all’inizio di un’epidemia. Di solito la natura ci dà il tempo di capire come si evolve il virus». Per questi motivi ritiene che Sars-CoV-2 «sembra addestrato in laboratorio per infettare i cosiddetti topi umanizzati, cioè modificati per sviluppare tessuti polmonari come i nostri. Nella ricerca di laboratorio si insegna ad un virus come infettare quei tessuti umani per studiarne le conseguenze, ma se poi viene a contatto con un vero essere umano, lo infetta facilmente».
Per rendere ulteriormente chiare le cose, Steven Quay ha tirato in ballo le altre due epidemie da coronavirus, la Sars (2003-2004) e la Mers (2015). «In entrambi i casi il virus arrivava da un pipistrello. Il patogeno è saltato dal pipistrello ad un mammifero intermedio, lo zibetto o il cammello, poi ha passato 6-12-24 mesi in quell’animale, imparando lentamente a infettarlo meglio, solo dopo è passato agli umani». Questo è il cosiddetto “spillover”. Invece con Sars-CoV-2 non c’è alcuna prova di un ospite intermedio (e negli ultimi giorni è emersa l’ipotesi di più ospiti intermedi). Ma lo scienziato americano ha spiegato ad Andrea Purgatori: «Il virus non c’è in nessuno degli 80mila animali esaminati in Cina. Improvvisamente è comparso nell’uomo e con una capacità trasmissione rapida». Tutte queste sono informazioni utili che potevano essere condivise prima. «Se le avessimo avute a dicembre non avremmo avuto lo stesso numero di morti. È l’informazione chiave che la Cina ha tralasciato di dare all’Oms e al resto del mondo». Riguardo eventuali tracce di manipolazione, Steven Quay ha ricordato che ci sono tecniche che consentono di non lasciarne. Ma comunque gli indizi non mancano, a partire dalla furina. «Per migliaia di anni questo tipo di virus non ha avuto accesso alla furina delle cellule umane e improvvisamente sì, grazie a quella chiave enzimatica di trasmissione». C’è poi la «strana» predisposizione per l’uomo. «Se osservate le varianti possibili, troverete il 99% di caratteristiche giuste per infettare gli esseri umani. La Sars aveva solo il 25% delle varianti per innescare l’epidemia, poi gli ci è voluto un anno per passare al 100%. Qui abbiamo da subito il 99,5% già a dicembre».
GLI INTERESSI IN BALLO
Eppure, sin dall’inizio della pandemia chi metteva in dubbio l’origine naturale del Covid veniva tacciato come complottista. E sono stati usati tre studi scientifici per ribadire tale tesi, ma in realtà «in quegli articoli si diceva che c’è almeno il 60-70% di possibilità che il virus provenga da un laboratorio». E questo è uscito fuori grazie al lavoro dei giornali di tutto il mondo che hanno cominciato ad esaminare quei tre studi. Va poi considerato un altro fattore, tutt’altro che secondario: gli interessi in ballo. «Gli studi sul gain-of-function rientrano in un tipo di ricerca che si fanno in tutto il mondo. Ci sono borse di studio, studenti e ricercatori, stipendi e fondi universitari. C’è un incentivo per le persone che fanno ricerca a girarsi dall’altra parte, perché l’ultima cosa che vorrebbero è che le loro ricerche vengano messe al bando. Ma per me vanno regolate meglio». In questo scenario si inserisce la Cina che, come spiegato da Steven Quay ad “Atlantide”, negli ultimi 5-10 anni ha coltivato con profitto una serie di relazioni con gli istituti di ricerca di tutto il mondo, acquisendo così un «soft-power». Queste collaborazioni, peraltro, attraggono scienziati, «perché c’è un giro di soldi in entrambe le direzioni». Ma serve trasparenza. «Sullo sfondo esistono relazioni personali tra scienziati che dovrebbero essere chiarite o segnale come potenziale conflitto di interessi». Ma è una questione che riguarda anche gli Stati Uniti, dove la comunità scientifica sostiene con forza la ricerca, per questo arriva ad assumere anche un atteggiamento politico quando si tratta di affrontare il tema dell’origine del coronavirus.
LA VERITÀ CHE L’OMS NASCONDE
Andrea Purgatori lo ha sollecitato poi sul rapporto dell’Oms, su cui andrebbe fatta chiarezza, considerando quanto rivelato da Steven Quay. «Io in realtà vorrei complimentarmi con gli esperti dell’Oms perché hanno avuto tutti contro e sono riusciti con grande impegno a mettere insieme 400 pagine di report che contengono tutte le informazioni utili per stabilire l’origine del coronavirus». Eppure, gli esperti dell’Oms non hanno preso una posizione netta. «In quelle pagine si dice a gran voce che non è un’origine naturale, quindi non può che provenire da un laboratorio. Ma sin dall’inizio ha avuto le mani legate, soprattutto dalle richieste del governo cinese, di cui era ospite. Nonostante ciò, il loro rapporto contiene molti dati grezzi interessanti, solidi dal punto di vista scientifico che potrebbero portare alla conclusione di un’origine non naturale del virus». A proposito del virus, ha concluso con una dichiarazione interessante sulle sue caratteristiche: «Appare come una coltura pura, come fatto in vitro, mentre Sars e Mers mostravano strutture più complesse».
Silvana Palazzo
Il Sussidiario – 21 Settembre 2021