Rasi: la perdita di copertura è progressiva. Non significa perdere le difese, ma che queste difese tendono ad abbassarsi. Anche infettandoci, non rischiamo comunque di ammalarci delle forme severe di Covid-19 e di finire in ospedale. Ricordiamo poi che la produzione di anticorpi avviene sotto lo stimolo del virus. Il sistema immunitario è una macchina prodigiosa e sa bene quando è il momento di mettersi in azione. È dotato di memoria, sa reagire di fronte all’attacco del Sars-CoV-2 e chiama a raccolta gli anticorpi».
Accelerare la somministrazione delle terze dosi a tutta la popolazione che ne ha già avute due?
«Non lasciamoci catturare da psicosi immotivate», resta con i piedi per terra Guido Rasi, consigliere del commissario per l’emergenza Francesco Figliuolo, microbiologo. Non esclude che però «con il tempo ci si arriverà, fermo restando che adesso è più importante distribuire il richiamo, il booster, agli ultrasessantenni, come previsto nell’ultima circolare del ministero della Salute».
E per i più giovani?
«I dati che stiamo accumulando sul campo ci diranno se il decadimento della risposta immunitaria è una prerogativa dei più anziani o se il fenomeno coinvolge i cinquantenni e le classi d’età inferiori. Nessuno ci corre dietro. C’è tempo per verificare se anche questa popolazione è esposta al contagio dopo aver ricevuto il ciclo completo».
È vero che il vaccino monodose di Johnson&Johnson mantiene meno a lungo l’immunità, addirittura appena due mesi?
«Non è proprio così. Come per tutti gli altri vaccini, dopo due mesi comincia a declinare la risposta immunitaria ed è ragionevole che dopo sei mesi valga la pena ricevere una seconda somministrazione. Non c’è ragione di allarmarsi. Non è una sorpresa che anche per Johnson&Johnson sarebbe servita la dose di richiamo».
Anche per gli immunizzati con Johnson&Johnson il richiamo sarà a base di un composto a mRna?
«Sì, tanto più che abbiamo prova dell’efficacia del mix eterologo che offre risultati migliori sul piano della protezione».
Spieghiamo meglio il concetto del decadimento delle difese immunitarie.
«Non significa perdere le difese, ma che queste difese tendono ad abbassarsi. Anche infettandoci, non rischiamo comunque di ammalarci delle forme severe di Covid-19 e di finire in ospedale. Ricordiamo poi che la produzione di anticorpi avviene sotto lo stimolo del virus. Il sistema immunitario è una macchina prodigiosa e sa bene quando è il momento di mettersi in azione. È dotato di memoria, sa reagire di fronte all’attacco del Sars-CoV-2 e chiama a raccolta gli anticorpi».
La precedenza
Medici e operatori lavorano in ambienti a rischio e sono stati vaccinati a inizio anno
Quindi?
«Il decadimento dell’immunità è lineare, progressivo, non c’è una data di scadenza».
E allora che bisogno c’è di ricorrere alla terza iniezione (o la seconda, per chi ha fatto Johnson&Johnson)?
«I primi vaccinati possono infettarsi e si è visto che l’infezione è più frequente dopo sei mesi dal completamento del ciclo di base. Arrivare a un numero più basso di contagi significa ridurre ulteriormente la circolazione del virus, non lasciargli spazio e anche reagire più rapidamente al suo assalto. In Italia non abbiamo un problema di scorte quindi è meglio fare tutto ciò che può servire a salvaguardare i nostri concittadini. I vaccini sono sicuri».
Gli insegnanti spingono per avere la terza dose. Hanno ragione?
«Per il momento la discriminante è l’età. Se hanno più di 60 anni possono fare il richiamo altrimenti aspettano fino a quando si dovesse decidere diversamente. Gli operatori sanitari che in questa fase stanno ricevendo la terza iniezione lavorano in ambienti dove il rischio di infettarsi è maggiore, ecco come mai è stata data loro la precedenza. Oltretutto sono stati i primi a essere stati vaccinati nei primi mesi del 2021».
Come mai il richiamo di Moderna autorizzato dall’agenzia europea Ema contiene la metà della dose utilizzata per i primi due inoculi?
«Contiene una quantità di Rna, la parte che consegna alle cellule il messaggio di produrre anticorpi contro il virus, quasi tripla rispetto a Pfizer/BioNTech».
L’avvio dell’operazione terza dose ha messo in difficoltà l’organizzazione?
L’organizzazione
Funziona bene grazie alla grande disponibilità di preparati. Estremamente ridotte le prime dosi
«Nessun problema, grazie alla grande disponibilità di vaccini. Purtroppo la richiesta di prime dosi si è estremamente ridotta una volta esaurita l’ondata dei ritardatari».
Margherita De Bac
Corriere della Sera
27 Ottobre 2021