«È in arrivo un nuovo antivirale, il molnupiravir, con il vantaggio che può essere preso per bocca (a differenza di un altro composto, il remdesivir che si inietta endovena) per combattere le prime fasi di malattia. Poi abbiamo gli anticorpi monoclonali, sempre per la malattia iniziale, e i nuovi inibitori delle citochine che contrastano le forme più gravi (quando compare la cosiddetta “tempesta citochinica” una grave infiammazione generalizzata che colpisce vari organi). L’obiettivo ora è trovare la terapia giusta per il paziente giusto al momento giusto.
Il nuovo Sars-CoV-2 non conosce confini e nemmeno sbarre: così è arrivato anche nelle carceri. Alberto Mantovani, immunologo, una delle voci più autorevoli del mondo scientifico internazionale, è reduce da un incontro con i detenuti delle casa circondariale di Bollate (Milano). «La domanda che mi ha posto, con competenza, un detenuto laureando in filosofia, è sul vaccino — dice Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano e professore emerito dell’Humanitas University—. Eccola: “Ma si tratta di un vaccino sperimentale?”».
E lei che cosa ha risposto?
«Che no, non è un vaccino sperimentale: ormai milioni di persone sono state vaccinate, nel mondo, con i preparati oggi disponibili, che si sono rivelati sicuri e capaci di contrastare anche le nuove varianti del nuovo coronavirus».
Risposte dettate dalla conoscenze scientifiche che si vanno via via accumulando. È così?
«Certo, ma in ogni caso sono rimasto molto colpito dal livello di interesse che ho percepito a Bollate».
La pandemia di Covid ha costituito una grande sfida per la ricerca scientifica. Se oggi abbiamo nuovi vaccini e farmaci lo si deve a studi partiti da lontano, magari in altri settori (per dire: il vaccino a mRna arriva dalle sperimentazioni sul cancro e gli antivirali devono un tributo alla ricerca che ha combattuto l’Hiv, il virus dell’Aids). A che punto siamo?
«Un anno e mezzo fa brancolavamo nel buio di fronte a un nemico nuovo. Adesso lo scenario è totalmente cambiato. Non soltanto abbiamo i vaccini, ma anche nuovi farmaci, che affiancano i “vecchi” rivelatisi efficaci, come il cortisone».
Quali?
«È in arrivo un nuovo antivirale, il molnupiravir, con il vantaggio che può essere preso per bocca (a differenza di un altro composto, il remdesivir che si inietta endovena) per combattere le prime fasi di malattia. Poi abbiamo gli anticorpi monoclonali, sempre per la malattia iniziale, e i nuovi inibitori delle citochine che contrastano le forme più gravi (quando compare la cosiddetta “tempesta citochinica” una grave infiammazione generalizzata che colpisce vari organi). L’obiettivo ora è trovare la terapia giusta per il paziente giusto al momento giusto. Attenzione, però…».
A cosa?
«Tutti questi farmaci non devono essere un alibi per sfuggire al vaccino».
Vaccini, appunto. E la terza dose?
«È raccomandabile perché il virus e le sue varianti stanno circolando. Non sappiamo ancora bene come il nostro sistema immunitario, stimolato dai vaccini, stia reagendo al virus. L’invito è: allacciare le cinture di sicurezza. E per me, appassionato di calcio (interista, ndr), è importante mettere in campo uno schema di gioco, per dire, contro il Barcellona che permetta anche di affrontare il Real Madrid (chi si intende di calcio capirà, ndr)».
E la quarta dose?
«Pensare alla quarta dose è prematuro. La scelta dipenderà da alcune valutazioni. La prima: capire se il nostro sistema immunitario ha memorizzato le informazioni dei vaccini già eseguiti. E se sì, seconda valutazione, quanto questa memoria può durare: al momento non possiamo fare previsioni. Fare la terza dose è un buon allenamento per rispondere a un’eventuale quarta dose, se necessaria. Ricordiamoci, ad esempio, che facciamo ogni anno il vaccino anti-influenzale e non sarebbe un problema fare richiami periodici anche per il Sars-CoV-2».
Un commento sul nuovo vaccino Novavax, molto atteso e in fase di approvazione, costruito con tecniche tradizionali che prevedono l’uso di frammenti del virus?
«Sarebbe un’arma in più, ma arriva un po’ in ritardo ed è meno adattabile degli altri a nuove variazioni del virus».
Insomma la ricerca procede a piccoli passi, fra ipotesi e verifiche, che poi hanno un riscontro sul piano pratico…
«Fare ricerca è come scalare una montagna (Mantovani è anche un appassionato alpinista, ndr): si deve fare passo dopo passo, ma sempre in sicurezza».
E la nuova variante Omicron?
«Al momento conosciamo soltanto aneddoti dalla linea del fronte (cioè dal Sud Africa, dove si dice sia comparsa per la prima volta, ndr). Occorre un po’ di tempo per capire che cosa succederà nei vari Paesi, che hanno storie diverse».
La ricerca scientifica ha risposto alla grande a questa emergenza. Ma non ha penalizzato altri settori, così come l’assistenza sanitaria ha trascurato pazienti non-Covid in questi ultimi mesi?
«Forse sì, ma questa situazione ha portato anche a nuove aperture. Mai come in questa occasione ho avuto modo di comunicare con scienziati di tutto il mondo: è un presupposto per un nuovo modo di fare ricerca insieme».
Covid-19 ha anche cambiato le modalità di pubblicazione delle ricerche nella letteratura scientifica, che è considerata la fonte primaria di informazione, anche per i media. Oggi si pubblica su piattaforme, tipo medRxiv, prima della revisione degli studi da parte di esperti. Tutto questo non genera confusione anche nelle notizie che arrivano al pubblico?
«Non ho mai pubblicato su queste piattaforme prima, ma negli ultimi due anni sì. Il vantaggio è che si condividono, in tempo reale, informazioni che possono cambiare, rapidamente, le politiche sanitarie a favore dei pazienti. Poi c’è il rovescio della medaglia, che deve fare i conti persino con le riviste “pirata” che diffondono lavori non certificati, solo per business».
Quali?
«Ecco un esempio. Un piccolo studio francese ha sdoganato l’uso dell’idrossiclorochina (il farmaco antimalarico propagandato anche da Donald Trump, ndr) nella cura di Covid (rivelatosi un bluff). E ancora: una meta-analisi sull’ivermectina, una molecola anti-vermi, l’ha spacciata per cura anti-Covid, ma senza dimostrazioni di reale efficacia. Pattume su pattume».
Adriana Bazzi
Corriere della Sera
6 Dicembre 2021