La ragazza di 16 anni, di Vitinia (Roma), guarita dal Covid un anno fa, racconta in una lettera la sua lotta contro gli strascichi fisici e psicologici della malattia.
Il virus che è entrato a far parte delle nostre vite ormai da più di due anni, e a cui purtroppo tanta gente stenta a credere, io l’ho vissuto in prima persona . Sono stata male e sono stata ricoverata nell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Palidoro (Roma). Ho perso l’olfatto e il gusto, ho sviluppato una bronchite trasformata poi in tracheite e sfociata in tosse nervosa che ho capito solo dopo essere un modo involontario di sfogare ansia e stress. Ho avuto disturbi intestinali e febbre alta. Tutto questo solo nel periodo della malattia. Non sono più felice come prima, non sorrido più come una volta e vorrei solo che tutto tornasse com’era. La mia speranza è di riuscire a superare questo periodo e di uscirne più forte. Ci sto provando e forse ci sto riuscendo.
Il virus purtroppo non ha coinvolto solo me ma anche mia mamma e il suo compagno (Ale), mia sorella e i nonni. Ho visto mia madre a letto con la febbre altissima e stavo morendo dalla paura perché non vedevo miglioramenti. Ale ha avuto una polmonite aggressiva e difficoltà respiratorie; è venuta a prenderlo l’ambulanza e mi è sembrato di vivere un déjà vu. A 9 anni ho perso mio papà. Ero molto legata a lui e quando stava per andarsene l’ho visto per l’ultima volta mentre veniva portato via in barella. Poi hanno ricoverato anche me per tachicardie e dolori toracici, preoccupati per un’eventuale patologia cardiaca ereditata da mio padre. Sono stata nel reparto Covid nonostante mi fossi negativizzata. Strano a dirsi, lo so, ma è stata una boccata d’ossigeno: mi sono ritrovata in camera con due ragazzi della mia età, con un bimbo e le loro madri, abbiamo fatto amicizia e condiviso le nostre esperienze. È stato il primo contatto con altre persone dopo un mese di isolamento. Mi hanno dimesso con la raccomandazione di un confronto psicologico.
Dopo le vacanze di Natale sarei dovuta tornare a scuola e tutto sarebbe dovuto tornare alla normalità, ma non è stato così. La tosse non passava. La mia ansia di uscire e di parlare con i miei compagni aumentava. Avevo difficoltà a interagire con i miei amici, non mi sentivo più capita. Sono rimasta a casa fino a maggio, seguendo le lezioni in didattica a distanza tra un controllo in ospedale e le sedute dalla psicologa. Ma quell’ansia cresceva sempre più: avevo e tuttora ho paura del giudizio degli altri. Sono cominciate crisi e attacchi di panico, pianti notturni e insonnie. Sentivo di meritare quello che mi stava succedendo, mi ripetevo di essere stupida e debole, di non poter proteggere nessuno e che per le persone sarebbe stato meglio non avermi nella loro vita, chiudendomi così in me stessa e continuando a pensare di essere un peso. Ho cominciato a guardare il mio corpo in modo critico, cercando di avere il controllo su tutto ciò che mangiavo.
Tornata a scuola, mi sentivo gli occhi addosso e non smettevo di pensare a cosa compagni e professori pensassero di me. I più insignificanti commenti mi facevano sentire ancora più piccola di quanto già non mi considerassi. Poi è arrivata l’estate e le cose sono migliorate. Ma a luglio sono stata operata alle tonsille e il recupero è stato duro. Usando la scusa del dolore, ho smesso di mangiare. Non avevo forze, ero sempre nervosa e non volevo vedere nessuno. Tornata a Roma e a scuola ecco di nuovo l’ansia, le paure, i problemi con l’alimentazione, il peso del giudizio, il perfezionismo. Cose che continuano ancora. Mi sento fragile. Sono poche le persone con cui sto davvero bene e preferisco passare il tempo con la mia famiglia. Non sono più felice come prima, non sorrido più come una volta e vorrei solo che tutto tornasse com’era. La mia speranza è di riuscire a superare questo periodo e di uscirne più forte. Ci sto provando e forse ci sto riuscendo.
Pur sentendomi sola non lo sono mai stata. I miei amici più cari e la mia famiglia sono sempre rimasti al mio fianco anche nei momenti critici, a partire da mia sorella di soli 10 anni che quando mi vede piangere viene da me per darmi una carezza di conforto, passando per mia mamma, la donna più forte che abbia mai conosciuto, dolce e comprensiva senza mai perdersi d’animo, arrivando ad Ale e ai miei nonni che fanno di tutto per strapparmi un sorriso. Loro mi hanno convinta a lottare per la mia felicità, a riprendere la mia vita in mano per tornare a scherzare con la spensieratezza di prima e a rapportarmi con gli altri per la sola gioia di farlo. A tutte le persone che l’hanno persa, auguro di ritrovare la felicità. Chiedete aiuto ma contate soprattutto su voi stessi.
Elisa Cavaliere
Corriere della Sera
11 Dicembre 2021