L’uomo di 42 anni è stato torturato e si trova in carcere da quattro anni per false accuse di blasfemia, fabbricate ad arte da un musulmano che non voleva pagare i propri debiti. La corte ha rinviato ancora il suo rilascio su cauzione
Un volantino all’esterno del ministero per gli Affari religiosi a Islamabad, Pakistan, spiega che la punizione per chi si macchia di reati di blasfemia è la morte per decapitazione (Creative Commons)
La Corte suprema del Pakistan ha deciso di rinviare ancora una volta la decisione sul caso di Nadeem Samson, cattolico accusato ingiustamente di blasfemia in Pakistan e detenuto a Lahore dal 2017. Il suo caso è l’ennesima dimostrazione di come la legge nera sulla blasfemia venga utilizzata in modo strumentale per lucrare vantaggi economici a danno dei membri delle minoranze religiose.
Il caso di Nadeem Samson
Un regolare contratto firmato con Sakhawat Dogar prevedeva che Samson avrebbe vissuto per un anno e mezzo in una casa di proprietà del musulmano nel quartiere di Shahdara (Lahore) senza corrispondergli alcun affitto, ma versandogli una cauzione anticipata di 4.000 dollari. Dogar avrebbe dovuto restituire la cauzione al termine del periodo di residenza.
Ma dopo un anno e mezzo, Dogar si è rifiutato di restituire a Samson i 4.000 dollari e per evitare problemi legali ha fabbricato insieme al parente Abdul Haq, informatore della polizia, false accuse di blasfemia contro l’erborista cattolico di 42 anni. I due hanno infatti creato un finto account personale Facebook, con il nome “Goga Abdul Haq”, utilizzando il numero di cellulare di Samson e pubblicando frasi blasfeme e insulti all’islam e a Maometto.
Le false accuse di blasfemie e le torture
Il 24 novembre 2017 la polizia ha fatto irruzione in casa di Samson, lo ha ammanettato e, secondo la versione del cattolico, ha collegato sia il suo telefono che il suo computer portatile al finto account Facebook. Poi gli agenti lo hanno torturato e costretto a confessare di aver scritto i messaggi blasfemi allo scopo di «rovinare la reputazione» di Abdul Haq. Infine, hanno portato fuori di casa tutti i suoi possedimenti e li hanno bruciati.
Solo in seguito, Samson è stato denunciato formalmente alla polizia di Lahore. Nonostante la corte distrettuale ne avesse ordinata l’incarcerazione il 27 novembre, il cattolico è stato torturato fino al 29 e solo in seguito rinchiuso in prigione. Secondo l’avvocato difensore di Samson, Asad Jamal, né il capo della polizia né il sovrintendente hanno condotto indagini sul suo caso, come previsto dalla legge. L’inchiesta è stata invece condotta dall’intelligence (Fia), che avrebbe inserito ulteriore materiale blasfemo nell’hard disk del computer di Samson, rendendo così le accuse contro di lui ancora più gravi.
Samson rischia la condanna a morte
Da allora Samson è rinchiuso nel carcere distrettuale di Lahore in una piccola cella che può contenere al massimo due persone, ma dove si trovano invece oltre dieci detenuti. In base alla legge sulla blasfemia, rischia la condanna a morte.
Il suo legale ha chiesto più volte il rilascio su cauzione del suo assistito, anche a causa dei problemi renali che lo affliggono. L’Alta corte di Lahore ha però respinto la richiesta tre volte il 12 dicembre 2020, l’8 giugno scorso e il 16 novembre scorsi. Martedì scorso la Corte suprema doveva esprimersi sul suo caso, ma l’udienza, come spesso avviene, è stata rimandata a data da destinarsi.
«Negato un giusto processo»
Anche la famiglia di Samson è stata perseguitata. Il fratello più giovane, Michael, che risiede a Lahore, riceve continue minacce di morte ed è costretto a nascondersi. Dopo aver subito un’aggressione, non riesce più a muovere la parte sinistra del proprio corpo. Nonostante questo, continua a visitare Nadeem in prigione. Il secondo fratello di Samson, Shakeel Anjum Raphael, che vive dal 2012 negli Stati Uniti, continua a battersi per la sua liberazione.
Sul caso del cattolico perseguitato si è espressa il 2 dicembre anche Anurima Bhargava, membro della commissione sulla libertà religiosa internazionale degli Stati Uniti: «Nadeem Samson è in carcere da 4 anni per false accuse di blasfemia. Come tanti altri, un giusto processo gli è stato negato. l’Uscirf chiede il rilascio immediato per lui e le altre vittime della legge sulla blasfemia».
La legge sulla blasfemia, vergogna del Pakistan
Il caso di Nadeem Samson è purtroppo solo l’ultima di una lunga serie. Solo poche settimane fa è stato torturato e bruciato vivo in Pakistan l’uomo di origini srilankesi Don Nandrasri Priyantha Kumara Diyawadanage. Ma i nomi di cristiani perseguitati da ricordare, colpiti ingiustamente dall’uso strumentale della legge sulla blasfemia, sono tantissimi: le infermiere cristiane Tabita Nazir Gill, Mariam Lal e Navish Arooj, i coniugi Shagufta Kausar e Shafqat Emmanuel, per non citare l’eclatante caso di Asia Bibi.
La vicenda di Samson dimostra ancora una volta che fino a quando la legge sulla blasfemia non verrà abolita, abusi e omicidi efferati continueranno a ripetersi in Pakistan. Di quanti casi come quelli di Salman Taseer, Shahbaz Bhatti, Shama e Shehzad Bibi, Khalid Hameed, Mashal Khan, Joseph Colony ha bisogno il governo pakistano per agire in modo risoluto?
Pakistan, il calvario senza fine del cattolico perseguitato Nadeem Samson