Con la pandemia è aumentata la richiesta di mettere “al sicuro” la fecondità. Ma l’efficacia dei trattamenti è molto bassa. E anche il “Financial Times” denuncia la scorrettezza nelle informazioni.
In principio è stato Facebook. Il social network di Mark Zuckerberg nel 2014 ha incominciato a offrire alle dipendenti, come benefit, la possibilità di congelare gli ovociti per rinviare i progetti di maternità al momento più adatto. Poi è stata la volta di Apple, Google, Uber… e col passare del tempo questa opzione di welfare aziendale è diventata una prassi comune nelle aziende della Silicon Valley. Da qui al resto del mondo il passo è stato breve, anche perché il servizio della “messa al sicuro” della propria fecondità è diventata una pratica offerta da centinaia di cliniche e strutture sanitarie che vendono servizi nell’ambito delle tecniche riproduttive. In pochi anni il mercato della crioconservazione degli ovociti, o congelamento di ovuli, è esploso, arrivando a superare i 5 miliardi di dollari.
È l’altra faccia del calo della natalità: i trattamenti sanitari legati alla ricerca del “momento migliore” per diventare genitori (madri, in questo caso) sembrano la fotografia ai raggi X della condizione di solitudine in cui il post-capitalismo lascia accomodare molte persone. La grande maggioranza delle donne che decide di sottoporsi a trattamenti di conservazione della fecondità è single, e non compie questa scelta perché intende dedicarsi alla carriera o coronare il sogno legittimo della piena realizzazione professionale. Semplicemente non ha un fidanzato stabile, un compagno col quale condividere gran parte della propria vita in una dimensione familiare. Su quale sia l’origine di questa trasformazione culturale si può discutere a lungo, ma gli esperti hanno notato che il congelamento degli ovociti non è tanto un’imposizione aziendale quanto una richiesta delle donne nel timore di perdere il treno della fecondità.
Nell’ultimo anno negli Stati Uniti, anche come effetto della pandemia, il numero di procedimenti di questo tipo è raddoppiato. Il problema è che tutta la narrazione attorno al mercato della fecondità in freezer è distorta. Lo ha denunciato anche un recente articolo del Financial Times. Ci sono realtà come Kindbody che fanno circolare nelle città allegri bus gialli nei quali si può eseguire gratis un test ormonale di fecondità, e poi ricevere un dépliant con la proposta di conservazione degli ovuli; altre come Extend Fertility che pubblicizzano questa opzione alla stregua di uno stile di vita sano e dinamico, al pari di una colazione con frutta e cereali bio. Il costo: 15-20.000 dollari per ciclo di trattamenti. Quello che non si dice, invece, è che quando finalmente verrà ‘il momento giusto’ per diventare madri – single o con partner non fa più differenza – meno di una donna su cinque riuscirà nell’intento.
I tassi di successo di questa pratica, peraltro anche invasiva, sono drammaticamente bassi e non raggiungono il 20%. In un mondo di persone sole vendere sogni può essere un’attività redditizia, per quanto rischi di essere più un modo per posticipare la delusione che per congelare la maternità. «Un settore in crescita, che spinge le donne a vedere nei servizi offerti una polizza assicurativa, senza però chiarire le possibilità di successo – conclude l’articolo del FT – è solo un modo per vendere false speranze». Anche il mercato si è accorto della truffa.
Massimo Calvi
13 gennaio 2022
https://www.avvenire.it/vita/pagine/congelare-gli-ovociti-soltanto-la-solitudine-assicurata