Soddisfatti ma prudenti di don Gian Maria Comolli

Soddisfatti

Devo ammettere che il pronunciamento della Corte Costituzionale sullainammissibilità del referendum riguardante la legalizzazione dell’eutanasia mi ha stupito poiché tutto faceva prevedere il contrario. Gioisco di questo fatto e della motivazione: “preservare la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”, poiché la “libertà di scelta” di un sofferente è più attribuibile all’immaginario collettivo che alla realtà. Io, che da trent’anni, vivo ogni giorno a contatto con i malati, posso affermare, non per sentito dire ma perché fa parte del mio reale, che il malato e il disabile sono liberi solo formalmente, vivendo una condizione di totale fragilità esistenziale, psicologica e emotiva. Inoltre, la legalizzazione dell’eutanasia, avrebbe aperto altre difficili problematiche. Ad esempio avrebbe modificato il rapporto medico-paziente, convertendo il sanitario da difensore della vita in acritico esecutore dei desideri di morte del paziente. Avrebbe compromesso irreparabilmente “la fiducia”, sostituita da sospetti, diffidenze e timori. Avrebbe travisato e deformato la professione sanitaria, mutando il medico da “servitore della vita” in “collaboratore della morte”, attribuendogli un ruolo improprio. Il testo originario del Giuramento di Ippocrate proclama: “Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo”. Non possiamo scordare che il medico, nel giorno della laurea, dichiara pubblicamente: “Giuro (…) di perseguire come scopi esclusivi della mia professione la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale (…). Giuro, inoltre, di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente”. Ebbene, l’atto eutanasico, è in totale opposizione agli obblighi deontologici che il medico si assume, come pure è il ripudio e la sconfessione del più ragguardevole principio etico, quello che riassume la finalità primaria della professione sanitaria: il principio di beneficenza (o beneficialità).

Prudenti

Dunque, soddisfazione, ma contemporaneamente grande vigilanza poiché abbiamo vinto una battaglia combattuta a favore dei più fragili e vulnerabili della nostra società, ma la guerra prosegue e altri pericoli sono in agguato. Ne evidenzio solo due.

Il primo pericolo è il  “Testo Unico sul suicidio assistito”in discussione alla Camera dei Deputati. Un testo che come ho avuto modo di illustrare è ambiguo, valutato da vari giuristi con ampie “falle di incostituzionalità”, aperto a molteplici forzature. Ha dichiarato il relatore, l’onorevole Alfredo Bazoli (Pd), che la decisione della Corte “non incide sull’iter di approvazione della legge sul suicidio assistito incardinata alla Camera e pronta per la discussione. Si tratta infatti di una legge che tratta un tema diverso”. Ma, onorevole Bazoli, siamo onesti intellettualmente: come può affermare che eutanasia e suicidio assistito sono diversi? È vero che ci sono delle differenze tra i due gesti ma riguardano unicamente chi compie l’atto. L’eutanasia, l’operatore sanitario che somministra un farmaco solitamente per via endovenosa, mentre nel suicidio assistito la persona assume autonomamente il farmaco preparatogli. Inoltre, l’eutanasia, non necessita la partecipazione attiva del soggetto mentre il suicidio assistito sì. Ma, a livello etico, la valutazione è analoga, essendoci sempre la collaborazione che si offre alla persona “per morire”, e non come tanti affermano nell’ “aiutare a morire”, poiché “aiutare” significa assistere il morente, alleviargli il dolore, comunicargli che desideriamo la sua presenza in terra fino all’ultimo, essendo pronti a lottare insieme, accompagnandolo nel cammino al suo destino eterno.

Il secondo pericolo è dato dall’Associazione Luca Coscioni che ha mal digerito il pronunciamento della Corte come affermato da Marco Cappato: “Sull’eutanasia proseguiremo con altri strumenti, abbiamo altri strumenti. Come con Piergiorgio Welby e Dj Fabio. Andremo avanti con disobbedienza civile, faremo ricorsi”. E’ una minaccia da non sottovalutare poiché come ammonisce il Vangelo: “I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce”(Lc. 16,1). E, la scaltrezza, all’Associazione Coscioni non manca. Ad esempio la comunicazione dei numeri riguardanti i firmatari il referendum. No 1.239.423 (855.751 cartacee – 383.672 digitali) come comunicato il 4 ottobre 2021 ma 543.213 (481.745 cartacee – 61.468 digitali) come verificato dall’ Ufficio Centrale del Referendum della Corte di Cassazione (cfr. Ordinanza 15 dicembre 2021). Tutte le altre, 696.219, non erano leggibili o erano relative a persone non identificate. E come non accorgersi che l’Associazione Coscioni aveva scritto un dettagliato “copione” che è fallito per un errore formale come dichiarato del Presidente della Corte Costituzionale Amato: “Cappato parla di eutanasia e presenta un quesito sull’omicidio del consenziente”. Ebbene, prima la biasimevole e ripugnante strumentalizzazione dell’indifeso e vulnerabile Fabiano Antoniani, il Dj Fabo. Poi l’accurata preparazione del suo trasferimento nella clinica svizzera “Dignitas” accompagnato da Cappato. Era il 27 febbraio 2017; la morte avvenne alle 11.40 e alle 11.46 cominciò il tam-tam mediatico con la frase: “Dj Fabo costretto ad andare in Svizzera per avere la libertà di morire”. Pura coincidenza? Non credo! E poi, per giorni, questa morte, ebbe un notevole riscontro mediatico con una sospetta assonanza tra telegiornali e programmi d’approfondimento che avevano un unico obiettivo: plagiare i sentimenti e le emozioni dell’opinione pubblica. Immediatamente dopo, Cappato si autodenunciò alla procura di Milano per il reato di “aiuto al suicidio” con evidenti finalità propagandistiche, ma i giudici milanesi non deliberarono e inoltrarono la questione alla Corte Costituzionale affinché si pronunziasse sulla “legittimità costituzionale” dell’art. 580 del Codice Penale. La Corte Costituzionale con la Sentenza 242/2019 del 26 settembre 2019, dichiarò la non punibilità dell’aiuto al suicidio in presenza di determinate condizioni. A questo punto mancava l’ultimo atto: la legalizzazione dell’eutanasia da ottenere con il referendum lanciato il 17 giugno 2021.

Ora, che fare?

BLOCCARE o MODIFICARE il Testo Unico essendo un “Cavallo di Troia”. Ha affermato la senatrice Paola Binetti: “Quella brutta legge non offre garanzie di nessun tipo alle persone fragili, di cui solo ieri parlava la sentenza della Consulta e al Senato comunque faremo un lavoro di revisione totale, se non riusciremo a sospendere una legge, che va contro un principio che ci è caro: sulla vita non si vota”. Infatti nella maggioranza dei Paesi dove l’eutanasia è legale, questa ha avuto come primo passaggio non un referendum ma una legge sul suicidio assistito per poi proseguire. Il Testo Unico è la sintesi delle 16 proposte di legge depositati alla Camera e al Senato ma l’unica che possiamo definire “il male minore” è quella presentata dal deputato Alessandro Pagano in data 5 giugno 2019, tutte le altre contraddicono il  fondamento dalla Corte Costituzionale.

IMPEGNARSI con serietà e sollecitudine per diffondere la cultura delle Cure Palliative. Il dramma maggiore a cui spesso si condanna l’ammalato terminale o il disabile grave è quello di non offrirgli adeguate cure palliative nonostante che legge 38/2010: “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore” avesse come obiettivo la costituzione di cure palliative e terapie del dolore in tutti gli ambiti assistenziali, in ogni fase della vita e per qualunque patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la quale non esistono più terapie per stabilizzare la situazione. A dodici anni dall’approvazione della legge sono presenti in Italia solo 242 hospice per un totale di 3.076 posti letto (5 ogni 100.000 abitanti), oltre pochissime Reti Locali di Cure Palliative. Vergognoso!

Don Gian Maria Comolli