Se recandoci al cimitero ad onorare un defunto trovassimo la tomba dischiusa e senza il feretro, esclameremmo: INCREDIBILE. E’ questa la reazione delle donne che al mattino di Pasqua sono andate al sepolcro e l’hanno trovato vuoto con accanto un angelo che gli disse: “Non abbiate paura. So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. E’ risorto, come aveva detto”. Inoltre, più volte nei giorni pasquali, il Vangelo affermerà che gli apostoli “stentavano a credere”, tanto l’evento oltrepassava ogni schema. Eppure, è questo l’avvenimento portante e fondamentale della Chiesa alla quale apparteniamo da battezzati, e nel cui nome celebriamo la Pasqua.
Con la Pasqua “celebriamo il fatto” che il Signore Gesù, ucciso alcuni giorni prima poiché ritenuto colpevole di aver proclamato la verità e compiuto la missione salvifica che il Padre gli aveva affidato, è risorto. Dio, aveva formulato su di Lui un giudizio totalmente opposto a quello degli uomini. E noi, con la Pasqua, riaffermiamo nuovamente che il verdetto autentico sul Cristo non è quello degli uomini, ma quello di Dio. E allora, in che cosa si differenziamo gli uomini e le donne che celebrano la Pasqua da chi non avverte questa necessità ed esigenza? Chi festeggia la Pasqua crede che il Signore Gesù è risorto, e in Lui e solo in Lui, scorge il fondamento della sua fede, il significato della sua esistenza e la bussola del suo vivere e operare.
Anche noi risorgeremo
Il Signore Gesù risorgendo mostra che la nostra vita, come la Sua, non terminerà con la morte. Oltre la morte per Lui si è realizzata la Resurrezione; così sarà anche per noi. In altre parole, Cristo afferma che anche noi siamo “candidati alla vita eterna”, che la morte è unicamente una “carta velina” che separa la vita terrena da quella eterna. Noi trascorriamo la prima parte dell’esistenza sulla terra per poi proseguirla in cielo, in totale comunione con Dio, realizzando il desiderio più grande del nostro cuore come affermava sant’ Agostino: “ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te”. Siamo persuasi di essere candidati alla vita eterna?
Cosa significa celebrare la Pasqua in questo drammatico 2022?
Significa ringraziare Dio per l’immensa speranza che ci offre in queste settimane in cui scorrono continuamente davanti ai nostri occhi terribili immagini di violenza, non ancora ripresi dal disorientamento provocato dal Covid, delusi da sogni errati che le società post moderne ci aveva proposto e che stanno sciogliendosi come la neve a contatto con il sole.
Significa prendere coscienza con immenso rammarico che “abbiamo dimenticato la lezione delle tragedie del secolo scorso, il sacrificio di milioni di caduti nelle guerre mondiali” (Papa Francesco).
Significa pentirci sia come singoli che come società che “abbiamo preferito ignorare Dio, convivere con le nostre falsità, alimentare l’aggressività, sopprimere vite e accumulare armi, dimenticandoci che siamo custodi del nostro prossimo e della stessa casa comune” (Papa Francesco). E, i frutti mortiferi, che abilmente molti insipienti ci hanno inculcato e proseguono nella loro opera persuasiva, li sperimentiamo giorno dopo giorno. Di più. Chi esprime che la pace si ottiene unicamente con il dialogo, la mediazione e il confronto e non con il rifornimento di armi, viene tacciato, a partire dal Papa, l’unica autorità morale a livello mondiale che ha le caratteriste, i requisiti e le particolarità per portare la riconciliazione.
Come raggiungere l’eternità?
Se vogliamo indirizzare la nostra esistenza all’eternità, dovremo operare per per questo obiettivo fin da ora, ricollocando sia nell’ambito societario che personale i valori eterni, quelli proposti dal Signore Gesù nella sua vita terrena e raccolti nel Vangelo. Quali? “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” (Mt. 22,37-40). Tutto il resto è relativo e anche negativo: dal puntare prevalentemente sul possedere all’accaparrare il superfluo, dal seguire acriticamente il pensiero dominante al conformarci ai modelli insignificanti proposti con grande enfasi da una società in dissolvimento. Dal difendere i “nuovi diritti” che umiliano l’uomo e la sua natura. Allora, in occasione della Pasqua, non sfuggiamo ad un serio e profondo esame di coscienza riguardante la nostra esistenza per indirizzarla nuovamente sul Vangelo. E, non scordiamoci, la confessione!
Come vivere con profitto il tempo che il Signore Gesù ci offrire?
-Compiendo il bene
Oggi, è diffuso un pessimismo nei riguardi del bene; in varie situazioni, si ritiene che s’imponga unicamente il prepotente, l’aggressivo, l’arrogante…, e quindi, per molti, il positivo sta scomparendo. Non è così: il bene non fa notizia, ma c’è! E, con la pandemia, lo abbiamo riscoperto in eroici operatori sanitari, sacerdoti, religiosi e religiose che pur consapevoli del pericolo, hanno curato e confortato tanti malati e moribondi, fino a sacrificare la loro vita. Sono quelli che papa Francesco ha definito: “i santi della porta accanto”. Lo vediamo in questi giorni nella generosità di molti che accolgono i profughi ucraini o che donano ore di volontariato per soccorrerli o che inviano con generosità a quella popolazione i beni essenziali per la loro sopravvivenza.
-Conservando la fede
Cioè il rapporto quotidiano e personale con Dio. Un relazione dì fiducia e di abbandono al suo amore, un’ intimità che consenta di affermare, convinti e non per scaramanzia: “sono sempre nelle mani di Dio”. Senza fede, la vita resta muta e noi annaspiamo nella solitudine del suo silenzio.
-L’intersecarsi fede-vita
La fede non deve essere limitata alla sfera del sentimento, delle emozioni, ma deve entrare nel concreto della nostra esistenza, deve toccare cioè la nostra vita di ogni giorno e orientarla anche in modo pratico.
Con questi sentimenti ci scambiamo reciprocamente gli auguri memori, però, dell’avvertimento di sant’ Agostino: “Sono i giorni in cui dobbiamo cantare l’alleluia; su via fratelli, canti la voce, canti la vita, cantino le azioni”.
Don Gian Maria Comolli