La Pasqua, la festa più importante per il cristiano poiché proclama la Risurrezione del Signore Gesù, evento che ha modificato radicalmente la vita dell’uomo, priva della Pentecoste, cioè del dono dello Spirito Santo, sarebbe rimasta un avvenimento sconosciuto o riservato a pochi, incapace di rinnovare il mondo.
Lo Spirito Santo, questo quasi sconosciuto, poco predicato e insufficientemente onorato, è vitale per la fede, per la spiritualità e per la Chiesa. Scriveva il patriarca ecumenico di Costantinopoli Atenagora I: “Senza lo Spirito Santo Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il Vangelo una lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, il culto uno spettacolo. Attraverso lo Spirito Santo, Cristo risorto si fa presente, il Vangelo modello di vita, la Chiesa luogo di comunione, la liturgia anticipazione”. Rammenta San Paolo: “Nessuno può dire ‘Gesù è il Signore’ se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1Cor 12, 3). Gli fa eco il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Lo Spirito Santo con la sua grazia è il primo nel destare la nostra fede e nel suscitare la vita nuova che consiste nel conoscere il Padre e colui che ha mandato, Gesù Cristo” (n. 648). Nel Nuovo Testamento numerose citazioni del Cristo affermano l’impossibilità di conoscere e di incontrare Dio senza la mediazione dello Spirito Santo. Inoltre, l’esistenza del cristiano, è accompagnata dal giorno del Battesimo da questo “soffio” che ha un momento privilegiato nel sacramento della Confermazione quando il cristiano è arricchito dal dono dello Spirito Santo. Lo stesso effuso agli apostoli a Pentecoste che consentì loro di intuire gli insegnamenti del Signore Gesù e di tramutarsi da timorosi in coraggiosi, da titubanti in discepoli convinti e in testimoni fino al martirio.
Ebbene, lo Spirito Santo, suggerisce le modalità per concretizzare il Vangelo nella quotidianità e il percorso per rendere ragione della speranza che è in noi (cfr.1Pt. 3,15-16)
Come agisce lo Spirito Santo?
Tramite quelli che la tradizione definisce i suoi “sette doni”: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timore di Dio.
Il dono della sapienza
Il primo dono dello Spirito Santo è la sapienza che è molto di più della semplice saggezza umana (utilissima) e del frutto della conoscenza e dell’esperienza. Cosa produce la sapienza, dono dello Spirito Santo? La capacità di intravvedere e di gustare il sapore “del divino della vita”, rivelando nelle creature e negli avvenimenti quotidiani la presenza di Dio ed infondendo la sicurezza che nulla avviene per caso. “Nulla” essendo l’uomo sempre accompagnato dalla tenera e materna mano di Dio. Inoltre, questo dono, manifesta che l’esistenza è un cammino, un viaggio verso il paradiso, cioè incontro aIla piena e totale comunione con Dio. Di conseguenza l’indicazione a “non accumulare tesori sulla terra” (cfr. Mt. 6,19) ma “nel cielo”, a non offuscare il definitivo con il provvisorio. Ebbene, l’uomo sapiente, è consapevole che la vita si concluderà e nel momento della morte dovrà rendere conto a Dio della sua esistenza (cfr. Mt. 25,31-46).
Il dono dell’intelletto
Il secondo dono dello Spirito è l’intelletto che elargisce l’ “intelligenza spirituale”, cioè l’attitudine per oltrepassare le sembianze esterne penetrando ed approfondendo, ovviamente non totalmente, le verità della fede e il significato della Scrittura come promesso dal Signore Gesù alla vigilia della sua morte: “Quando verrà lo Spirito egli vi guiderà alla verità tutta intera”(Gv. 16,23). Quando leggiamo il Vangelo lo comprendiamo parzialmente; con il dono dell’Intelletto lo possiamo penetrare profondamente come è accaduto ai due discepoli in cammino verso Emmaus di fronte alle spiegazioni del Cristo Risorto che si era fatto loro compagno di viaggio (cfr. Lc. 24,13-27).
Il dono del consiglio
Tutti riconosciamo l’importanza, nei momenti più delicati, dei suggerimenti, delle indicazioni e delle proposte delle persone sagge e che ci vogliono bene. Ebbene, mediante il dono del consiglio, è Dio stesso, con il suo Spirito, a illuminare il nostro cuore, a suggerirci le più idonee modalità nel parlare e nell’agire. E’, dunque, il dono da implorare progettando il futuro per identificare il progetto del Creatore su di noi: “Prima che io ti avessi formato nel grembo di tua madre, io ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo, io ti ho consacrato e ti ho costituito profeta delle nazioni” (Ger. 1,4). E’ il dono che ci avverte e ci ammonisce prima di agire di fronte alle diverse alternative che la vita propone. E’ il dono che ci invita alla prudenza quando siamo interpellati da altri. Ma, nonostante la straordinarietà di questo dono, poche volte lo invochiamo; preferiamo lasciarci consigliare dai vari esperti e poco da Dio. E, anche quando consigliamo, suggeriamo o raccomandiamo ci riferiamo nella maggioranza dei casi unicamente alla nostra preparazione culturale o alla nostra esperienza.
Il dono della fortezza
E’ il dono dello Spirito che elargisce coraggio, tenacia e costanza per superare il male presente in noi e attorno a noi. E’ il dono che ci guida nella quotidianità consentendoci di gestire con dolcezza e fermezza la famiglia, di educare i figli ai valori, di lavorare con passione, competenza e professionalità anche se gli altri si comportano differentemente, di essere presenti altruisticamente negli ambiti societari. E’ il dono che ci incoraggia ad assumere comportamenti coraggiosi nel testimoniare il Signore Gesù, coerentemente con le virtù che proclamiamo e in cui crediamo, anche a costo di sacrifici. E’ il dono che ci concede di vincere la paura, di superare il conformismo, di difendere la verità con soavità e determinazione. Ricorda l’apostolo Paolo: “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil. 4,13).
Il dono della scienza
Fa comprendere che il mondo non fu creato da Dio come un “prodotto finito” ma da completare attraverso la collaborazione e la creatività dell’uomo e della donna, però con una avvertenza: non siamo i padroni del creato, non siamo autorizzati a signoreggiare e tiranneggiare “sorella terra”. Ammoniva il cardinale D. Tettamanzi: “Poiché immagine di Dio, e quindi collaboratore di Dio, l’uomo non è l’arbitro insindacabile o il padrone assoluto del creato: è unicamente ‘l’economo di Dio’ ”(L’uomo immagine di Dio. Linee fondamentali di morale cristiana, pg. 45). Inoltre, il dono della scienza, insegna il limite anche biologico dell’uomo che non può essere superato. E’, quindi, un dono essenziale agli studiosi, agli scienziati e ai ricercatori, mostrandogli che ogni invenzione deve favorire la realizzazione dell’uomo e la sua crescita, richiamando che le realtà e le creature terrestri sono finalizzate unicamente al benessere della persona che non può essere trasformata, da nessuno, in strumento.
Il dono della pietà
E’ il dono che infonde nel cuore un affetto filiale nei confronti di Dio riconosciuto come un Padre che ci ama teneramente e ci dona forza, gioia e consolazione. Di conseguenza, suscita il desiderio, o meglio il bisogno della preghiera ascoltando la sua Parola, incontrandolo nell’Eucarestia e nel Sacramento del Perdono, rimanendo in preghiera silenziosa alla sua presenza. Ciò non va vissuto come un dovere o peggio ancora come un’ obbligo ma va avvertito come una necessità esistenziale, affinché il rapporto con Lui si interiorizzi e diventi parte sostanziale della nostra esistenza. Questa esperienza, se è autentica, fa sgorgare la necessità di comunicare la tenerezza di Dio mediante atteggiamenti di compassione e di consolazione nei confronti del nostro prossimo. Ma, non possiamo essere messaggeri della consolazione di Dio, se non sperimentiamo noi per primi la gioia di essere consolati, rincuorati, rasserenati e amati da Lui.
Il dono del timore
Il dono del timore oltre ricordarci l’ubbidienza e la deferenza che dobbiamo a Dio come ammonisce san Paolo: “Non vi ingannate; non ci si può beffare di Dio” (Gal. 6,7), ci fa riscoprire il significato del peccato sia nella nostra vita che nel contesto societario; ne evidenzia la gravità e contemporaneamente dimostra la nostra fragilità. Ci ricorda, in più, la rilevanza di riconoscerlo, soprattutto oggi, dove tanti sono convinti che il peccato non esiste ma tutto va affidato alla libertà della persona. Infine, questo dono, provoca orrore e contrizione. Un’osservazione conclusiva. Il timore di Dio, non ci fa vivere nella paura, nello sgomento o nel panico. Il timore di Dio, osservava il cardinale Carlo Maria Martini, “è l’atteggiamento che ci fa vivere costantemente sotto lo sguardo del Signore, preoccupati di piacere a lui piuttosto che agli uomini. Dio che ti guarda è sì il Dio giudice, ma questa espressione va ben capita, perché non ha nulla a che vedere con una sorta di occhio maligno o severo puntato su di te solo per coglierti in fallo: si tratta del Dio Padre che ti conosce e ti ama come nessun altro e vuole per te il vero bene. Agire come a lui piace è allora per te il bene più grande, la consolazione più profonda, anche quando sul momento dovesse costarti. Il timore di Dio è un timore filiale, reverente, affettuoso, che teme soprattutto di dispiacere al cuore del padre” (Le ragioni del credere. Scritti e interventi, Mondadori, pg. 93).
Gli apostoli, fortificati da questi sette doni, uscirono dal cenacolo e fondarono la Chiesa, che grazie all’azione dello Spirito Santo è giovane e attuale anche dopo duemila anni di storia.
Don Gian Maria Comolli