Nel mese di giugno si terranno in varie città italiane i gay pride manifestazioni e cortei organizzati dai movimenti LGBTQ+ (ovvero lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, asessuali e queer) per affermare e celebrare “l’orgoglio omosessuale”, anche se si fatica a intuire il significato di questa espressione come pure la finalità di questi eventi. O meglio, l’unica ragione comprensiva e condivisiva, è il rispetto, la stima e la difesa di queste persone che in Italia è già tutelata poiché nel nostro Paese, a tutti i cittadini, comprese le persone LGBTQ+, la giurisprudenza garantisce molteplici “tutele” essendo “la legge uguale per tutti”. Di conseguenza, insultare o percuotere una persona LGBTQ+ è un reato che ha la medesima gravità del colpire un eterosessuale, un disabile, una donna incinta o un bambino. E le pene per chi commette azioni delinquenziali sono presenti nel Codice Penale.
Dopo questa doverosa precisazione, non possiamo ammettere o approvare alcuni progetti o desideri che queste centinaia di persone vorrebbero introdurre nel contesto societario. Come pure non possiamo ignorare gli atti di blasfemia e di vilipendio di simboli religiosi del passato e del presente come è avvento la scorsa settimana a Cremona, dove è stata ostentata provocatoriamente una bambola a grandezza naturale, travestita da Madonna, con il busto scoperto e pitturato. Inoltre, guardando i filmati di queste manifestazioni, si nota un avversione, un ostilità e un rancore rimarcato nei confronti della Chiesa cattolica per alcune prese di posizione, spesso in totale armonia con gran parte della società. Si pensi alla condanna del DDL Zan che andava ben oltre la semplice tutela delle persone LGBTQ+, all’avversione nei confronti della “teoria del gender” che dissocia il “sesso biologico” dal “genere” che si propone di sovvertire l’aspetto biologico e naturale della persona, il matrimonio omosessuale che nega la complementarietà del maschile e del femminile, oppure il tentativo di eliminare i termini “padre” e “madre”, e da ultimo, essendo un fenomeno drammatico il trattamento dei sintomi di “disforia di genere” che potrebbe danneggiare irreparabilmente l’esistenza di migliaia di ragazzi/e.
Eppure, la Chiesa cattolica che molti definiscono “omofoba” è l’unica realtà che ama e salvaguardia le persone LGBTQ+ manifestando una rilevante deferenza per queste persone ed esorta tutti ad assumere lo stesso comportamento. “Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali sono state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque avvengano. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Cura pastorale delle persone omosessuali, 10).
Non a caso, la Chiesa, nei vari Documenti adotta i vocaboli “persone omosessuali” e non unicamente “omosessuali” per indicare il “valore della persona” rispetto alla sua tendenza, ed è consapevole che i suggerimenti che offre sono il “maggiore atto di carità” per questi uomini e donne, “le cui sofferenze possono solo essere aggravate da dottrine errate e alleviate invece dalla parola della verità”, (op. cit. 18), poiché “come accade per ogni altro disordine morale, l’attività omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicità essendo contraria alla sapienza creatrice di Dio” (op. cit. 7). Ma “la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata” (op. cit. 10).
Ebbene, la Chiesa, con rispetto e discrezione verso le persone omosessuali, distinguendo tra “persona” e “qualità morale” dei suoi atti, ma non rinuncia a proporre posizioni controcorrente, a volte difficoltose da accogliere, prevedibili anche di irrisione e di scherno. Come pure esprime una totale contrarietà a qualunque riconoscimento pubblico delle unioni tra persone dello stesso sesso. Infine, è interessante notare l’uniforme pensiero di questa Istituzione nei confronti dell’omosessualità. “In effetti, dall’epoca dell’Antico e del Nuovo Testamento, ma anche nella Tradizione apostolica e nei Concili, come pure nei documenti più recenti del Magistero, l’omosessualità appare l’espressione di una profonda incoerenza rispetto alla differenza sessuale che costituisce il soggetto umano e struttura tutte le società” (R. Marchesini, Omosessualità e Magistero della Chiesa. Comprensione e speranza, SugarCo, Milano 2013, pg. 7).
Il pensiero riassunto brevemente può essere approfondito nei quattro principali Documenti del Magistero della Chiesa sull’omosessualità. Tre Dichiarazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede: Persona Humana. Alcune questioni di etica sessuale (29 dicembre 1975); Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali (1 ottobre 1986); Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali (3 giugno 2003) e il Catechismo della Chiesa Cattolica ai numeri 2357-2359.
Questa deferenza è presente anche in vari eventi proposti dalle singole diocesi ed è stata espressa più volte da Papa Francesco. Ricordiamo due momenti.
Il primo ci rimanda alla risposta che il Papa diede a un giornalista che lo interrogò sull’argomento nel lontano 29 luglio del 2013, nel viaggio di ritorno dal Brasile. Alcuni se lo ricordano, poiché la maggioranza dei mezzi d’informazione strumentalizzarono e enfatizzarono una frase: “chi sono io per giudicarla?”, travisando però il pensiero del Pontefice. Noi rileggiamo la risposta completa del Pontefice per comprendere pienamente il suo pensiero. Domanda. “Santità, sono state pubblicate notizie che riguardano l’intimità di monsignor Ricca (prelato dello Ior, ndr). Come intende affrontare questa questione e come Sua Santità intende affrontare tutta la questione della ‘lobby gay’?”. Risposta: “(…) Si deve distinguere il fatto che una persona è gay dal fatto di fare una lobby. Se è lobby, non tutte sono buone. Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Inoltre, la Chiesa, si è già espressa perfettamente su questa situazione; non è necessario tornarci perché la Chiesa ha una dottrina chiara!”.
La seconda indicazione del Papa è presente nella breve lettera che scrisse il 28 giugno 2021 in occasione del webinar “Outreach 2021”, al padre gesuita James Martin che svolge il suo apostolato tra le persone LGBTQ+. Dichiarò il Pontefice: “Dio ha tre tratti: vicinanza, compassione e tenerezza. Questo è il modo in cui si avvicina a ciascuno di noi. Pensando al tuo lavoro pastorale, vedo che cerchi continuamente di imitare questo stile di Dio”. E’ un esplicito invito di Francesco a far progredire la Chiesa nella “cura pastorale” per le persone omosessuali senza scordare l’affermazione dell’apostolo Paolo: “Guai a me se non predicassi il Vangelo” (1 Cor. 9,16).
Ebbene, la Chiesa cattolica, è una delle pochissime realtà che ha compreso, e quindi non tacerà mai che il “fenomeno LGBTQ+”, sfruttando e utilizzando le sofferenze di queste persone, è capitanato da aggressive, selezionate e ristette élites politiche e accademiche e da potenti e influenti lobbies che si prefiggono l’obiettivo del trionfo del desiderio soggettivo e individuale come diritto a livello globale oltre la ritrascrizione dei concetti di natura e di uomo. Da quanto affermato comprendiamo la gravità e la pericolosità di questo inquietante capovolgimento della realtà, già accaduto nel passato con le dittature politiche. Ma, “questa dittatura”, è più brutale essendo “ideologica”, e avendo come finalità l’abolizione di ogni concetto naturale e antropologico.
Allora, cari amici omosessuali, lottate perché ognuno di voi sia rispettato come persona, perché possiate usufruire di tutti i diritti “a livello individuale” ma non cadete nel raggiro di divenire schiavi a vostra insaputa.
Don Gian Maria Comolli