La prima lettura di questa domenica ci ha fatto ascoltare alcune parole del profeta Amos, molto sferzanti, ironiche e attuali. Il profeta ha davanti agli occhi lo spettacolo del guadagno facile durante il regno di Geroboamo II in Samaria: egli vede gente gaudente, preoccupata di crearsi sistemazioni vantaggiose. Il profeta, allora, legge il periodo storico con la fede e afferma: «Poveretti; finirà tutto e voi sarete i primi ad andare in esilio, precedendo il popolo sulla strada della schiavitù». E così avvenne. Il popolo d’Israele dopo pochi anni dovrà abbandonare la sua terra e darà deportato in esilio in Babilonia perdendo tutto quello che possedeva. La ricchezza, dunque, non è una sicurezza, e questo messaggio del profeta è sempre attuale!
Il Vangelo presenta la parabola del ricco e del povero mettendo in evidenza il pericolo di “vivere da ricchi”.
I protagonisti della parabola sono un ricco e un mendicante. Del ricco si dice unicamente “che era ricco”: vestiva lussuosamente e banchettava lautamente. Si sottolinea inoltre che non solamente era ricco, ma che viveva da ricco. E, Gesù, a questo ricco non dà un nome; perché? Perché chi vive per sé è un fallito e non ha nome; cioè non è nulla davanti a Dio non avendo seguito il progetto che aveva su di lui.
Del mendicante, invece, si dice il nome; Lazzaro, che significa “Dio aiuta”. Può sembrare quasi ironico: questo povero uomo era alla porta del ricco e nessuno lo vede, nessuno lo aiuta, ma allora, è proprio vero che “Dio aiuta”? Lazzaro è l’uomo visitato dalla croce, l’uomo che apparentemente non conta nulla e viene calpestato, che tutti rifiutano, che nessuno invidierebbe.
Ebbene, due persone in forte contrasto, ma il punto centrale della parabola non è l’antinomia, ciò che impressiona maggiormente, è che questo mendicante è alla porta del ricco, vicinissimo al ricco, ma il ricco non lo vede. Il ricco è distratto, ha ben altro da pensare, ben altro da fare, è quasi come se il suo vivere da ricco lo rendesse cieco.
Il povero vede il ricco, ma il ricco non nota il povero!
Dopo aver presentato i due personaggi, la parabola afferma che tutto si capovolge: qui il ricco sta bene e il povero sta male, ma di là tutto sarà rovesciato. Con questa parabola il Signore Gesù contraddice la mentalità del suo tempo che riteneva: se uno è ricco è perchè è benedetto, è perchè se lo merita…, mentre la povertà è una sorta di maledizione, è, sempre, perchè se lo merita… Il capovolgimento, di cui parla la parabola, mostra che non è così: quello che conta è l’esistenza che si vive, non la situazione di povertà o di ricchezza in cui ci si trova. Ma ciò che dovrebbe farci riflettere, è che il ricco non è descritto come un prepotente, un violento, un usurpatore… Questo significa che Luca vuol mettere in luce il pericolo di “vivere da ricco”: non vedi il povero, non ti accorgi dei bisogni e dei problemi degli altri…
Nella parabola poi troviamo l’ultima parte che mette in risalto un’ altra cecità
Il ricco che è all’inferno e supplica Abramo di inviare qualcuno ad avvertire i suoi fratelli che vivono come lui, distratti, non vedono niente, stanno camminando come lui verso la rovina… E Abramo afferma: “è inutile avvertirli, hanno già la parola di Dio”. In altri termini: vivendo come vivono, non capiscono più, sono ciechi, non solo perchè non vedono i poveri che stanno attorno e quindi i problemi degli altri, ma sono diventati sordi e non sono più in sintonia con la parola di Dio, non la comprendono più, non la valutano più, a loro non dice assolutamente nulla.
Questo è il vero pericolo di un certo modo di vivere!
Si costruisce dentro di te una sensibilità capovolta rispetto alla sensibilità che occorre per accorgersi dei problemi degli altri, e alla sensibilità e apertura che occorre per comprendere la verità di Dio, la verità di se stesso, la verità dell’uomo e della vita. Ebbene, secondo Luca, il “vivere da ricco” rende ciechi producendo due tipi di cecità: verso i bisogni degli altri e verso la Parola di Dio. Tutto lascia indifferenti. Vivendo in un modo distratto, ci si può illudere che le cose vanno bene e non accorgersi, come ricordava il profeta Amos, che si è sull’orlo della rovina sia societaria che personale.
Nella parabola è chiara l’eternità come ultimo criterio per valutare il presente ed anche per comprendere la giustizia e la misericordia di Dio. La parabola ricorda che il cristiano deve vivere l’oggi proteso verso il giorno ultimo, nel quale prevarrà per tutti la giustizia di Dio, che è appunto misericordia per chi avrà scelto la carità come stile di vita ed è condanna per chi avrà rifiutato i bisogni degli altri.
Il 31 agosto 1983 moriva a Milano Marcello Candia: era proprietario di una fiorente industria per la produzione dell’anidride carbonica e dell’ammoniaca. Vendette tutto e partì per il Brasile: il suo patrimonio divenne un ospedale, lebbrosario e dispensario. Un gesto totalmente nella linea del Vangelo. Il giornalista Giorgio Torelli scrisse un libro sulla vita di Candia che intitolò: “Da ricco che era… “. Ma, in base alla parabola di oggi, il testo poteva avere anche un altro titolo: “Da povero che era, si è fatto ricco… di Dio”.
E chi gli potrà mai togliergli questa ricchezza?
Don Gian Maria Comolli