PAROLE DA IMPARARE A MEMORIA

By 3 Ottobre 2022Attualità

Hanno suscitato impressione le parole pronunciate da Papa Francesco domenica 2 ottobre prima della recita dell’Angelus, utilizzando anche un metodologia nuova dopo nove anni e mezzo di Pontificato. Solitamente il Papa commenta il brano evangelico della domenica, poi recita l’Angelus e prima di concludere l’incontro commenta alcuni fatti di attualità. Domenica, molto probabilmente anche per notizie che noi non conosciamo ma senz’altro drammatiche, spaventose e angoscianti ha deciso di dedicare tutto l’incontro con i fedeli di piazza san Pietro alla guerra rossa-ucraina.

Dicevo che questa presa di posizione del Papa, che da mesi invita gli Stati alla diplomazia e al dialogo, hanno suscitato impressione, ma lunedì la nostra quotidianità è proseguita come sempre quasi “anestizzati”, spero non abituati, di fronte a questa guerra che rischia di proseguire nel peggiore dei modi non solo tra russi e ucraini ma con un coinvolgimento mondiale, infatti gli analisti da una parte temono gli effetti dell’isolamento di Putin non scordando l’orgoglio e la fierezza dei russi che nel settembre 1812 incendiarono Mosca pur di fare “terra bruciata” alle truppe di Napoleone e, oggi, in termini moderni questo fatto potrebbe ripetersi con il lancio di testate nucleari. Dall’altra non approviamo l’atteggiamento di Zelensky, pur non scordando che con il popolo ucraino è vittima di una terribile aggressione, a non accettare l’invito del Papa: «ad essere aperto a serie proposte di pace», alcuni giorni fa ha firmato un decreto che vieta di negoziare con il presidente russo Vladimir Putin che potrà anche essere sostituito nel tempo, ma siamo così ingenui che il suo successore si distanzierà dalle sue politiche? Medvedev è accreditato come un successore: dalla pentola alla brace.  Sempre gli analisti ci ricordano che non siamo mai stati così vicino ad una guerra mondiale dall’ottobre 1962 a seguito dei missili della crisi di Cuba. E qui, non possiamo scordare l’appello del 1916 di Papa Benedetto XVI contro “l’inutile strage” della Grande Guerra, con una differenza: papa Francesco fa appello perché la guerra in Ucraina si fermi prima che diventi la grande guerra del nostro secolo. In altre parole: «prima che si giunga all’irreparabile». Per questo, le parole di domenica del Papa, e che ripropongo, dovrebbero essere imparate a memoria da tutti coloro che vogliono la pace, oltre che non scordando la preghiera e il sostegno allo sforzo del Papa.

L’andamento della guerra in Ucraina è diventato talmente grave, devastante e minaccioso, da suscitare grande preoccupazione. Per questo oggi vorrei dedicarvi l’intera riflessione prima dell’Angelus. Infatti, questa terribile e inconcepibile ferita dell’umanità, anziché rimarginarsi, continua a sanguinare sempre di più, rischiando di allargarsi.

Mi affliggono i fiumi di sangue e di lacrime versati in questi mesi. Mi addolorano le migliaia di vittime, in particolare tra i bambini, e le tante distruzioni, che hanno lasciato senza casa molte persone e famiglie e minacciano con il freddo e la fame vasti territori. Certe azioni non possono mai essere giustificate, mai! È angosciante che il mondo stia imparando la geografia dell’Ucraina attraverso nomi come Bucha, Irpin, Mariupol, Izium, Zaporizhzhia e altre località, che sono diventate luoghi di sofferenze e paure indescrivibili. E che dire del fatto che l’umanità si trova nuovamente davanti alla minaccia atomica? È assurdo.

Che cosa deve ancora succedere? Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione? In nome di Dio e in nome del senso di umanità che alberga in ogni cuore, rinnovo il mio appello affinché si giunga subito al cessate-il-fuoco. Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili. E tali saranno se fondate sul rispetto del sacrosanto valore della vita umana, nonché della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni Paese, come pure dei diritti delle minoranze e delle legittime preoccupazioni.

Deploro vivamente la grave situazione creatasi negli ultimi giorni, con ulteriori azioni contrarie ai principi del diritto internazionale. Essa, infatti, aumenta il rischio di un’escalation nucleare, fino a far temere conseguenze incontrollabili e catastrofiche a livello mondiale.

Il mio appello si rivolge innanzitutto al Presidente della Federazione Russa, supplicandolo di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte. D’altra parte, addolorato per l’immane sofferenza della popolazione ucraina a seguito dell’aggressione subita, dirigo un altrettanto fiducioso appello al Presidente dell’Ucraina ad essere aperto a serie proposte di pace. A tutti i protagonisti della vita internazionale e ai responsabili politici delle Nazioni chiedo con insistenza di fare tutto quello che è nelle loro possibilità per porre fine alla guerra in corso, senza lasciarsi coinvolgere in pericolose escalation, e per promuovere e sostenere iniziative di dialogo. Per favore, facciamo respirare alle giovani generazioni l’aria sana della pace, non quella inquinata della guerra, che è una pazzia!

Dopo sette mesi di ostilità, si faccia ricorso a tutti gli strumenti diplomatici, anche quelli finora eventualmente non utilizzati, per far finire questa immane tragedia. La guerra in sé stessa è un errore e un orrore!

Confidiamo nella misericordia di Dio, che può cambiare i cuori, e nell’intercessione materna della Regina della pace, nel momento in cui si eleva la Supplica alla Madonna del Rosario di Pompei, spiritualmente uniti ai fedeli radunati presso il suo Santuario e in tante parti del mondo.

Svegliamoci da questa narcosi facendo sentire la nostra voce di dissenso a come gli Stati si sono comportati in questi mesi che non hanno saputo andare oltre la vendita delle armi all’Ucraina e le sanzioni alla Russia.

E mentre pensavo a tutto questo, alle critiche che molti mi faranno ritenendomi un utopista o magari un filo-putiniano, ho trovato un articolo del professor Stefano Zamagni, economista, accademico e dal 27 marzo 2019 “Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali” che nella rivista Paradoxa di ottobre, edita dalla Fondazione Internazionale Nova Spes, ha indicato sette punti per tentare un accordo di pace. Forse, è una mia ipotesi, queste indicazioni potrebbero essere state concordate con lo stesso Francesco, essendo un suo stretto collaboratore.

1) Neutralità dell’Ucraina che rinuncia all’ambizione nazionale di entrare nella Nato, ma che conserva la piena libertà di diventare parte dell’Ue, con tutto ciò che questo significa. Una risoluzione dell’Onu deve essere adottata per assicurare meccanismi di monitoraggio internazionali per il rispetto degli accordi di pace.

2) L’Ucraina ottiene la garanzia della propria sovranità, indipendenza, e integrità territoriale; una garanzia assicurata dai 5 membri permanenti delle Nazioni Unite (Cina, Francia, Russia, Uk, Usa) oltre che dall’Ue e dalla Turchia.

3) La Russia conserva il controllo de facto della Crimea per un certo numero di anni ancora, dopodiché le parti cercano, per via diplomatica, una sistemazione de iure permanente. Le comunità locali usufruiscono di accesso facilitato sia all’Ucraina sia alla Russia; oltre alla libertà di movimento di persone e risorse finanziarie.

4) Autonomia delle regioni di Lugansk e Donetsk entro l’Ucraina, di cui restano parte integrante, sotto i profili economico, politico, e culturale (da rivedere dopo l’ammissione di quattro regioni alla Russia).

5) Accesso garantito a Russia e Ucraina ai porti del Mar Nero, per lo svolgimento delle normali attività commerciali.

6) Rimozione graduale delle sanzioni occidentali alla Russia in parallelo con il ritiro delle truppe e degli armamenti russi dall’Ucraina.

7) Creazione di un Fondo Multilaterale per la Ricostruzione e lo Sviluppo delle aree distrutte e seriamente danneggiate dell’Ucraina, un fondo al quale la Russia è chiamata a concorrere sulla base di predefiniti criteri di proporzionalità. (L’esperienza storica del Piano Marshall è di aiuto a tale riguardo).

Così conclude l’illustre accademico: «Ho motivo di ritenere che una proposta del genere, se opportunamente presentata e saggiamente gestita per via diplomatica, possa essere favorevolmente accolta dalle parti in conflitto. Forse l’ostacolo maggiore per una pace negoziata è la paura della negoziazione stessa. I politici e i capi di governo, infatti, temono di essere percepiti dalle rispettive constituencies o come pacifisti ingenui oppure come opportunisti con secondi fini. (…) Ecco perché, in una situazione come l’attuale, il ruolo dei costruttori di pace è fondamentale. La mobilitazione della società civile internazionale tesa a dare vita a una “Alleanza per la Pace” è oggi, una iniziativa urgente e altamente meritoria».

Anche questa è utopia? Se non si abbandonano le vecchie logiche per entrare in quelle della politica e della diplomazia, visto anche l’evidente stato di debolezza di Putin, permettetemi il termine: “tempi apocalittici”, ci attendono.

Don Gian Maria Comolli