Ogni anno nel mondo 800 mila persone (14,5 ogni 100.000) mettono termine alla loro vita suicidandosi, e molti altri ci tentano con azioni che per fortuna falliscono. In Italia, dobbiamo contare circa 4.000 suicidi annuali (6,3 ogni 100 mila abitanti), ciò significa un suicidio ogni 14 ore. Questi sono i dati allarmanti che emergono dall’ “Osservatorio Suicidi della Fondazione BRF”, un’ Istituto per la Ricerca in Psichiatria e Neuroscienze, pubblicati a settembre in occasione della Giornata Mondiale dedicata alla prevenzione del suicidio.
Il tentativo di suicidio, cioè l’atto di infliggersi la morte consapevolmente e volontariamente, è il segnale di un disagio intenso e di un vissuto interiore doloroso come conseguenza di crisi acute (divorzio, problemi sentimentali, licenziamento, sensi di colpa o di vergogna…) o anche di lunghe e persistenti sofferenze personali (malattie fisiche o mentali). Quando una persona è tentata da questo atto, significa che considera la propria uccisione l’unica modalità per porre fine a un patimento o supplizio divenuto insostenibile e straziante. E, il suicidio, colpisce a ogni età, anche i ragazzi e i giovani.
Adolescenti e giovani
Il suicidio costituisce la seconda causa di morte negli adolescenti e nei giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni e questa forma di autolesionismo colpisce in Europa 1 adolescente su 5. Secondo un’indagine Istat, in Italia, sono 220mila gli adolescenti tra i 14 e i 19 anni insoddisfatti della propria vita e, allo stesso tempo, in condizione di scarso benessere psicologico. Interessante è pure una ricerca dell’Istituto Mario Negri di Milano condotta su un campione di 1.616.268 ragazzi ed adolescenti con meno di 18 anni, che ha individuato che 63.550 partecipanti avevano ricevuto cure per problemi psicologici, dipendenze o depressione.
A peggiorare la situazione, negli ultimi due anni, si sono aggiunte le misure restrittive adottate durante la pandemia da Sars-Cov2 che hanno avuto un impattato devastante sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti, portando ad un aumento delle richieste di aiuto per le forme più gravi che vanno dall’autolesionismo al comportamento suicidario. È questa la testimonianza di “Telefono amico”, che si impegna ogni giorno a offrire a chi sta vivendo momenti bui della vita, la possibilità di esprimere la propria sofferenza in modo anonimo e confidenziale. Ebbene, nel 2021 le chiamate di persone attraversate dal pensiero del suicidio o preoccupate per il possibile suicidio di un caro sono state quasi 6mila: oltre il 55% in più rispetto al 2020, quasi quattro volte tante in rapporto al 2019, cioè prima della pandemia. E c’è di più: quest’anno, delle 2.700 telefonate d’emergenza già registrate, il 28% hanno visto come protagonisti persone sotto i 25 anni. Ad accrescere questo malessere hanno un ruolo importante anche le nuove tecnologie dai smartphone ai social netword come nel caso di Alessandro, 13 anni, buttatosi dal balcone di casa l’8 settembre a Gragnano. A un gruppetto di sei ragazzi, la Procura di Torre Annunziata, contesta il reato di istigazione al suicidio, infatti Alessandro era vittima di bullismo e di crudeli messaggi sui social. Da ultimo non possiamo tacere la colpevolezza, ovviamente involontaria, di molte famiglie che oggi soffrono profonde crisi di rapporti e, nella educazione dei figli, a volte sono impreparati a trasmettere certezze e valori, essendo condizionati e strumentalizzati da «una mentalità e da una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della “bontà della vita”» (Benedetto XVI, Lettera alla diocesi di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008). E’ venuta meno la capacità educativa dei genitori, soprattutto dei più giovani, dove a volte sembrano assenti il “coraggio dell’autorevolezza” nei confronti dei principi civili, sociali e religiosi; l’attitudine a trasmettere “l’identità valoriale” e la “memoria storica” della nostra cultura e delle nostre tradizioni; l’equilibrio tra “libertà” e “disciplina” affermando, nei modi più adeguati, dei “sì” e dei “no”, precisi e fermi, scordando il rilievo delle regole nella formazione del carattere e nella preparazione ad affrontare le sfide e le situazioni di disagio che la vita riserverà. Carenze che fanno crescere frotte di ragazzi insicuri, disorientati e incapaci di gestirsi oltre che totalmente ego-riferiti.
Concludendo
Il suicidio è sempre una tragedia; dietro questo gesto, come affermato, c’è un dolore insopportabile e uno stato di grande sovvertimento, ma quando tocca la fascia dei ragazzi e dei giovani, dove tutto dovrebbe esserci tranne l’ombra di un evento così drammatico, lascia senza parole e dovrebbe interrogare l’intera società perché tocca le parti più profonde della coscienza collettiva. Per questo è vitale non nascondere ma sollevare l’argomento, elaborare strategie e soluzioni per rispondere adeguatamente a questa silenziosa, strisciante e dolorosa epidemia. Non dobbiamo, inoltre, scordare il “fenomeno dei survivor”, cioè la sofferenza delle persone che restano, cioè famigliari, amici, colleghi…, colpiti di riflesso ma in modo non trascurabile.