E’ la terza volta che questo sito ritorna sull’inqualificabile atto del sindaco di Milano Giuseppe Sala di premiare con l’ “Ambrogino d’oro”, cioè l’onorificenza che il Comune di Milano conferisce ai cittadini o alle associazioni più insigni che hanno onorato il capoluogo lombardo, al dottor Marco Cappato
È esagerato e sproporzionato parlare nuovamente di ciò? No, perché il dottor Cappato, e qui serve possedere un po’ di memoria, è stato il fautore principale di un pericoloso referendum per la “legalizzazione dell’eutanasia” accessibile a tutti, sponsorizzando un temibile e rischioso quesito respinto nel febbraio 2022 dalla Corte Costituzionale, che è bene chiarire, non è una succursale del Vaticano o del Dicastero per Dottrina della Fede. Secondo i giudici della Consulta nel quesito «non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili». Ebbene, Cappato e l’Associazione Luca Coscioni, hanno tentato ignobilmente di mettere a rischio la vita di migliaia di malati, portatori di handicap, fragili e anziani che si sarebbero trovate vittime a loro insaputa. Al dottor Cappato occorre ricordare due cose.
Prima. Nelle situazioni di sofferenza e di disabilità il concetto di “autodeterminazione”, da lui propugnato e sostenuto, è una “menzogna” essendo i malati persone vulnerabili e spesso soggetti a pressioni. Di conseguenza, i sofferenti, sono liberi solo formalmente, vivendo una condizione di totale fragilità esistenziale, psicologica e emotiva. Si pensi, esempio, alle sollecitazioni a “togliere il disturbo” che si potrebbero esercitare sugli anziani, sui depressi o su i disabili colpevolizzandoli per i loro costi sociali.
Seconda. Tutto ciò è confermato, come abbiamo ripetuto più volte, da ciò che avviene in tre Paesi dove l’eutanasia è legale da anni: Olanda, Belgio e Canada che hanno attuato la proposta che Cappato richiedeva anche per l’ Italia. Prima la legalizzazione del suicidio assistito, poi dell’eutanasia per i casi più gravi, infine, con il trascorrere del tempo, “le maglie si sarebbero allargate” e tutti i “paletti” sarebbero saltati, potendosi così accostare all’eutanasia ogni tipologia di malattia e di disabilità, anche i minori. Ma, peggio ancora, nelle tre nazioni citate, molti sono vittime di questa barbaria e il loro ultimo grido straziante prima della “dolce morte” è: “non voglio l’eutanasia”. Ma, ormai, è troppo tardi!
Il nuovo “eroe di Milano”, come dichiarato dall’Associazione Coscioni, non si è arreso di fronte alla sconfitta. «Il cammino verso la legalizzazione dell’eutanasia non si ferma – si legge in una nota –. Certamente, la cancellazione dello strumento referendario da parte della Corte costituzionale sul fine vita renderà il cammino più lungo e tortuoso, e per molte persone ciò significherà un carico aggiuntivo di sofferenza e violenza. Ma la strada è segnata». A dire, l’unica “strada segnata” è quella che ha tracciato la Consulta, che ha respinto con parole chiarissime la richiesta di ammettere il referendum, ma Cappato a fine novembre era di nuovo in Svizzera per accompagnare al suicidio assistito un uomo affetto da Parkinsonismo atipico. Si tratta di una “nuova disobbedienza civile”, come ha chiarito all’Ansa: «dal momento che la persona accompagnata non è “tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale”, quindi, come la 69enne veneta Elena Altamira, malata terminale di cancro morta in Svizzera la scorsa estate con suicidio assistito, non rientra nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo per l’accesso al suicidio assistito in Italia».
Il giudizio conclusivo sia sul sindaco Sala che sul dottor Cappato lo lascio al lettore.
Don Gian Maria Comolli