Sabato e domenica scorsa a Roma si è celebrato il Giubileo del Mondo del Volontariato. Questo articolo vuole fornire il suo contributo riflettendo sulle caratteristiche del volontario mentre la “Pillola di Saggezza” del mese di marzo del Blog dell’Uomo Pensante lo ha inquadrato a livello normativo e societario.
DEFINIZIONE DI VOLONTARIO
Vari autori hanno definito le caratteristiche del volontario. Noi facciamo riferimento alle definizioni di A. Ellena e di V. Cesareo.
Afferma A. Ellena: “Volontario è il cittadino che liberamente, non in esecuzione di specifici obblighi morali o doveri giuridici, ispira la sua vita – nel pubblico e nel privato – a fini di solidarietà. Pertanto, adempiuti i suoi doveri civili e di stato, si pone a disinteressata disposizione della comunità, promuovendo una risposta creativa ai bisogni emergenti dal territorio con attenzione prioritaria per i poveri, gli emarginati, i senza potere. Egli impegna energie, capacità, tempo ed eventuali mezzi di cui dispone, in iniziative di condivisione realizzate preferibilmente attraverso l’azione di gruppo. Iniziative aperte ad una leale collaborazione con le pubbliche istituzioni e le forze sociali; condotte con adeguata preparazione specifica; attuate con continuità d’interventi; destinate sia ai servizi immediati, che alla indispensabile rimozione delle cause di ingiustizia e di oppressione della persona” (A. Ellena, voce Volontariato, in F. De Marchi e A. Ellena /a cura di/, Nuovo Dizionario di sociologia, Paoline, pg. 324).
V. Cesareo, nel definire il volontario, indica anche la modalità operativa a livello di tempo: “(Volontario è) colui che presta una collaborazione continuativa, in media non inferiore a due ore settimanali, o per periodo di tempo indeterminato e continuativo, non inferiore ai 20 giorni all’anno, gratuitamente, senza fine di lucro, nell’esclusivo interesse del gruppo o a vantaggio di terzi estranei al gruppo, per finalità solidaristica” (V. Cesareo – G. Rossi /a cura di/, Volontariato e Mezzogiorno, EDB, pg. 157).
Ebbene, in una società basata sulla ricerca dell’utilitarismo personale e sullo scambio mercantile, dove “l’avere” molte volte è l’unico scopo perseguito, il volontario afferma, con le parole e con l’azione, un nuovo stile di vita basato sul servizio, divenendo così il “prototipo del cittadino solidale”.
CARATTERISTICHE
Il volontario presta il servizio “gratuitamente”
E’ questo un preciso vincolo riconosciuto anche dalla legge 266/2004 all’articolo 2 quando sottolinea la gratuità del servizio come azione senza scopo di lucro, senza retribuzione, senza possibilità di costituire un rapporto di lavoro, prevenendo così possibili rischi di abuso dell’opera del volontario o di “lavoro nero”. Di fronte alle leggi del mercato e della concorrenza che guidano vari processi della nostra società, di un contesto culturale che confonde il valore con il prezzo, la bontà con l’efficienza, la produttività con il profitto; di fronte a una quotidianità dove anche le relazioni più intime sono spesso fondate su un rapporto di reciprocità, almeno a parità di valore, o sulla mira inespressa di sopraffare l’altro, gli uomini e le donne volontari sono chiamati a testimoniare una virtù straordinaria. E’ il valore della gratuità e delI’ azione disinteressata costituita da prestazioni rese senza alcun compenso né di carattere economico, nè di prestigio, nè di potere, ma solo nell’ottica del dono e della condivisione con gli altri di quello che si è e di quello che si ha.
Cos’è l’autentica gratuità? La vera gratuità consiste, non solo nel non ricevere una ricompensa per il servizio offerto ma deve essere accompagnata dalla rinuncia, dal sacrificio e dallo sforzo. Un significativo esempio lo troviamo nel Vangelo di Marco (12,43-44) che mostra una povera vedova che depone nel tesoro del Tempio due spiccioli di valore irrilevante rispetto ai consistenti oboli offerti dai ricchi. Ma il Signore Gesù commenta: “In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato il loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.
Anche il volontario deve presentarsi con il carisma della gratuità, cioè non offre per ricevere in cambio qualcosa, neppure gratitudine. Per giungere a questa “purezza” d’intenzione occorre un cammino personale e di gruppo lungo ed impegnativo, poichè nel cuore dell’uomo s’intrecciano continuamente egoismo ed altruismo, come pure serve rifiutare le ipotizzate norme che intendono legare la solidarietà a vantaggi dilazionati nel tempo.
Ciò che non è autentica gratuità e vero altruismo non merita il nome di Volontariato!
Il volontario “sa amare”
Il vocabolo “amore”, utilizzato frequentemente anche con modalità e in contesti inopportuni, ha smarrito il suo alto valore concettuale e spesso rimane a livello di esteriorità. Chi dobbiamo amare? Cosa significa amare? Da dove nasce l’amore?
L’amore nasce e si sviluppa nel cuore e si concretizza mediante il supporto dell’intelligenza, soprattutto quando è posto al servizio dell’altro. Le necessità e le esigenze del bisognoso d’aiuto oggi mutano e si modificano più velocemente che nel passato; per questo è indispensabile approfondirne la conoscenza affinchè la carità e i gesti di solidarietà non risultino inefficienti e superati. Ricordava un importante frate Fatebenefratello, Fra’ Pierluigi Marchesi riferendosi all’ammalato: “Un volontariato che si ispiri esclusivamente alla carità, senza essere accompagnato dall’intelligenza, oggi non ha più senso, perché lo stesso ‘cliente’ è cambiato. Il dolore ha cambiato volto; in ospedale oggi non incontriamo più, come problema principale, il dolore fisico, perché questo è efficacemente alleviato dai moderni prodotti farmacologici, incontriamo soprattutto la sofferenza e la solitudine” (P. L. Marchesi, Volontariato ispirato dalla solidarietà ma sostenuto dall’intelligenza, in G.M. Comolli – R. Garbagnati /a cura di/, Volontariato verso il 2000. La solidarietà diventa protagonista, F. Angeli, pg. 114).
Ebbene, il volontario, “ama” sia accostandosi al sofferente che prestando attenzione all’evolversi della società.
Il volontario garantisce un servizio “nel quotidiano”
Ammoniva don L. Ciotti: “Se siamo cittadini e membri di una comunità dobbiamo essere tutti ‘volontari’. Il mio sogno è che la nostra vita non sia fatta di gesti straordinari, ma di atteggiamenti normali ed autentici. Se continueranno a sussistere, da un lato, i ‘volontari della solidarietà’ e, dall’altro, gli ‘indifferenti del quotidiano’ ne usciremo tutti sconfitti; ne uscirà sconfitta la comunità tutta. In questo senso, pur apprezzando e stimando molto importante e utile l’opera dei gruppi di volontariato, mi auguro che la loro azione contagi anche tutte le altre persone e diventi una scelta quotidiana per tutti” (Chi ha paura delle mele marce, Gruppo Abele, pg. 168)
Di conseguenza, il volontario, deve trasformare il tempo “libero” da impegni in un tempo “liberato” per la solidarietà.
Il volontario sceglie “liberamente” il servizio
Uno dei punti di forza del volontario è quello di una scelta effettuata in piena libertà e derivante unicamente da motivazioni di condivisione nei confronti del bisognoso d’aiuto. La collaborazione con le Istituzioni che però è indispensabile, rischia alcune volte di coattare o di ingabbiare la solidarietà in “solidarietà strutturale, formale e meccanica” mediante subdoli itinerari di regolamenti, di leggi e di circolari applicative.
La libertà del volontario, oltre che ovviare a questi rischi, offrirà all’azione una impronta personale, calda, diretta e spontanea nella quale al centro del servizio non potrà esserci altro che la persona e il suo bisogno.
Il volontario garantisce un “servizio competente”
La testimonianza e la credibilità da soli sono insufficienti; occorre la competenza per migliorare la qualità del servizio e l’esistenza del prossimo, altrimenti si ritorna ad una solidarietà intesa come “vago sentimento di altruismo” senza progetti per il futuro.
Pure il volontario, come ogni figura professionale che opera nell’ambito
socio-sanitario-assistenziale, necessita di una seria, adeguata e specifica preparazione per svolgere bene il suo servizio. Quindi l’importanza della formazione e il sapere cosa si deve fare, ricordandosi che il compito del volontario è prevalentemente relazionale.
Il volontario si impegna in un “servizio continuato”
L’esperienza quotidiana insegna che si intraprendono nuove iniziative appassionati e con buona volontà ma poi, con il tempo, l’entusiasmo decade, si passa alla routine e infine, a volte, si abbandona. E’ questo un rischio che corre anche il volontario, soprattutto di fronte alle prime difficoltà ed incomprensioni incontrate magari nel gruppo.
Partendo dal presupposto che in ogni gruppo difficoltà ed incomprensioni sono naturali, è importante ricordare che il servizio di Volontariato non è rivolto ad una istituzione ma sempre ad una persona che a volte attende con impazienza la visita del volontario. Di conseguenza, oltre che verificare come si vive la virtù della costanza, è importante considerare il servizio assunto come ineludibile nell’ambito degli impegni liberamente assunti.
Il volontario svolge un “servizio socio-politico”
Affermare che il volontario svolge un servizio socio-politico significa accettare il passaggio da un Volontariato semplicemente di servizio alla capacità di lettura della situazione politica, economica e sociale, scoprendone i meccanismi e cogliendo le complesse cause del disagio.
E’ la responsabilità comune di fronte alle varie sofferenze e la capacità di individuare, insieme (volontari e istituzioni), le strategie e le alleanze per anticipare risposte ai bisogni emergenti, integrare i servizi e tutelare i diritti dei cittadini fragili. Dunque, il cittadino volontario facendosi carico di un bisogno sociale, svolge un’ azione politica!
In questa prospettiva un contributo particolare è offerto da chi si impegna nella conoscenza e nell’approfondimento della materia legislativa specifica che permette di trasformarsi in interlocutori rispettati dalle pubbliche istituzioni. E’ questo un compito da assolvere mediante il confronto, il dialogo e anche la “forte pazienza”, avendo le istituzioni tempi loro propri. E’ senz’altro un servizio meno gratificante di quello operativo, ma unicamente così sarà possibile superare quella colpevole passività che deriva dalla convinzione che “la politica” la fanno sempre gli altri.
CONCLUSIONE
La nostra società, pur vivendo una grave crisi economica e un drammatico periodo di transizione culturale, socio-politica sia individuale che famigliare, attende un volontariato nuovo e impegnato che sia voce dei deboli, speranza dei disperati, coraggio dei paurosi ma soprattutto sappia rispondere al bisogno maggiore che oggi l’uomo ha: la sicurezza di essere amato.
Don Gian Maria Comolli