La proposta sarà discussa in Parlamento. Cittadini, medici e vescovi chiedono che l’aborto «non diventi un diritto»: «Preoccupiamoci di ridurre piuttosto i problemi per le donne». A rischio l’obiezione di coscienza.
La commissione Giustizia della Camera in Belgio discuterà in questi giorni se approvare la proposta di cancellare dal codice penale il reato di aborto. Se come sembra arriverà il via libera, la proposta verrà poi votata in Parlamento, dove si sarebbe già costituita una maggioranza trasversale in grado di approvare la norma.
LA LEGGE. Nonostante l’interruzione volontaria di gravidanza sia stata parzialmente depenalizzata nel 1990, resta tuttavia un reato penale “contro l’ordine delle famiglie e della moralità pubblica” perseguibile quando si pratichi al di fuori dei parametri prescritti dalla legge Lallemand-Michielsen. L’aborto è attualmente legale se fatto entro le prime 12 settimane di gravidanza, qualora un medico certifichi che essa «causa sofferenza» alla donna.
DIVENTERÀ UN DIRITTO. Se venisse depenalizzata completamente, pur restando le restrizioni previste dalla legge, dal punto di vista simbolico l’interruzione di gravidanza diventerebbe un diritto e sarebbe considerata alla stregua di un atto medico come gli altri. Secondo un sondaggio realizzato ad aprile dal Centro di azione laica, il 75% dei belgi è favorevole alla depenalizzazione dell’aborto. In due anni sono già state presentate in Parlamento sei proposte di legge in questo senso, senza però essere mai discusse.
«IL VERO PROBLEMA». In una lettera inviata alla Camera, e pubblicata dal quotidiano La Libre, migliaia di belgi hanno chiesto al Parlamento di non procedere alla depenalizzazione: «Pensiamo che il dibattito verta sul problema sbagliato. L’unica vera domanda infatti non è se eliminare il reato d’aborto dal codice penale, ma come far diminuire il numero di donne e ragazze in quella situazione di difficoltà» che porta poi alla decisione di abortire. In Belgio, dove la popolazione conta 11 milioni di persone, continua l’appello, si verificano circa 30 mila aborti ogni anno e nel periodo 2004-2011 gli interventi sono aumentati del 22,18%.
RIDURRE GLI ABORTI. L’obiettivo dovrebbe essere «ridurre gli aborti. Le libertà individuali vanno di pari passo con le responsabilità e i doveri verso gli altri e le generazioni future. Il Parlamento si impegni, quindi, a prendere le misure necessarie per ridurre drasticamente il numero di donne in difficoltà».
OBIEZIONE DI COSCIENZA. All’appello si è aggiunta una petizione di “SoignantSOSverzorger”, nutrito gruppo di «medici e cittadini di ogni orientamento filosofico» che teme che la depenalizzazione completa dell’aborto porti alla «cancellazione dell’obiezione di coscienza, che già oggi non è vista di buon occhio» e che non avrebbe più ragion d’essere se si considera l’interruzione di gravidanza «un diritto e un normale intervento medico, che non richiede una decisione della coscienza». Ecco perché la petizione chiede «che venga protetta la libertà di coscienza» dei professionisti.
L’APPELLO DELLA CHIESA. Contro l’iniziativa si è schierata anche la Chiesa cattolica del Belgio, come riportato da La Croix, che il 15 giugno ha pubblicato un documento per «opporsi a una decisione simbolicamente pesante. In una democrazia il codice penale garantisce la protezione della dignità umana e dell’integrità fisica di ogni persona. Possiamo dimenticare questa protezione quando si tratta di una vita umana prima della nascita? La depenalizzazione totale cambierebbe in modo fondamentale lo sguardo sull’interruzione di gravidanza, facendone un atto medico non problematico e un diritto».
«L’ABORTO È SEMPRE UN FALLIMENTO». Invece, insistono i vescovi, «l’aborto non diventerà mai un intervento ordinario, anche se lo si elimina dal codice penale. Non verrà mai praticato gioiosamente e sarà sempre un fallimento. Se diventerà un diritto, sarà chi pone domande sulla pratica o la metterà in discussione a doversi giustificare». La nostra società, continua il primo firmatario, il cardinale Jozef De Kesel, «fa sempre più fatica ad accettare tutto ciò che perturba il nostro modo di vivere».
Tempi.it, 4 luglio 2018