Il nuovo rapporto Eurostat sulla demografia nell’Ue segnala un aumento complessivo degli abitanti, che superano quota 512 milioni. Ma il saldo positivo si deve solo alle migrazioni, mentre i decessi superano le nascite. In un anno 90mila neonati in meno. L’Irlanda è il Paese con la maggior percentuale di bebè, l’Italia – assieme ai Paesi del sud – è in fondo alla classifica.
La popolazione europea cresce, anche se i decessi superano le culle; il saldo migratorio evita un eccessivo invecchiamento dell’Ue. E si conferma lo stallo delle nascite, con l’Italia fanalino di coda. Eurostat, l’istituto statistico della Commissione europea, presenta i dati demografici dei 28 Paesi aderenti all’Unione al 1° gennaio 2018, confermando alcune tendenze note e mettendone in mostra altre non sempre considerate a dovere. Fra queste, una Europa divisa nettamente in due proprio in relazione alla natalità: le nazioni del nord mostrano saldi positivi, spesso in crescita; i Paesi mediterranei sono tutti in crisi-bebè.
Più morti che nati. I numeri parlano da sé. “Al primo gennaio 2018 la popolazione dell’Unione europea era stimata a 512,6 milioni di residenti, contro i 511,5 dell’anno precedente”, si legge nel rapporto Eurostat diffuso a Bruxelles. “Nel corso del 2017 sono stati registrati più decessi rispetto alle nascite”: 5,3 milioni i morti, 5,1 i neonati. “Ciò significa che la variazione naturale della popolazione Ue è negativa. La variazione demografica con saldo positivo (+1,1 milione di abitanti supplementari) è quindi dovuta al saldo migratorio”. Al di là di ogni polemica attorno alle migrazioni, si tratta di un dato da non trascurare.
Chi sale e chi scende. Il Paese più popoloso rimane, ovviamente, la Germania, con i suoi 82,9 milioni di abitanti (oltre il 16% del totale della popolazione Ue), seguita da Francia (67,2), Regno Unito (66,2), Italia (60,5), Spagna (46,7), Polonia (38,0). Malta, Lussemburgo e Cipro – con meno di un milione di abitanti – sono gli Stati demograficamente più piccoli. Malta, però, registra una “strana” crescita della popolazione: +32,9 per mille abitanti nel corso del 2017 (si è avuta di recente una feroce polemica sulla concessione della cittadinanza nell’isola). Crescono anche Lussemburgo, Svezia, Irlanda. All’opposto perdono popolazione Paesi con poche nascite e soprattutto con saldo migratorio nullo o negativo (con giovani e lavoratori che fanno le valigie diretti in altri Stati Ue): si tratta in particolare di Lituania (-13,8 per mille abitanti), Croazia, Lettonia, Bulgaria, Romania. Saldo negativo anche per Italia (-1,7 per mille, passando da 60 milioni 589mila abitanti a 60 milioni 484mila), Grecia, Lettonia, Ungheria e Portogallo.
Irlanda felix. Ma è sul tasso di natalità che i dati diventano impressionanti: Eurostat conferma in questo caso tendenze risapute Stato per Stato, eppure il confronto su scala europea rende i numeri ancora più significativi. “Nel corso del 2017 sono state registrate 5,1 milioni di nascite nell’Unione europea, ovvero 90mila in meno dell’anno precedente”. Tra gli Stati membri i tassi di natalità più elevati si sono verificati – si legge ancora nel rapporto statistico – in Irlanda (12,9 per mille residenti). L’isola verde è seguita a breve distanza da Svezia, Regno Unito, Francia, Danimarca, Lussemburgo. “I tassi di natalità più bassi si sono invece verificati nei Paesi dell’Europa meridionale: Italia (7,6 nascite per mille abitanti), Grecia, Portogallo, Spagna, Croazia”. Una nuova “cortina di ferro” – non più tra est e ovest, ma tra nord e sud – divide in due il continente.
Gianni Borsa
SIR, 11 luglio 2018