Facebook procede nel processo di autoregolamentazione finalizzato a migliorare i contenuti e a rendere più affidabili le informazioni che viaggiano sulla sua piattaforma. Ma per verificare l’affidabilità di un sito, lascia il giudizio a un sondaggio fra utenti presi a campione. Un metodo arbitrario che lascerà ampio spazio alle ideologie.
Mentre a livello europeo si discute in modo anche molto aspro della nuova direttiva di riforma del copyright, Facebook va avanti nel processo di autoregolamentazione finalizzato a migliorare i contenuti e a rendere più affidabili le informazioni che viaggiano sulla sua piattaforma. Da ormai un anno il traffico su quel social è in discesa, le nuove generazioni paiono orientate a navigare altrove e così il colosso della Rete fondato da Mark Zuckerberg sembra voler correre ai ripari. Dopo aver attrezzato in alcuni Stati una task force composta anche da giornalisti per provare a smascherare le bufale più marchiane, coinvolgendo gli utenti e stimolando la loro capacità di selezionare e segnalare informazioni palesemente inattendibili, ora Facebook chiede ai suoi utenti, non a tutti, di pronunciarsi sull’affidabilità delle informazioni nelle quali si imbattono.
L’esperimento era partito a gennaio negli Usa e ora viene esteso in modo massiccio tra gli account non solo italiani, ma anche indiani, inglesi, tedeschi, francesi e spagnoli. Facebook monitorerà i giudizi di alcuni suoi utenti, selezionati in base a criteri ancora nebulosi per la verità, al fine di dare priorità alle notizie più affidabili e marginalizzando le bufale.
Si tratta di un tentativo di “ripulitura” della Rete da contenuti indigeribili e fuorvianti, che finiscono per disinformare e disorientare l’opinione pubblica, ma è assai probabile che il sistema dovrà essere ulteriormente affinato e ricalibrato in funzione di quanto emergerà nei prossimi mesi. “Conosci questo sito?”, “Quanto lo ritieni affidabile?”. Queste due domande verranno poste da Facebook a un campione rappresentativo e diversificato di utenti, che dunque esprimeranno un parere su siti on line e contenuti informativi, determinando con i loro giudizi quanta visibilità avrà una notizia e quanto traffico da Facebook riceverà il sito che la gestisce. Risponderanno con un punteggio da 1 a 5 e, in base al punteggio assegnato dagli utenti, la notizia potrà comparire più in alto o più in basso nella bacheca. L’agenda delle notizie verrà fatta, quindi, sia pure entro certi limiti, dagli iscritti a quel social network (le fonti indicate come affidabili verranno visualizzate per prime), con tutte le incognite del caso, perché è evidente l’aleatorietà e la potenziale faziosità di tale criterio.
Questo sondaggio, infatti, dovrebbe portare, nelle intenzioni di Facebook, a valorizzare le fonti attendibili e certificate, dal momento che, come detto, saranno gli stessi utenti del social a pronunciarsi sul grado di affidabilità dei contenuti che leggono. Facebook darà la priorità alle pagine di notizie giudicate “affidabili” nella sezione Notizie (“News Feed”), l’home page del social network. Ovviamente anche l’algoritmo di Facebook, che conteggia like e condivisioni, inciderà sulla classifica delle notizie, così come accade da sempre.
L’aspetto positivo è che in questa selezione potrebbero essere privilegiati e valorizzati i siti più obiettivi e meno schierati, che dunque cercano di raccontare verità in modo equilibrato e così facendo vengono percepiti come più veritieri e onesti intellettualmente. Ma questa iniziativa di Facebook alimenta anche dubbi. Come verrà selezionato il campione di utenti da sondare? Chi verrà interpellato per esprimere un parere sull’affidabilità dei siti non potrebbe accordarsi con altri per “votare” per un sito piuttosto che per un altro, influenzando la graduatoria, non in base a parametri di affidabilità bensì a criteri di convenienza? Inoltre, c’è tutto il filone delle notizie spinte nei circuiti mediatici on line dalle potenti lobby che su temi sensibili ed etici veicolano visioni della vita alquanto discutibili. Che ne sarebbe di quel filone? Dove finirebbe nel mix insondabile tra imprevedibili verdetti degli utenti e imperscrutabile algoritmo?
E poi, sullo sfondo, rimane la questione dell’identità giuridica di Facebook. Al pari degli altri colossi della Rete, continua a rivendicare un principio di irresponsabilità per i contenuti che ospita sulla sua piattaforma, ma andando avanti di questo passo, pur coinvolgendo gli utenti e non intervenendo in maniera diretta, finisce per compiere di fatto scelte molto simili a quelle editoriali, e quindi a configurarsi come “publisher”.
Le legislazioni nazionali e internazionali e le più importanti sentenze dei tribunali di tutto il mondo continuano ad esonerare gli Over the top dagli obblighi tipici delle media company, ma appare evidente che moltissime forme di autoregolamentazione adottate negli ultimi mesi da Facebook finiscono per integrare per quel colosso anche i lineamenti di un ruolo puramente editoriale.
Quelli posti in essere da Facebook e dagli altri social network restano dei tentativi discutibili, anche se confermano la volontà dei gestori delle piattaforme di porsi anche il problema della qualità dei contenuti veicolati. La questione delle fake news va affrontata con sano discernimento, senza ossessioni di natura ideologica, mettendo attorno a un tavolo di consultazione permanente i produttori dei contenuti informativi (giornalisti, editori tradizionali) e delle altre opere creative, ma anche le altre componenti della filiera di produzione e distribuzione dei contenuti come i pubblicitari, i motori di ricerca, i gestori della piattaforme web e social. Solo così, a partire da un confronto serrato e continuativo, sarà possibile elaborare le soluzioni migliori per una crescita equilibrata dell’ambiente virtuale, nel segno di una libertà matura e responsabile.
Ruben Razzante
La Nuova Bussola Quotidiano, 5 luglio 2018